"Lavoro in pillole" è il podcast di laborability in cui affrontiamo i temi del lavoro con un linguaggio semplice e comprensibile anche ai non esperti. Dalla malattia alla cassa integrazione, allo smart working e tanti altri argomenti, per capire il lavoro.

Lavoro in pillole

Podcast

In questa puntata di Lavoro in Pillole, con la consulente Marta Zago parleremo della NASpI ovvero dell’indennità mensile INPS a tutela dei periodi di disoccupazione involontaria.
 In che modo il lavoratore può richiederla? Esistono delle ipotesi di liquidazione anticipata?
Vediamolo insieme.
 
<h2>Lo stato di disoccupazione</h2>
 Per poter godere della NASpI, il lavoratore deve dimostrare di trovarsi in uno stato di disoccupazione involontaria. Ma che cosa significa?
La persona non ha un impiego subordinato o autonomo perché:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">è stato licenziato (il licenziamento può essere anche disciplinare)</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">si è dimesso per giusta causa (ad esempio: per mancato pagamento della retribuzione)</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">è una lavoratrice madre che si è dimessa durante il periodo protetto</li>
</ul>
 
Per risultare ufficialmente disoccupato, il lavoratore:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">deve inviare la Dichiarazione di Immediata Disponibilità (la cosiddetta DID) attraverso il sito dell’INPS o dell’ANPAL, l’Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">E, entro 30 gg dalla trasmissione della DID, deve sottoscrivere un Patto di servizio con il Centro per l’impiego.</li>
</ul>
 
<h2>Chi può percepire la NASpI? </h2>
Tutti i lavoratori subordinati iscritti all’INPS.
Tra questi sono inclusi:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">i lavoratori che cessano il rapporto di lavoro di comune accordo con il datore in una delle Sedi protette (sindacati, Ispettorato…)  </li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">le lavoratrici madri che si dimettono</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">a partire da gennaio 2022, gli Operai a tempo indeterminato impiegati nelle cooperative agricole</li>
</ul>
 
Tutti questi soggetti devono dimostrare contemporaneamente:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">lo stato di disoccupazione, come visto in precedenza</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">almeno 13 settimane di contributi versati nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.</li>
</ul>
 
<h2>A quanto ammonta? </h2>
La legge prevede un importo massimo pari a 1.360,77 euro, ma è bene specificare che non tutti riceveranno questa cifra.
La NASpI, infatti, è frutto di un calcolo preciso che prende come base imponibile la retribuzione degli ultimi 4 anni (che è diversa da lavoratore a lavoratore). 
ATTENZIONE: a partire dal 91° giorno di prestazione, l’importo della NASpI viene ridotto progressivamente del 3% al mese. Questo perché il suo scopo è accompagnare il lavoratore verso una nuova occupazione stabile. 
 
<h2>Quanto dura? </h2>
L’INPS paga la NASpI per un arco temporale pari alla metà delle settimane di contribuzione versate negli ultimi 4 anni, e per un massimo di 24 mesi, cioè 2 anni. 
Facciamo un esempio: 
Un lavoratore negli ultimi 4 anni ha versato contributi per 208 settimane.
La NASpI verrà corrisposta per un massimo di 104 settimane, e dunque per 24 mesi.
 
<h2>Come richiederla </h2>
La domanda deve essere presentata dal lavoratore sul sito dell’INPS entro il termine massimo di 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. 
Di solito spetta a partire dal giorno successivo alla presentazione della domanda. Ad ogni modo, non può essere rilasciata prima che siano trascorsi 8 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. 
Viene poi accreditata ogni mese secondo due modalità:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">in conto corrente, se è stato dichiarato in sede di domanda</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">altrimenti con bonifico presso l’ufficio postale nella provincia di residenza/domicilio del lavoratore</li>
</ul>
 
