Il trasferimento del lavoratore

(foto Shutterstock)

Cosa, dove e quando

COS’È E CHI LO PUÒ PROPORRE?

Il trasferimento è la mutazione definitiva del luogo di lavoro di un dipendente rispetto all’originaria assegnazione (trasferimento individuale).
Questo evento può avvenire a seguito di un’esigenza del datore di lavoro e può riguardare anche più lavoratori (trasferimento collettivo).
Talvolta può avvenire a seguito di una richiesta del lavoratore: in questo caso il datore di lavoro non può rifiutarsi di prendere in considerazione la domanda, che dovrà essere valutata secondo correttezza e buona fede.

IL DATORE PUÒ ARBITRARIAMENTE DISPORRE IL TRASFERIMENTO?

Il datore di lavoro ha, in generale, un ampio potere di disporre della prestazione del lavoratore ma deve giustificare le sue scelte.
Il trasferimento di un dipendente deve essere legato a esigenze tecniche, organizzative e produttive dell’azienda. La scelta, quindi, del datore di lavoro di trasferire un dipendente dovrà essere necessariamente collegata a bisogni aziendali o a specifiche previsioni dei contratti collettivi.

IL DATORE PUÒ RICORRERE AL TRASFERIMENTO COME PROVVEDIMENTO DISCIPLINARE?

Il provvedimento disciplinare che termina con il trasferimento del lavoratore nasce sempre dalla cosiddetta incompatibilità ambientale tra lavoratore e luogo di lavoro. I contratti collettivi possono prevedere il trasferimento disciplinare.
Quando il trasferimento disciplinare avviene senza espressa previsione dei contratti collettivi, deve essere sorretto da un fine cautelare, e non punitivo. Lo scopo di tale trasferimento deve essere quello di migliorare, a livello organizzativo e funzionale, l’unità produttiva.
In ogni caso il trasferimento non dovrà mai compromettere la professionalità del lavoratore.

IL TRASFERIMENTO DEVE NECESSARIAMENTE ESSERE COMUNICATO PER ISCRITTO?

No. Ma è sempre necessario comunicarlo, anche solo in forma orale. È comunque buona prassi comunicare per iscritto al lavoratore dove verrà trasferito e da quando avrà luogo il trasferimento.
La comunicazione scritta (lettera di trasferimento) ha inoltre lo scopo di dare data certa del giorno in cui tale notizia viene comunicata al lavoratore.

IL LAVORATORE PUÒ RIFIUTARE IL TRASFERIMENTO?

Si, ma il motivo deve essere valido.
Affinché il rifiuto sia valido il trasferimento deve essere illegittimo: deve, cioè, non essere conforme a quanto previsto dal contratto collettivo.
Inoltre, può essere illegittimo anche quando le ragioni che hanno portato al trasferimento sono in realtà diverse da quelle produttive, organizzative e tecniche.
Se il rifiuto è legittimo, dovrà essere comunicato al datore di lavoro entro 60 giorni dal ricevimento della lettera di trasferimento.
Se il rifiuto non è legittimo, il comportamento del lavoratore potrà essere sanzionato dal datore perché equiparato ad insubordinazione.

SPETTANO DELLE SOMME PER IL DISTURBO DI TRASFERIRSI?

Spesso i contratti collettivi prevedono delle specifiche indennità che hanno lo scopo di compensare le spese che nascono dallo spostamento della residenza o domicilio del lavoratore in un’altra località.

 

 

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