Whistleblowing: sanzionato chi punisce il dipendente

(foto Shutterstock)

Per la prima volta è stato sanzionato un dirigente, colpevole di ritorsione nei confronti di un dipendente che aveva denunciato gli illeciti sul lavoro

IL FATTO

Il dipendente di un ufficio di un comune campano aveva denunciato i propri superiori perché avevano commesso alcuni reati sul lavoro.
A seguito della denuncia, il dipendente è stato sospeso dal servizio, la prima volta per 10 giorni e la seconda per 12 giorni, in entrambi i casi con la privazione della retribuzione.
Il denunciante aveva chiesto di essere riconosciuto come whistleblower (“fischiatore”, termine usato per indicare chi segnala la commissione di illeciti sul lavoro): questa qualifica, tuttavia, gli era stata negata dai propri superiori perché, al momento della denuncia, il dipendente si era identificato e non aveva mantenuto l’anonimato.
Cosa fare se si viene a conoscenza di illeciti sul lavoro? E cosa succede se gli illeciti vengono segnalati?

WHISTLEBLOWING: COSA DICE LA LEGGE

L’obiettivo della legge (179/2017) è quello di contrastare i fenomeni di corruzione all’interno della pubblica amministrazione, riconoscendo una specifica tutela al dipendente che segnala gli illeciti di cui sia venuto a conoscenza nello svolgimento della propria attività lavorativa (whistleblower).
Gli illeciti possono essere segnalati direttamente all’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), al responsabile della prevenzione della corruzione, o possono essere denunciati all’autorità giudiziaria.
È vietato sanzionare, demansionare, licenziare, trasferire o sottoporre ad altra misura organizzativa avente effetti negativi sulle condizioni di lavoro, il dipendente che abbia segnalato l’illecito.
In caso contrario, l’Anac può adottare sanzioni da 5 mila a 30 mila euro, mentre l’importo cresce da 10 mila a 50 mila euro in caso di mancata analisi delle segnalazioni ricevute.

COME È STATO RISOLTO IL CASO

L’Anac, con delibera 782 del 4 settembre 2019, ha, in primo luogo, definito il denunciante come whistleblower, proprio in ragione del fatto che questo soggetto, al momento della denuncia, ha provveduto ad identificarsi.
L’Autorità ha qualificato i provvedimenti adottati nei confronti del whistleblower come ritorsivi, perché espressamente diretti a punire il lavoratore per aver segnalato gli illeciti, e ha condannato il responsabile al pagamento di una somma pari a 5 mila euro.
Si tratta della prima sanzione per ritorsione su un dipendente adottata dall’Anac dall’entrata in vigore della legge 179/2017.

 

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