La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è pronunciata sul caso di una lavoratrice turca licenziata per aver messo un «like» a un commento critico nei confronti del governo turco.
La Corte Europea ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento: l’art. 10 della CEDU non consente alcuna limitazione alla libertà di pensiero, nemmeno sul luogo di lavoro.
Una lavoratrice del ministero dell’istruzione pubblica turca mette un «mi piace» a un commento su Facebook. Il commento in questione consiste in una critica alle politiche adottate dal governo turco e in un invito a reagire davanti alle condotte repressive nei confronti delle proteste degli studenti.
Il Ministero del Lavoro reagisce in modo molto severo: la lavoratrice è licenziata con la seguente motivazione «per aver disturbato la pace, la tranquillità e l’ordine del posto di lavoro per scopi ideologici e politici».
La dipendente impugna il licenziamento e tutti i gradi di giudizio svolti in Turchia danno ragione al Ministero: il licenziamento è legittimo.
La lavoratrice impugna così le decisioni avanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, comunemente chiamata Corte di Strasburgo. Si tratta di un tribunale speciale, con il compito di giudicare sul rispetto, da parte degli Stati aderenti, della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo.
La Corte di Strasburgo ribalta le sentenze dei giudici turchi: il licenziamento è illegittimo, immotivato e sproporzionato.
La motivazione della sentenza considera sia i principi generali della CEDU sia la concreta operatività della diffusione dei contenuti sui social.
La Corte di Strasburgo non ha il potere di annullare le sentenze dei giudici nazionali, ma si limita ad accertare la violazione, da parte dello stato aderente, alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
In questo caso significa che la lavoratrice non può ottenere la reintegrazione sul posto di lavoro ma ha diritto al risarcimento del danno subito per la violazione della CEDU da parte della Turchia.
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