<h2>Incentivi: anticipo della NASpI </h2>
Per incentivare il ritorno in attività del lavoratore, la legge consente di richiedere la LIQUIDAZIONE ANTICIPATA. 
Questo è possibile nel caso in cui si voglia
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">iniziare un’attività di lavoro autonomo o in forma di impresa (individuale, di persone o di capitali)</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">oppure sottoscrivere una quota di capitale sociale di una società cooperativa</li>
</ul>
Per ricevere l’anticipo è necessario fare domanda sul sito dell’INPS e, se la richiesta viene approvata, l’importo rimanente viene liquidato in un’unica soluzione. 
ATTENZIONE: il lavoratore che richiede l’anticipo della NASPI deve attendere la conclusione del periodo di concessione per iniziare a lavorare, altrimenti dovrà restituire per intero l’anticipazione di cui ha goduto.
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La NASpI: quanto dura, come richiederla

Dalla sua introduzione è uno dei temi più dibattuti e discussi dalla politica e dai cittadini. Si stima che i beneficiari in Italia siano ogni mese oltre 3 milioni.
Sono l’avvocato William Castagnotto, mi occupo di diritto del lavoro e in questo episodio parleremo del reddito di cittadinanza: chi può chiederlo, quanto dura e a quanto ammonta.
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<h2>Che cos’è il reddito di cittadinanza?</h2>
È una misura di sostegno al reddito per le famiglie che si trovano in condizioni svantaggiate. Ha l’obiettivo di contrastare la povertà e di garantire a tutti un livello minimo di sussistenza.
In Italia è stato introdotto con il decreto legge numero 4 del 2019 ed è in vigore da aprile 2019, ma è presente anche in molti altri stati europei, ad esempio in Francia, Germani, Spagna.
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<h2>Chi può richiederlo?</h2>
Per poter ottenere il reddito di cittadinanza è necessario soddisfare congiuntamente dei presupposti soggettivi e reddituali. In particolare:
<ul>
<li>essere maggiorenni, cittadini italiani, comunitari o extracomunitari in possesso dei permessi di soggiorno;</li>
<li>essere disoccupati (ma non per dimissioni volontarie) e inoccupati.</li>
</ul>
Per quanto riguarda il reddito, l’ISEE familiare in corso di validità deve essere inferiore a 9.360 euro (in presenza di minorenni, si considera l’ISEE per prestazioni rivolte ai minorenni).
Il reddito familiare non deve superare 6.000 euro, parametrato con una scala di equivalenza in base al numero di familiari.
Ci sono ulteriori presupposti che riguardano il patrimonio familiare:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">valore del patrimonio immobiliare in Italia e all’estero, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 30.000 euro;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro per il single, incrementato in base al numero dei componenti della famiglia.</li>
</ul>
&nbsp;
<h2>A quanto ammonta?</h2>
L’importo massimo mensile è di 780 euro, che può aumentare in base al numero di familiari. La somma è composta da 500 euro a titolo di sostegno al reddito e da una restante parte quale contributo al mutuo o all’affitto.
Le somme vengono accreditate in una carta prepagata. C’è un aspetto importante: nel caso in cui il beneficiario non usufruisca dell’intero importo nel mese di competenza, dal mese successivo riceve un importo ridotto del 20%.
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<h2>Quanto dura?</h2>
Si percepisce il reddito per 18 mensilità. Dal mese successivo a quello di scadenza, è possibile fare una nuova domanda di rinnovo per ulteriori 18 mesi. Non c’è un limite massimo di rinnovi.
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<h2>Che cos’è la pensione di cittadinanza?</h2>
È il reddito di cittadinanza per i pensionati. Consiste in una integrazione dell’assegno pensionistico: una somma di 630 euro per dodici mensilità, che aumenta in base al numero dei componenti della famiglia, oltre a 180 euro quale contributo per il pagamento del mutuo o dell’affitto.
I requisiti: tutti i componenti del nucleo familiare devono avere un’età dai 67 anni in su, oppure il soggetto richiedente deve essere over 67 e convivere con una persona con disabilità grave o non autosufficiente.
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<h2>Come si fa domanda di reddito di cittadinanza?</h2>
È possibile inoltrare la richiesta direttamente tramite il sito Internet dell’INPS. In alternativa, la domanda può essere presentata presso i CAF o presso gli uffici postali.
L’INPS, entro i successivi 5 giorni, verifica il possesso dei requisiti sulla base delle informazioni disponibili nei propri archivi e in quelli delle amministrazioni collegate e, in caso di esito positivo, riconosce il beneficio.
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Reddito di cittadinanza: cos’è, requisiti e come ottenerlo

