Licenziamento e spaccio di droga: presunzione di innocenza

(foto Shutterstock)

Impugnazione licenziamento: il lavoratore non può beneficiare della presunzione di innocenza, che si applica solo nel processo penale

Con la recente ordinanza 15 ottobre 2021, n. 28368, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla rilevanza dei comportamenti del dipendente in ambito extralavorativo. Lo spaccio di droga fuori dall’orario di lavoro può essere motivo di licenziamento perché lede il vincolo fiduciario, anche se il lavoratore è stato condannato con sentenza penale non definitiva.

Il caso

Un lavoratore è stato licenziato per essere stato trovato in possesso di mezzo etto di marijuana e di hashish. Il licenziamento, illegittimo a parere del dipendente, è stato impugnato perché, secondo costui la condotta non rientrava nelle ipotesi di giusta causa previsti dal contratto collettivo e, in ogni caso, doveva valere la presunzione di innocenza fino alla sentenza penale definitiva. 

La presunzione di innocenza non vale nel rapporto di lavoro

La presunzione di innocenza è uno dei pilastri del nostro ordinamento: il secondo comma dell’art. 27 della Costituzione afferma che «L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva». La sentenza di condanna diviene definitiva quando passa in giudicato, ossia quando non può più essere impugnata. 

Tuttavia, una società può comminare il licenziamento senza dover aspettare che la sentenza penale diventi definitiva. Secondo la Corte di Cassazione «la presunzione di innocenza attiene alle garanzie relative all’esercizio dell’azione penale e non può trovare applicazione analogica o estensiva in sede di giurisdizione civile, con riguardo alla materia delle obbligazioni e dei contratti»

Rilevanza comportamento dipendenti in orario extralavorativo

Se la presunzione di innocenza vale solo nel processo penale, significa che l’azienda può comminare il licenziamento senza attendere la condanna definitiva che, spesso, arriva dopo molti anni. La seconda questione è la seguente: che rilevanza hanno i comportamenti tenuti dal dipendente fuori dall’orario lavorativo?  L’azienda può licenziare il lavoratore per condotte extralavorative illecite?

La risposta è affermativa: il lavoratore può essere licenziato anche per fatti commessi fuori dall’azienda, in orario non lavorativo e che riguardano la sua sfera personale.

Gli esempi più frequenti sono proprio la detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. 

Non pregiudicare gli interessi dell’azienda

Sia chiaro: non tutti i comportamenti extralavorativi possono portare a licenziamento per giusta causa. Anche sotto aspetto le indicazioni della Corte di Cassazione sono molto precise: i fatti commessi devono essere contrari alle norme della comune etica o del comune vivere civile e di gravità tale da determinare una situazione di improseguibilità, anche provvisoria, del rapporto.

Secondo la Corte di Cassazione «il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta ma anche, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall’ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o compromettere il rapporto fiduciario.»   

Applicando tali principi, è stato ritenuto legittimo il licenziamento intimato dalla società nei confronti del lavoratore trovato in possesso degli stupefacenti.

  

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