Assenteismo e false timbrature: cosa rischia il dipendente?

(foto Shutterstock)

È consentito il licenziamento per giusta causa del dipendente che attesta falsamente la propria presenza in ufficio, anche se la condotta viene accertata dalle agenzie investigative

IL FATTO

Un datore di lavoro, tramite investigatori privati, ha accertato ripetuti casi di assenteismo sul lavoro da parte di un dipendente.
Il lavoratore, in particolare, dopo aver dichiarato falsamente la propria presenza in ufficio, si dedicava allo svolgimento di attività extralavorative e personali.
A seguito di questo accertamento, il datore di lavoro ha provveduto al licenziamento per giusta causa del lavoratore.
In caso di assenteismo sul lavoro, attraverso la falsa attestazione della presenza in servizio, cosa rischia il dipendente? E questo comportamento può essere verificato con l’impiego di agenzie investigative?

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI PADOVA

Il Tribunale di Padova, pronunciandosi sulla questione, ha ammesso l’utilizzo di un’agenzia investigativa, da parte del datore di lavoro, per accertare la falsa attestazione in servizio del dipendente.
In questa circostanza, inoltre, il giudice ha specificato che l’attività svolta dagli investigatori rientra nella categoria dei controlli difensivi.

I controlli difensivi sono quelli diretti ad accertare i comportamenti illeciti del dipendente, tra cui quelli penalmente rilevanti.
Generalmente questi accertamenti vengono realizzati mediante l’installazione di impianti di videosorveglianza o di altri strumenti che possono comportare anche il controllo a distanza dei lavoratori.
Tuttavia la giurisprudenza ha in più occasioni affermato che tale finalità può essere raggiunta anche attraverso investigatori privati.
Questi controlli sono consentiti solo ed esclusivamente per l’accertamento di fatti illeciti da parte del lavoratore.
I controlli sul lavoratore, infatti, sono vietati se diretti a verificare il regolare svolgimento delle mansioni e il corretto adempimento degli obblighi previsti dal contratto di lavoro.

In questo caso si può parlare di controllo difensivo perché è stato accertato il compimento di una condotta illecita da parte del dipendente.
In particolare il lavoratore, tralasciando la timbratura del badge, o inserendo a mano orari di ingresso e di uscita diversi da quelli reali, ha attestato falsamente la propria presenza in ufficio, dedicandosi allo svolgimento di attività extralavorative (come la frequentazione di bar e ristoranti).
Un comportamento di questo tipo, peraltro, costituisce anche un fatto penalmente rilevante, cioè il reato di truffa, perché il dipendente, attraverso le false attestazioni, ha svolto un orario lavorativo ridotto, percependo comunque l’intera retribuzione.

Il Tribunale, in definitiva, ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa, dato che il dipendente ha commesso un fatto grave al punto tale da incidere, in modo definitivo, sul rapporto di fiducia con l’azienda (Ordinanza n. 1774 del 2 ottobre 2019).

 

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