In questa puntata di &#8220;Lavoro in pillole&#8221; la consulente Marta Zago parlerà del congedo di maternità e cioè del periodo di astensione obbligatoria al lavoro a cui la futura mamma non può mai rinunciare. 
Come funziona? La lavoratrice deve fare domanda? Vediamo insieme i passaggi principali.
&nbsp;
<h2>Quali sono i primi passi? </h2>
Innanzitutto, è bene sapere che in fase di assunzione, la lavoratrice non è tenuta a comunicare al datore il suo stato di gravidanza, nemmeno se è assunta con un contratto a termine. 
Tuttavia, una volta instaurato il rapporto di lavoro, per fruire dei congedi previsti dalla legge è necessario richiedere il certificato medico di gravidanza, che viene rilasciato direttamente dal Servizio Sanitario Nazionale o da ente convenzionato. Al suo interno è riportata la data presunta del parto.
I certificati comunque possono essere consultati dal datore in qualsiasi momento direttamente sul sito dell’INPS.
&nbsp;
<h2>Il congedo di maternità</h2>
Ma come funziona il congedo di maternità?
Nato sotto il nome di astensione obbligatoria, oggi prevede che la donna non possa lavorare per un periodo complessivo di 5 mesi fruibili a scelta: 
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">1 mese prima del parto e 4 mesi dopo;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">5 mesi integralmente post parto.</li>
</ul>
In quest’ultimo caso, è importante che il medico del sistema sanitario nazionale e il medico competente ai fini della sicurezza sul lavoro certifichino che la lavoratrice, posticipando il congedo, non incorre in rischi per la salute propria e del nascituro. 
Attenzione: la lavoratrice non può mai rinunciare all’astensione obbligatoria dal lavoro. Eventuali ferie sostitutive, infatti, non possono essere godute.  
&nbsp;
<h2>La domanda INPS di congedo di maternità</h2>
Per usufruire del congedo di maternità, la lavoratrice deve presentare domanda all’INPS generalmente entro i 2 mesi precedenti la data presunta del parto. 
È possibile fare domanda direttamente online sul sito dell’INPS, accedendo con SPID o Carta d’identità in formato elettronico (CIE), allegando alla domanda una copia del certificato di gravidanza. 
Attenzione: il termine massimo per presentare la domanda è entro 1 anno dalla fine del periodo coperto da tutela INPS. 
Dopo il parto, invece, la lavoratrice dovrà comunicare all’INPS, entro 30 giorni, la data di nascita e le generalità del figlio.
&nbsp;
<h2>L’indennità economica dell’INPS  </h2>
Una volta che la domanda è stata accolta, l’INPS riconosce l’80% della retribuzione goduta nel mese o nelle quattro settimane precedenti a quelle in cui ha avuto inizio il congedo. 
A seconda della tipologia di lavoratrici avremo:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">pagamento dell’indennità con anticipo da parte del datore di lavoro: in questo caso l’indennità verrà corrisposta con la busta paga del mese in cui la lavoratrice è tornata operativa al lavoro, salvo eventuali anticipazioni;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">pagamento dell’indennità direttamente dall’INPS: una casistica valida, ad esempio, per lavoratrici domestiche, operaie agricole a tempo determinato (OTD), lavoratrici dello spettacolo a termine.</li>
</ul>
Attenzione: all’indennità INPS potrebbe seguire l’obbligo per il datore di lavoro di integrare la retribuzione della lavoratrice al fine di renderla il più possibile pari a quella che avrebbe percepito se avesse lavorato. 
Le percentuali di integrazione sono previste dai diversi Contratti collettivi applicati dalle aziende e variano da settore a settore, e da CCNL a CCNL.
&nbsp;
<h2>Congedo e altri istituti</h2>
Come interagiscono cassa integrazione, Naspi e malattia con la maternità?
Nel periodo di gravidanza la lavoratrice potrà essere messa in cassa integrazione solo se è sospesa tutta l’azienda o il reparto cui è adibita. Nel periodo di godimento del congedo di maternità, invece, la cassa integrazione non può mai essere attivata.    
Se la lavoratrice in gravidanza si dimette, in eccezione alla regola, ha diritto alla Naspi. Quando invece, è disoccupata, la maternità viene corrisposta solo se non siano trascorsi più di 60 giorni tra la sospensione dal lavoro e l’inizio del congedo. Se vengono superati, viene erogata solo se la lavoratrice percepisce la NaSpi.  
Infine, ogni malattia insorta durante la maternità obbligatoria non può essere indennizzata, perché l’INPS copre già ogni eventuale indennità di malattia per mezzo del congedo.
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La maternità obbligatoria, come funziona e cose da sapere

