Lo smart working nella pubblica amministrazione

Lo smart working nella pubblica amministrazione
(foto Shutterstock)

Le regole di applicazione del lavoro da remoto nella pubblica amministrazione durante l’emergenza Covid e in seguito

Le prime forme di promozione della conciliazione dei tempi di vita lavoro nella pubblica amministrazione sono state introdotte con la riforma Madia (legge 7 agosto 2015, n. 124). Solo due anni dopo – con l’introduzione della legge n. 81 del 2017 – tali forme, tramite la sperimentazione di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione, diverse dal telelavoro, hanno assunto il nome di lavoro agile o smart working.

La stessa legge istitutiva dello smart working aveva previsto che tutte le disposizioni in essa contenute venissero applicate, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

Lo smart working nella pubblica amministrazione durante l’emergenza Covid-19

Con l’avvento dell’emergenza epidemiologica di Covid-19, il lavoro agile è diventato progressivamente anche per le pubbliche amministrazioni una modalità ordinaria di lavoro nelle varie fasi dell’emergenza.

Con la proroga dello stato di emergenza al 31 gennaio 2021, il dpcm del 13 ottobre 2020 ha ribadito che le amministrazioni pubbliche dovranno applicare lo smart working al 50% del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità. A condizione comunque che l’erogazione dei servizi rivolti a cittadini e imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza, nonché nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente. Si rimanda poi alla possibilità da parte del ministro competente, in questo caso quello della pubblica amministrazione, di stabilire modalità organizzative, criteri e principi in materia di lavoro agile, anche prevedendo il conseguimento di precisi obiettivi quantitativi e qualitativi.

A questo proposito, in data 19 ottobre 2020, l’onorevole Fabiana Dadone ha emanato uno specifico decreto con il quale vengono forniti alcuni importanti chiarimenti, primo tra tutti quello relativo alla percentuale del personale coinvolto dal lavoro agile che è stato confermato dover essere almeno del 50% tra coloro la cui attività può essere svolte secondo tale modalità, sebbene con l’invito a puntare verso percentuali più elevate possibile. Le disposizioni del decreto in parola si applicano fino al 31 dicembre 2020.

Le modalità di organizzazione del lavoro agile nella pubblica amministrazione

Circa le modalità di organizzazione del lavoro agile nella PA, si evidenziano i seguenti punti chiave: 

  • il lavoro agile può avere ad oggetto sia le attività ordinariamente svolte in presenza dal dipendente, sia attività progettuali specificamente individuate, tenuto conto della possibilità del loro svolgimento da remoto, anche in relazione alla strumentazione necessaria. 
  • Nei confronti dei lavoratori fragili e dei genitori con figli minori di 14 anni sottoposti a quarantena, si dovrà tenere conto di ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, e lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale.
  • Si favorisce la rotazione del personale, tesa ad assicurare, nell’arco temporale settimanale o plurisettimanale, un’equilibrata alternanza nello svolgimento dell’attività in modalità agile e di quella in presenza, tenendo comunque conto delle prescrizioni sanitarie vigenti.
  • Nella rotazione si deve tenere conto, dove i profili organizzativi lo consentano, delle eventuali disponibilità manifestate dai dipendenti per l’accesso alla modalità di lavoro agile, secondo criteri di priorità che considerino le condizioni di salute del dipendente e dei componenti del nucleo familiare di questi, della presenza nel medesimo nucleo di figli minori di quattordici anni, della distanza tra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro, nonché del numero e della tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e dei relativi tempi di percorrenza.
  • Le riunioni si svolgono in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni.

Infine, fino al 31 dicembre 2020 anche le amministrazioni pubbliche potranno fare ricorso all’attivazione dello smart working in modalità “semplificata”, senza quindi necessità dell’accordo individuale con il lavoratore.

Cosa succede al termine del periodo di emergenza?

Il dl 34 del 19 maggio 2020 prevede quanto segue (con una modifica all’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124):

  • entro il 31 gennaio di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche redigeranno, sentite le organizzazioni sindacali, un Piano Organizzativo del Lavoro Agile (POLA). Il piano individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, che almeno il 60% dei dipendenti possa avvalersene, garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di  carriera.
  • Il POLA definirà inoltre le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti. Anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative. 
  • In caso di mancata adozione del POLA, il lavoro agile si applicherà almeno al 30% dei dipendenti, ove lo richiedano.  

Se, quindi, fino al 31 dicembre lo smart working nella pubblica amministrazione, dovrà coinvolgere almeno il 50% dei dipendenti che svolgono delle attività eseguibili da remoto, dal primo gennaio 2021, con il POLA, questa percentuale salirà al 60%.

 

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