Caporalato: Uber Italy commissariata

(foto Shutterstock)

Uber si è avvalsa di società terze che reclutavano persone in stato di bisogno, sfruttando, sottopagando e minacciando i rider. Per il tribunale Uber era consapevole della situazione e l’ha favorita

Il Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria nei confronti della piattaforma di food delivery Uber Italy, in ragione dello sfruttamento dei rider addetti alle consegne a domicilio per la piattaforma di food delivery Uber Eats.

Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini coordinate dalla Procura di Milano, Uber si è avvalsa di rider che lavoravano per società terze, dalle quali venivano reclutati e gestiti. Rider che, però, venivano sfruttati, sottopagati e minacciati, come risulta da intercettazioni, chat, perquisizioni e dalle dichiarazioni degli stessi fattorini.

RECLUTAMENTO DI PERSONE IN STATO DI BISOGNO E SFRUTTAMENTO

Dalle prove raccolte emerge che i rider sarebbero stati reclutati soprattutto tra soggetti in stato di bisogno, tra persone che vivevano in situazioni di emarginazione sociale e, quindi, di «fragilità sul piano di una possibile tutela dei diritti minimi». Spesso si trattava di migranti provenienti da Paesi segnati da conflitti civili e razziali, richiedenti asilo politico, dimoranti presso centri di accoglienza temporanei.

Una volta reclutati, si sarebbe realizzato nei confronti dei fattorini un «regime di sopraffazione retributivo e trattamentale», approfittando della loro urgenza di lavorare e ricorrendo anche a minacce; situazione aggravatasi – rileva il Tribunale di Milano – durante l’emergenza sanitaria, che ha determinato l’aumento dell’utilizzo di rider, viste le limitazioni alla libertà di circolazione.

Infatti, i rider sarebbero stati sottoposti a turni massacranti, a fronte di una paga di 3 euro a consegna, a prescindere dal tragitto e dal tempo; compenso che, spesso, veniva anche ridotto, attraverso “punizioni” economiche. Non solo, i fattorini sarebbero stati privati anche delle mance versate dai clienti tramite l’applicazione. E ancora, ritenute non versate, oltre a intimidazioni e minacce di bloccare gli account ai rider, impedendo loro così di lavorare. 

IL TRIBUNALE: UBER SAPEVA

Secondo il Tribunale di Milano, Uber sarebbe stata consapevole della situazione di sfruttamento in cui si trovavano i fattorini e l’avrebbe anzi favorita. Dalle indagini emergerebbe anche un ruolo attivo di alcuni suoi dipendenti nella gestione dei rider, partecipando a sanzionarli e a incidere pesantemente sui loro turni lavorativi.

Da qui il commissariamento, per l’ipotesi di aver agevolato il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro previsto dall’art. 603-bis c.p.: il Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria di Uber Italy per un anno.

LA POSIZIONE DI UBER

Dopo il commissariamento, Uber ha fatto sapere in una nota di aver messo la propria piattaforma a disposizione di utenti, ristoranti e corrieri negli ultimi 4 anni in Italia nel pieno rispetto di tutte le normative locali, e di condannare ogni forma di caporalato attraverso i suoi servizi.

 

 

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