Spesso ti sarà capitato di sentire parlare di Fondo Pensione e di Previdenza complementare. O più probabilmente qualche consulente o la tua assicurazione ti avrà suggerito di aprire una tua posizione pensionistica integrativa. Ma che cosa significano Fondo pensione e previdenza complementare? 
Sono William Castagnotto, sono un avvocato e mi occupo di diritto del lavoro. In questo video faremo un po’ di ordine e chiarezza su cosa significano questi istituti, come funzionano e perché convengono per i lavoratori. Lo faremo come sempre con un linguaggio chiaro e accessibile per tutti.
&nbsp;
<h2>Che cos’è il Fondo pensione?</h2>
Il fondo pensione, detto anche fondo di previdenza complementare, è un istituto che raccoglie tutte le quote di TFR maturate da un lavoratore e versate dall’azienda. 
È fondamentale questo primo passaggio: il fondo pensione è strettamente legato al trattamento di fine rapporto, ossia a quelle somme che il lavoratore matura, mese dopo mese, in costanza di rapporto.
&nbsp;
<h2>Il Tfr viene sempre destinato a un Fondo pensione?</h2>
No. Dipende dalla scelta effettuata dal lavoratore.
Dal 2007, è possibile scegliere se mantenere il TFR all’interno dell’azienda oppure destinarlo a un Fondo pensione.
Attenzione: il lavoratore ha sei mesi di tempo, dall’inizio del rapporto lavorativo, per scegliere se mantenere il TFR in azienda oppure se desidera destinarlo a uno specifico Fondo Pensione.
Se non esprime alcuna scelta, il TFR viene devoluto automaticamente al Fondo pensione istituito dal contratto collettivo applicato in azienda.
Due esempi: per il commercio e i pubblici esercizi il fondo FONTE, per i metalmeccanici è il fondo COMETA.
&nbsp;
<h2>Perché sono detti anche Fondi di previdenza complementare?</h2>
Perché la previdenza complementare è collegata alle somme versate a titolo di TFR.
La scelta su dove destinare il TFR consente di attivare o meno la previdenza complementare, che si aggiunge al sistema previdenziale ordinario dell’INPS.
Il Fondo ha il compito di investire le quote di TFR versate dall’azienda per conto del lavoratore.
A differenza del TFR lasciato in azienda, che viene pagato interamente al momento della cessazione del rapporto lavorativo, il TFR versato al Fondo pensione viene restituito al dipendente al momento della maturazione dei requisiti per andare in pensione.
Le quote che sono state versate al Fondo Pensione vengono, in parte, restituite al dipendente sotto forma di rendita pensionistica che integra l’assegno di pensione dell’INPS.
In questo modo il lavoratore incassa sia la pensione ordinaria da parte dell’INPS, sia la rendita da parte del Fondo pensione.
&nbsp;
<h2>Perché scegliere di versare il TFR in un Fondo Pensione?</h2>
Il lavoratore è libero di decidere dove custodire il proprio TFR, in azienda o in un Fondo Pensione. 
La scelta di devolverlo a un fondo di previdenza complementare è più conveniente perché garantisce una rendita maggiore rispetto al TFR in azienda e perché beneficia di un trattamento fiscale di vantaggio.
Ciò consente al lavoratore di ricevere un importo maggiore.
Di contro, il dipendente, per incassare le somme deve attendere il momento in cui matura i requisiti per andare in pensione.
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I fondi pensione, cosa sono?

