Vaccino anti Covid-19, cosa può fare l’azienda?

Vaccino anti Covid-19, cosa può fare l’azienda
(foto Shutterstock)

Quando sarà disponibile il vaccino il datore di lavoro potrà obbligare il lavoratore a farlo? Quali vantaggi ci sono per il datore nell’offrirlo ai propri dipendenti e quali le modalità?

Il Governo sta iniziando a programmare le priorità di vaccinazione anti Covid-19 per il 2021. Ha preannunciato che il vaccino verrà dapprima fornito al personale sanitario e alle forze dell’ordine, poi alle fasce più deboli della popolazione per arrivare a una vaccinazione sempre più estesa.

Le aziende posso obbligare il lavoratore a vaccinarsi?

Normalmente no, non si può obbligare un lavoratore a vaccinarsi.  Al momento è al vaglio anche la decisione del Governo di rendere obbligatorio il vaccino Covid-19 per tutta la popolazione. Quindi, eventualmente, rimarrà statale anche la responsabilità di stabilire l’obbligatorietà a sottoporsi al vaccino. Infatti, se il vaccino dovesse, per legge, diventare obbligatorio il datore avrebbe la responsabilità di adeguarsi alle disposizioni del Governo e ammettere a lavoro solo chi si è vaccinato.

È da ricordare che il datore di lavoro, secondo l’art. 2087 del Codice civile, «è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». Quindi qualora il datore di lavoro offrisse un servizio di vaccinazione o mettesse a disposizione dei lavoratori convenzioni o rimborsi del vaccino Covid-19, tali iniziative potranno rientrare tra le misure, seppur non obbligatorie, atte a salvaguardare la tutela della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.

Che vantaggi ci sono nell’offrire ai dipendenti il vaccino Covid-19?

I vantaggi che il datore di lavoro può trarre nell’offrire ai dipendenti il vaccino sono: l’assicurare un maggior livello di sicurezza e salute in azienda e fornire un servizio rientrante nel welfare aziendale.

Offrendo il vaccino o mettendo a disposizione dei lavoratori convenzioni sanitarie e rimborsi, il datore offre un beneficio economico al dipendente consistente nel valore del vaccino.
Se il vaccino infatti fosse offerto alla generalità o ad alcune categorie di dipendenti dall’azienda (anche con riferimento ai loro familiari), trattandosi di spese sanitarie, il valore del medicinale percepito in natura dal lavoratore rappresenterebbe per lo stesso un guadagno netto, in quanto
non sarebbe tassato per il lavoratore. Anche l’azienda godrebbe del vantaggio economico di dover sostenere esclusivamente il costo del medicinale senza doverci pagare tasse e contributi.

La somministrazione del vaccino potrà avvenire:

  • tramite il medico competente aziendale;
  • tramite convenzioni stipulate con strutture sanitarie esterne. Il lavoratore, in questo caso, dovrà rimanere estraneo dal rapporto azienda-struttura sanitaria ai fini della non imponibilità del valore del vaccino, per cui non sarà richiesta la sua partecipazione alla spesa. In pratica l’azienda, ai fini della non imponibilità dovrà sostenere i costi. 

L’azienda come può rimborsare il costo dei vaccini?

L’azienda può decidere di rimborsare il costo sostenuto dal dipendente per la vaccinazione lasciando l’organizzazione della stessa ai lavoratori.

La vaccinazione si può agevolare in due modi:

  • erogando in busta paga il costo del vaccino sostenuto dal dipendente. In questo modo il datore di lavoro, in quanto sostituto d’imposta, dovrà operare la ritenuta a titolo d’acconto dell’imposta con obbligo di rivalsa e, in sede di conguaglio o di fine rapporto, dovrà corrispondere la detrazione dovuta per le spese sanitarie (19%). In questo caso, di contro, il lavoratore dovrà tenere conto della sua personale franchigia rispetto alle spese mediche sostenute nell’anno al fine di poter beneficiare della detrazione;
  • erogando dei voucher alla generalità e totalità dei dipendenti da utilizzare presso le strutture sanitarie. Con tale opzione l’azienda potrebbe far rientrare questo valore nella soglia di franchigia (che per il 2020 è stata portata a 516,46 euro) rispetto alle erogazioni liberali erogate annualmente entro i 258,23 euro.

 

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