Un lavoratore è stato arrestato in flagranza e poi processato per essere stato trovato, al di fuori di orario e luogo di lavoro, in possesso di grosse quantità di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio.
A causa di tali avvenimenti il suo datore lo ha licenziato.
È legittimo il licenziamento per comportamenti tenuti dal dipendente in circostanze extralavorative?
La Cassazione aveva già affermato in passato che il rapporto di lavoro, per natura caratterizzato dall’attività di collaborazione e dalla durata nel tempo, è fondato sulla fiducia tra le parti.
Tale fiducia deve rimanere viva nel corso del tempo e come la sua esistenza permette l’inizio del rapporto lavorativo, così il suo venir meno può determinare la fine del vincolo.
Di conseguenza, il dipendente non solo è obbligato ad eseguire l’attività lavorativa richiesta, ma deve agire in modo da confermare continuamente la fiducia in lui riposta anche in ambito extralavorativo, cioè al di là dell’orario e luogo di lavoro.
Sulla scia di queste considerazioni la Cassazione ha affermato che la detenzione di droga ai fini di spaccio, indipendentemente da tempo e luogo, può costituire giusta causa di licenziamento perché, oltre ad avere rilevanza penale, è contraria alle regole comuni del vivere civile e quindi ha un riflesso oggettivo sul rapporto lavorativo.
Il comportamento in questione infatti, anche se estraneo all’attività lavorativa, è tale da non permettere la prosecuzione del rapporto di lavoro proprio perché è capace di pregiudicare irrimediabilmente la fiducia che lega le parti (Ordinanza n. 4804/2019).