<h2>Che cos’è la pensione anticipata?</h2>
La <a href="https://laborability.com/novita-per-il-lavoro/andare-in-pensione-anticipata-nel-2022-le-novita">pensione anticipata</a> consente a chi gode del sistema contributivo misto, e cioè a chi alla data del 31 dicembre 1995 stava già lavorando, di andare in pensione prima, a prescindere dall’età anagrafica. 
Il lavoratore deve però aver maturato: 
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">42 anni e 10 mesi di contributi nel caso degli uomini </li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">41 anni e 10 mesi per le donne</li>
</ul>
Questi requisiti contributivi sono validi fino al 2026 e non sono adeguati alla speranza di vita. 
Anche chi ha iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 ha la possibilità di andare in pensione prima accedendo alla pensione anticipata contributiva. In questo caso deve dimostrare di avere 67 anni di età anagrafica, almeno 20 anni di contributi effettivi e che l’ammontare della pensione futura sia pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale.
 
<h2>Quali altre forme di pensione anticipata esistono?</h2>
Oltre alla pensione anticipata esistono diversi modi per andare in pensione prima.
Nel 2022, infatti, sono state confermate anche:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">Quota 102</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">Pensione anticipata per lavori usuranti</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">Opzione donna</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">APE Sociale</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">APE Sociale rosa</li>
</ul>
 
<h2>Quota 102, quali sono i requisiti?</h2>
Dopo essere stata introdotta in via sperimentale sotto il nome di Quota 100, <a href="https://laborability.com/lavoro-in-pillole/pensioni-quota-102-come-funziona">Quota 102</a> è stata confermata anche per il 2022.
Si tratta di una misura speciale per cui sono richiesti requisiti contributivi e di età e cioè:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">38 anni di contributi (35 tolti i periodi di malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti)</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">64 anni di età</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">la cessazione del rapporto di lavoro</li>
</ul>
Attenzione: se il futuro pensionato vuole conoscere l’ammontare dei propri contributi, può richiedere all’Inps l’<a href="https://www.inps.it/prestazioni-servizi/estratto-conto-certificativo-ecocert-ed-ecomar">ECOCERT</a>, cioè l’estratto conto contributivo in cui si riporta un elenco analitico dei contributi versati, delle settimane e del reddito utili alla pensione.
 
<h2>Pensione anticipata per lavori pesanti e faticosi</h2>
Un altro tipo di pensione anticipata è quella per <a href="https://laborability.com/lavoro-in-pillole/categorie-lavori-usuranti-per-pensione-anticipata">lavori pesanti e faticosi</a>.
Chi nella propria vita ha svolto le seguenti professioni, può anticipare la pensione:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">mansioni particolarmente usuranti, ad esempio lavori in cave, miniere o lavori ad alte temperature;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">lavoro notturno anche a turni;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">lavori in linea di catena;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">conducente di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo con capienza totale dai 9 posti in su.</li>
</ul>
Deve in ogni caso dimostrare di avere:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">35 anni di contributi e 61 anni e 7 mesi di età nel caso del lavoro dipendente</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">35 anni di contributi e 62 anni e 7 mesi di età nel caso dei lavoratori autonomi</li>
</ul>
Attenzione: la pensione anticipata per lavori usuranti può essere richiesta solo se il lavoratore ha svolto una o più di queste attività per almeno sette anni consecutivi negli ultimi dieci di attività lavorativa, oppure per almeno la metà degli anni complessivi di lavoro.
&nbsp;
<h2>La pensione anticipata per le donne: Opzione donna</h2>
Le lavoratrici possono accedere anche nel 2022 a <a href="https://laborability.com/lavoro-in-pillole/andare-in-pensione-con-opzione-donna-2022">Opzione donna</a>. I requisiti da far valere sono 2, ovvero:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">dimostrare 35 anni di contributi ed essere nate nel 1963 se lavoratrici dipendenti </li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">dimostrare 35 anni di contributi ed esserre nate nel 1962 se lavoratrici autonome</li>
</ul>
Attenzione: se la lavoratrice decide di andare in pensione con Opzione Donna deve accettare che la propria pensione venga ricalcolata esclusivamente con il sistema contributivo, che di solito è meno vantaggioso.  
I contributi che si possono far valere per Opzione donna, però, non sono solo quelli ordinari ma anche:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">contributi da riscatto ad esempio quelli pagati a copertura degli anni di laurea</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">contributi da ricongiunzione previsti per chi ha diverse gestioni previdenziali</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">contributi figurativi, come ad esempio quelli pagati a copertura di un periodo di aspettativa non retribuita senza includere periodi di malattia o disoccupazione</li>
</ul>
 
