Lavoratori all’estero, rientro: lavoro discontinuo per vantaggi fiscali

(foto Shutterstock)

L’Agenzia delle Entrate ha indicato le condizioni per godere del beneficio fiscale dopo un periodo di distacco all’estero

I lavoratori italiani distaccati all’estero e che fanno rientro in Italia possono godere del regime fiscale di vantaggio previsto per i «rimpatriati»?

L’Agenzia delle Entrate, con la recente risposta del 7 ottobre 2021, ha indicato i limiti e le condizioni per poter beneficiare dell’esonero fiscale in questa particolare ipotesi: no all’esonero fiscale se la nuova occupazione è in continuità sostanziale con quella precedente. Per l’Erario è necessario «un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione». Cosa vuol dire?  

Il caso e la richiesta di chiarimenti

Un cittadino italiano ha lavorato per molti anni all’estero. L’attività è stata resa in regime di distacco all’estero, ossia presso un’altra società diversa dalla propria datrice di lavoro. Dopo anni di lavoro all’estero, il dipendente è rientrato e ha stabilito la propria residenza in Italia, per continuare l’attività lavorativa per una azienda del gruppo della precedente datrice di lavoro. In occasione della compilazione della dichiarazione dei redditi ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se avesse o meno diritto a beneficiare dell’agevolazione fiscale per i cosiddetti “rimpatriati”.

La normativa di vantaggio per i “rimpatriati”

Il regime fiscale per i “rimpatriati” è stato introdotto dal decreto legislativo 147 del 2015. La finalità di questo trattamento di favore è di consentire a molti “cervelli in fuga” di fare rientro in Italia. Non solo, possono beneficiarne anche cittadini comunitari in possesso di determinati requisiti. L’attrattività del nostro Paese è legata al regime fiscale offerto a questi lavoratori: niente tasse per quattro anni di imposta se risiedono in Italia per almeno due anni consecutivi. Con questo speciale regime fiscale, il lavoratore percepisce uno stipendio molto più elevato: il datore di lavoro non deve effettuare alcuna trattenuta fiscale e deve versare l’intero importo lordo. 

I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate: serve discontinuità lavorativa

È sufficiente fare rientro in Italia per poter godere dei benefici fiscali? No, non è sufficiente. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate che ha precisato che, nel caso di rientro in Italia dopo un periodo di distacco all’estero, non si ha diritto a questo vantaggio fiscale se si continua a lavorare con il medesimo contratto e presso lo stesso datore di lavoro. Sempre secondo l’Agenzia delle Entrate, l’agevolazione non è applicabile nemmeno nel caso in cui venga sottoscritto un nuovo contratto di lavoro se «il nuovo ruolo aziendale al momento dell’impatrio rientra in una situazione di «continuità» con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio.»

Quali sono le ipotesi in cui non viene riconosciuto il beneficio fiscale?

Vediamo i casi più frequenti indicati dall’Agenzia delle Entrate:

  • mansioni, ruolo e retribuzione rimangono le stesse prima dell’espatrio;
  • vengono riconosciute le ferie e l’anzianità maturate;
  • viene escluso un periodo di prova.

Quando si verifica la discontinuità lavorativa?

Secondo l’Agenzia delle Entrate c’è discontinuità lavorativa quando «le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto». In tutti questi casi, il lavoratore che fa rientro in Italia da un periodo di distacco estero può godere del beneficio fiscale per i rimpatriati.

 

 

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