I parametri per determinare il giusto compenso
Lo scopo principale del patto di non concorrenza è quello di tutelare l’attività lavorativa del datore di lavoro. Questo può avvenire solo impedendo la trasmissione all’esterno di notizie e procedure operative collegate all’organizzazione e alla produzione dell’impresa.
Perché il lavoratore abbia interesse a firmare un accordo di questo tipo, che lo limita nella scelta di una nuova occupazione futura, deve essere incentivato attraverso un compenso economico adeguato al sacrificio imposto. Infatti, una volta cessato il rapporto, non può andare a lavorare dove e con chi vuole, ma deve rispettare impegni e limiti concordati.
Per questi motivi il patto di non concorrenza deve considerare un adeguato compenso economico per il lavoratore. Il compenso, per essere congruo, deve essere proporzionato:
Non è possibile, dunque, stabilire un criterio sempre valido per determinare la congruità del corrispettivo.
Il giudizio di congruità normalmente si esprime in termini percentuali rispetto alla retribuzione: il corrispettivo è congruo quando il lavoratore, per il suo sacrificio, riceve un compenso pari a una certa percentuale della retribuzione che avrebbe percepito se avesse continuato a lavorare.
La percentuale quindi sarà diversa a seconda dell’estensione del divieto.
Se il corrispettivo non è congruo, il patto non è valido e quindi non è vincolante per il lavoratore. In questo caso il lavoratore deve restituire le somme eventualmente percepite, salvo non provi che le somme sono state erogate per ragioni diverse da quelle del patto.
Nella normalità dei casi l’importo del compenso va indicato nel patto fin da subito e le aziende possono pagare il corrispettivo secondo diverse modalità:
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