<h2>L’APE sociale</h2>
APE sta per “anticipo pensionistico” ed è un’indennità a carico dello Stato sperimentale fino al 31 dicembre 2022. Lo scopo è quello di accompagnare alla pensione lavoratori che meritano una particolare tutela.
 Questi soggetti devono trovarsi in una delle seguenti situazioni:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">essere in stato di disoccupazione</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">assistere, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">aver terminato la NASpI o la Dis-Coll</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">avere una riduzione della capacità lavorativa maggiore o uguale al 74%</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">avere svolto un lavoro gravoso e/o faticoso alle condizioni viste in precedenza</li>
</ul>
Il lavoratore che intende fruire dell’<a href="https://laborability.com/novita-per-il-lavoro/pensione-ape-social-proroga-anche-per-l-anno-2022">APE sociale</a> deve:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">aver compiuto almeno 63 anni</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">vantare almeno 30 anni di contributi (36 a seconda dei casi)</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">non essere titolare di altre forme di pensione diretta</li>
</ul>
 
<h2>L’APE sociale rosa</h2>
L’APE sociale rosa è una particolare forma di pensione anticipata riconosciuta alle lavoratrici madri.
 I requisiti sono gli stessi dell’APE sociale, ma in questo caso è riconosciuta una riduzione dei contributi pari a 12 mesi per ogni figlio a carico fino a un massimo di 2 anni.
Quindi, la lavoratrice:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">se ha 1 figlio, dovrà dimostrare di aver versato 29 anni di contributi;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">se ha 2 figli, i contributi richiesti calano a 28 anni.</li>
</ul>
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Nuovi requisiti pensione anticipata 2022

I permessi ex Legge 104/92 sono permessi richiedibili da persone con disabilità o da chi li assiste, siano essi familiari, parte di un’unione civile o conviventi. 
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<h2>Permessi ex L. 104/92: cosa sono e chi ne ha diritto? </h2>
I lavoratori portatori di handicap o coloro che assistono un familiare portatore di handicap possono beneficiare di 3 giorni di permessi retribuiti dall’INPS al mese, fruibili anche a ore.
Possono richiedere i permessi ex legge 104/92:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">il coniuge della persona con disabilità;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">il parente o l’affine entro il secondo grado;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">il parente o l’affine entro il terzo grado.</li>
</ul>
Il familiare da assistere, invece, deve essere nella condizione di disabilità grave accertata dalla ASL e non deve essere ricoverato.
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<h2>Coppie civili e unioni di fatto possono usufruirne? </h2>
Con <a href="https://servizi2.inps.it/Servizi/CircMessStd/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualUrl=/circolari/Circolare%20numero%2036%20del%2007-03-2022.htm">circolare n. 36/2022</a> l’INPS è ritornata a chiarire, dopo una prima circolare del 2017, che questi permessi possono essere richiesti anche:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">dalla parte di un’unione civile che presti assistenza all’altra parte;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">dal convivente di fatto che presti assistenza all’altro convivente (non anche nel caso in cui si intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente).</li>
</ul>
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<h2>Permessi Legge 104/92: come usufruirne? </h2>
Per godere dei permessi previsti dalla l. 104/92, i lavoratori dipendenti devono inviare una specifica domanda all’INPS e devono essere in possesso dell’attestazione della disabilità grave, propria o del familiare, riconosciuta dall’apposita commissione medica integrata ASL/INPS. 
Una volta inviata la domanda è sufficiente consegnarne copia al datore di lavoro e comunicare con preavviso l’intenzione di voler fruire dei giorni o ore di permesso.
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<h2>I permessi ex l. 104/92 sono compatibili con altri istituti?</h2>
I permessi ex l.104/92 ad ore sono compatibili con la fruizione del congedo parentale a ore sia per l’assistenza ai familiari sia per sé stessi. 
Maturano inoltre quando si è in malattia e possono essere fruiti anche dopo il rientro e in assenza di ripresa lavorativa. Non possono invece essere fruiti durante il periodo di malattia.
Infine, in caso di cassa integrazione, se il lavoratore è stato sospeso a zero ore, non gli spetterà alcun permesso; se la sospensione è iniziata successivamente a un periodo lavorato nel mese, i permessi ex l. 104/92 gli spetteranno ma andranno riproporzionati, mentre se il lavoratore è stato sospeso solo parzialmente i permessi spetteranno in misura proporzionata alla prestazione lavorativa.
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Cosa sono i permessi ex Legge 104 e come utilizzarli

