“Mi piace” a un commento scomodo: licenziamento illegittimo

Like ad un commento scomodo: licenziato e reintegrato
(foto Shuuterstock)

Provvedimento severo nei confronti di una lavoratrice che aveva apprezzato un commento di protesta

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è pronunciata sul caso di una lavoratrice turca licenziata per aver messo un «like» a un commento critico nei confronti del governo turco.

La Corte Europea ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento: l’art. 10 della CEDU non consente alcuna limitazione alla libertà di pensiero, nemmeno sul luogo di lavoro. 

Il caso: licenziata per un like su Facebook

Una lavoratrice del ministero dell’istruzione pubblica turca mette un «mi piace» a un commento su Facebook. Il commento in questione consiste in una critica alle politiche adottate dal governo turco e in un invito a reagire davanti alle condotte repressive nei confronti delle proteste degli studenti. 

Il Ministero del Lavoro reagisce in modo molto severo: la lavoratrice è licenziata con la seguente motivazione «per aver disturbato la pace, la tranquillità e l’ordine del posto di lavoro per scopi ideologici e politici».

La decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

La dipendente impugna il licenziamento e tutti i gradi di giudizio svolti in Turchia danno ragione al Ministero: il licenziamento è legittimo.

La lavoratrice impugna così le decisioni avanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, comunemente chiamata Corte di Strasburgo. Si tratta di un tribunale speciale, con il compito di giudicare sul rispetto, da parte degli Stati aderenti, della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo.

No al licenziamento per un semplice like

La Corte di Strasburgo ribalta le sentenze dei giudici turchi: il licenziamento è illegittimo, immotivato e sproporzionato.

La motivazione della sentenza considera sia i principi generali della CEDU sia la concreta operatività della diffusione dei contenuti sui social.

  1. Innanzitutto, l’art. 10 della CEDU, posto a presidio della libertà di espressione, sancisce che «ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera». Il licenziamento, dunque, applica delle norme in contrasto con tale principio poiché si tratta di uningerenza e di un condizionamento della libertà di pensiero da parte della pubblica autorità.
  2. Il licenziamento è inoltre immotivato: nel caso in questione, si è trattato di un semplice like a un commento e dunque la lavoratrice si è limitata a esprimere apprezzamento e sostegno a un post altrui, peraltro con pochi «mi piace» e altrettanti pochi commenti. Sulla base di tali rilievi, la Corte ha ritenuto immotivato e non dimostrato il presupposto alla base del licenziamento, ossia il disturbo alla pace e alla tranquillità del posto di lavoro.
  3. Infine, si tratta di una misura sproporzionata rispetto al fatto concretamente successo e alla carriera lavorativa della dipendente.

Cosa si ottiene con il ricorso alla Corte di Strasburgo?

La Corte di Strasburgo non ha il potere di annullare le sentenze dei giudici nazionali, ma si limita ad accertare la violazione, da parte dello stato aderente, alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

In questo caso significa che la lavoratrice non può ottenere la reintegrazione sul posto di lavoro ma ha diritto al risarcimento del danno subito per la violazione della CEDU da parte della Turchia.

 

 

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