Il dipendente offende l’azienda su Facebook? consentito il licenziamento

(foto NiP STUDIO/Shutterstock)

Offendere l’azienda, con l’utilizzo dei social network, può integrare il reato di diffamazione, che legittima il licenziamento per giusta causa

IL FATTO

Una dipendente, dopo aver pubblicato su Facebook un post offensivo nei confronti del proprio datore di lavoro, è stata licenziata per giusta causa.
La lavoratrice si è rivolta al giudice, ritenendo il licenziamento illegittimo e motivando la pubblicazione del post a causa del forte stress che stava vivendo.
Inoltre, la dipendente si è giustificata sostenendo di non aver espressamente indicato il nominativo del proprio datore di lavoro.
È consentito il licenziamento per giusta causa del lavoratore che offende l’azienda tramite Facebook?

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Corte di Cassazione, intervenendo sulla questione, ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa della lavoratrice (Sentenza 10280 del 2018).
I giudici hanno ribadito che, ai fini della giusta causa, è necessario un comportamento così grave da non consentire, nemmeno in modo provvisorio, la prosecuzione del rapporto.

Dopo aver fatto questa precisazione, i giudici hanno sostenuto che la pubblicazione di un post offensivo sui social network può determinare giusta causa di licenziamento.
Questo comportamento, in particolare, è anche dotato di rilevanza penale, perché integra il reato di diffamazione, che consiste nell’offesa della reputazione altrui, attraverso la comunicazione con più persone.

La diffamazione, infatti, può essere realizzata attraverso Facebook, in quanto strumento potenzialmente illimitato, cioè una piattaforma che consente il raggiungimento di un numero indeterminato di destinatari.
La Cassazione ha anche aggiunto che la mancata indicazione del nominativo del datore di lavoro, nel commento postato dalla dipendente, non necessariamente impedisce il compimento del reato.
In questo caso, infatti, il tenore del post è stato considerato tale da permettere facilmente di identificare il destinatario dell’offesa.

I giudici hanno già avuto modo di pronunciarsi, in passato, sulla questione delle critiche dei lavoratori attraverso Facebook.
In un’altra occasione, in particolare, la Cassazione aveva ritenuto illegittimo il licenziamento del dipendente perché il contenuto del commento postato non era diffamatorio (Sentenza 13799 del 2017).
Di conseguenza, il messaggio che non lede l’immagine e il nome dell’azienda non può essere considerato diffamatorio e non può, pertanto, determinare giusta causa di licenziamento.

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