<h2>Che cosa sono gli ammortizzatori sociali?  </h2>
Ti sarà capitato di sentire spesso parlare di ammortizzatori sociali o di cassa integrazione. Ma di cosa si tratta? È una tutela prevista a favore dei lavoratori dipendenti di aziende che hanno dovuto sospendere o limitare la propria attività produttiva.  
I dipendenti vengono sospesi, del tutto o in parte, dal lavoro e lo stipendio viene pagato dall’Inps. Con la legge di Bilancio 2022 sono state introdotte importanti novità: tutti i dipendenti hanno diritto agli ammortizzatori sociali, anche quelli che lavorano per aziende con un solo dipendente. 
 
<h2>Ammortizzatori sociali, quali sono ?  </h2>
Gli ammortizzatori sociali hanno più nomi, ma la tutela e la finalità è la stessa. Sono disciplinati dal decreto legislativo 148 del 2015. La forma più famosa di ammortizzatore sociale è la cassa integrazione guadagni ordinaria, che si applica a tutti i lavoratori del settore industriale.  
Per le aziende del commercio, del terziario e dei servizi c’è invece il FIS, il Fondo Integrazione Salariale. Alcuni settori hanno poi il proprio fondo, come ad esempio l’FSBA Fondo di Solidarietà Bilaterale per l’Artigianato. Sono nomi diversi, ma con la stessa finalità: assicurare un sostegno ai lavoratori delle aziende in crisi. 
  
<h2>Come scoprire a quale ammortizzatore ho diritto?  </h2>
È semplice, basta avere  l’ultima busta paga. Se c’è scritto contributo FIS, significa che hai diritto a questo ammortizzatore; diversamente puoi trovare l’indicazione “contributo cassa” oppure contributo FSBA o altro fondo. 
 
<h2>Chi paga la cassa integrazione?  </h2>
Le aziende devono versare ogni mese un contributo a favore dell’Inps o a favore del Fondo a cui appartengono. Il contributo è in misura percentuale rispetto alla dimensione aziendale, al settore di riferimento e al tipo di ammortizzatore da utilizzare. In questo modo si finanziano gli ammortizzatori sociali. In caso di attivazione dell’ammortizzatore, gli assegni vengono erogati direttamente dall’INPS se l’azienda è in difficoltà finanziaria oppure dal datore di lavoro, che poi compensa questi importi con i contributi da pagare. 
 
<h2>Quanto si guadagna in cassa integrazione?  </h2>
Per le ore non lavorate non si guadagna lo stipendio pieno. Dal 1° gennaio 2022 sono stati abrogati i due scaglioni di riferimento. L’assegno massimo che può percepire un lavoratore in cassa integrazione a zero ore è pari a 1.199,72 euro lordi mensili. 
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Come funziona la cassa integrazione, quanto si prende?

Che forma di pensione anticipata è Quota 102? Quali sono i requisiti necessari per ottenerla? E come si può avanzare la domanda per ottenerla?
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Ciao, sono Cristina Zecchinato e sono una consulente. In questa puntata di Lavoro in pillole spiegherò cosa fare per ottenere la pensione «Quota 102» nel 2022.
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<h2>Quota 102, quali requisiti si devono avere?</h2>
&nbsp;
Quota 102 è una tipologia di pensione anticipata che può essere richiesta dalle persone che hanno raggiunto, nel 2022, i seguenti requisiti:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">38 anni di contributi, 35 al netto dei periodi di malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">64 anni di età. </li>
</ul>
&nbsp;
Per ottenere la pensione anticipata Quota 102 è richiesta, inoltre, la cessazione del rapporto di lavoro dipendente.
&nbsp;
<h2>Come capire se si hanno i requisiti contributivi corretti?</h2>
&nbsp;
Per capire se si hanno i requisiti necessari a Quota 102 è consigliabile chiedere l’Estratto Conto Certificativo (ECOCERT) all’INPS, direttamente dal sito dell’INPS o delegando un intermediario abilitato alla richiesta.
L’ECOCERT certifica i contributi versati nel corso della propria carriera lavorativa.
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L’ECOCERT è composto da:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">uno specchietto riassuntivo delle settimane contributive maturate per ogni tipologia di contribuzione;</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">un elenco analitico comprensivo di dati relativi a contributi versati, settimane utili alla pensione, il reddito utile al calcolo della contribuzione versata per ogni tipologia di contribuzione nel tempo.</li>
</ul>
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<h2>Come fare domanda per Quota 102?</h2>
&nbsp;
Ogni cittadino ha la possibilità di chiedere Quota 102 utilizzando i seguenti canali:
&nbsp;
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">il sito dell’INPS con le credenziali SPID:
<ul>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="2">recandosi alla sezione “Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, ECOCERT, APE Sociale e Beneficio precoci”</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="2">scegliendo l’opzione “NUOVA PRESTAZIONE PENSIONISTICA”</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="2">selezionando in sequenza “Anzianità/Anticipata/Vecchiaia” &gt; “Pensione di anzianità/anticipata” &gt; “Requisito quota 102”</li>
</ul>
</li>
<li style="font-weight: 400;" aria-level="1">gli Istituti di Patronato e i soggetti abilitati;</li>
</ul>
i servizi del Contact Center.
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Cosa fare per ottenere Quota 102?

Quali lavoratori hanno diritto al Fondo Est? A quali contratti collettivi viene applicato? Il lavoratore paga per iscriversi al fondo? In questo video dell’avvocato Castagnotto, tutte le risposte.
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Ciao, sono l’Avvocato William Castagnotto e mi occupo di diritto del lavoro. In questo episodio parleremo del Fondo Est, quali lavoratori hanno diritto alle prestazioni e chi invece è escluso.
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Che cos’è il Fondo EST?
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Il Fondo Est è un fondo di assistenza sanitaria integrativa.
Significa che offre ai lavoratori delle prestazioni in ambito sanitario.
Permette ai dipendenti di accedere gratuitamente alle cure offerte da centri medici e specialisti convenzionati, di poter chiedere il rimborso di determinate terapie.
Il Fondo Est, poi, eroga bonus ed indennità.
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Quali lavoratori possono usufruire dei servizi offerti dal Fondo Est?
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Sono milioni i lavoratori che hanno diritto a ricevere i servizi.
Il Fondo Est, infatti, è stato costituto nel 2005 come fondo per i lavoratori del commercio e del terziario, è stato poi esteso anche ai lavoratori dei pubblici esercizi, della ristorazione collettiva e di altri settori, come ad esempio quello della distribuzione moderna organizzata.
Tutte le volte in cui l’azienda applica uno di questi contratti collettivi, il lavoratore ha diritto ad accedere ai servizi del Fondo.
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Come faccio a sapere che contratto collettivo è applicato al rapporto di lavoro?
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Il contratto collettivo applicato è solitamente indicato nella lettera di assunzione e molto spesso è riportato anche nelle buste paga. Se rientra tra quelli indicati, il lavoratore ha diritto alle prestazioni offerte dal Fondo.
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Ci sono alcune categorie di lavoratori escluse?
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Sì. I quadri e i dirigenti non hanno diritto ad usufruire delle prestazioni del fondo. Mentre, per quanto riguarda i lavoratori a tempo determinato, i contratti collettivi prevedono una durata minima del rapporto per poter richiedere le prestazioni o i rimborsi.
Ad esempio, per il contratto del terziario-commercio, è prevista una durata minima di 3 mesi per avere diritto ai servizi del Fondo.
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Il lavoratore deve pagare per iscriversi al Fondo Est?
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No, l’iscrizione è a totale carico dell’azienda e non c’è alcun costo per i lavoratori. Anche la parte a carico del lavoratore è a carico dell’azienda.
La società è obbligata ad iscriversi e a indicare i nominativi dei propri dipendenti. L’azienda, inoltre, deve versare annualmente i contributi a favore del fondo per permettere ai propri dipendenti di richiedere le prestazioni del Fondo.
La regolarità contributiva dell’azienda è condizione essenziale per poter garantire i servizi a favore dei dipendenti.
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Lavoro in pillole