Il lavoro agile semplificato è finito, ma il lavoro agile ha ancora un futuro? E come può evolvere?
Di Gianluca Spolverato e Paola Salazar
La fine della pandemia ha portato con sé anche il progressivo esaurimento delle agevolazioni e delle semplificazioni legate al lavoro agile, o smart working. Il settore pubblico è stato il primo, dichiarandolo con la Direttiva del Ministero della Pubblica Amministrazione del 29 dicembre 2023. Ormai superato il momento di emergenza legato alla pandemia, spetta ai dirigenti responsabili l’adozione delle misure organizzative utili a garantire negli uffici un ricorso al lavoro agile che tenga conto – anche in deroga al criterio della prevalenza nello svolgimento della prestazione lavorativa in presenza – delle necessità dei soggetti più esposti a rischio.
Nel settore privato, con la fine di marzo 2024 sono decadute tutte le semplificazioni relative al ricorso allo smart working in vigore nel 2023 in favore dei soggetti fragili e dei lavoratori genitori di minori fino a 14 anni.
Difficile fare una previsione. Quel che è certo e concretamente misurabile è che le aziende che erano già partite con progetti strutturali di lavoro agile prima della pandemia si trovano oggi in una posizione di vantaggio per poter passare a un livello superiore e sperimentare forme più elevate di flessibilità organizzativa.
Chi, invece, si è affidato solo alle agevolazioni e alle semplificazioni del periodo emergenziale, senza mai affrontare il lavoro da remoto in modo strutturale e strategico e come “palestra” di flessibilità, si trova oggi a fare i conti con il tradizionale lavoro in presenza ma con una platea non più disposta ad accettarne completamente le dinamiche. Le persone infatti sono più consapevoli delle opportunità che derivano dalla flessibilità organizzativa che il lavoro agile comporta, soprattutto nella modalità del lavoro ibrido, e quindi non desiderano tornare alla situazione precedente. Il che implica il rischio di un passo indietro secondo quella logica del controllo che, seppure fortemente attenuata dall’esperienza pandemica, risulta oggi ancora fortemente radicata.
Il lavoro però è cambiato. Ed è fortemente cambiato il modo attraverso il quale le persone si rapportano con il lavoro, facendone sì lo strumento fondamentale del proprio sostentamento, ma a patto di poter avere il riconoscimento del valore e dell’importanza anche dei propri obiettivi di vita e del proprio tempo. E ciò proprio per quel desiderio di flessibilità che l’esperienza degli ultimi anni ha contribuito ad accrescere.
Non è più solo una questione di tutela dei fragili ed è per questo che le misure di agevolazione e di semplificazione non hanno giustamente più senso, ma una questione di quello che nelle scienze organizzative si indica come engagement e retention.
Lo dice anche il settimo rapporto sul welfare Censis-Eudaimon Il welfare aziendale e la sfida dei nuovi valori sul lavoro, il quale evidenzia attraverso i dati che è ormai in atto una profonda trasformazione socioculturale che coinvolge in prevalenza i giovani, ma anche i meno giovani.
In base al rapporto, Il 67,7% degli occupati in futuro vorrebbe ridurre il tempo dedicato all’attività lavorativa: lo vorrebbe fare il 65,5% dei giovani, il 66,9 degli adulti e il 69,6% degli over 50.
Il lavoro è importante, ma non sembra essere più così significativamente al centro della vita delle persone. Perché la vita è fatta di lavoro ma anche di altro e la vera sfida individuale e collettiva è diventata quella di trovare il giusto punto di equilibrio tra il lavoro e gli interessi individuali, familiari e di vita.
Il rapporto mette in evidenza, in pratica, come la ricerca di questo delicato punto di equilibrio – che l’uso della tecnologia ha amplificato – debba diventare il vero obiettivo delle organizzazioni. Non solo per attrarre e coinvolgere le persone nell’organizzazione (engagement) ma soprattutto per trattenerle (retention).
La fine delle agevolazioni per il lavoro agile nel 2024, l’obbligatorietà del ritorno alla sua disciplina a regime con l’obbligo di definire tra le parti i termini dell’accordo individuale, con la prospettiva di costruire così un modello che possa servire per tutta l’organizzazione – e non solo per alcune categorie di persone – costituisce oggi l’occasione per dare concretezza ai desideri e alle aspirazioni degli individui. Per dare espressione concreta a quel desiderio di flessibilità che costituisce ormai la forma di corrispettivo più importante e più richiesta nelle relazioni di lavoro.
Il lavoro agile disciplinato dagli artt. 18-23 della L. n. 81/2017, soprattutto nella forma ibrida – parte in sede e parte in remoto – è solo uno degli strumenti. La diversa gestione dell’orario di lavoro (D.Lgs. n. 66/2003) e dei turni con recupero dei permessi, applicata da alcune aziende del settore metalmeccanico come Lamborghini ed Essilor-Luxottica, sono ulteriori strumenti normativi accomunati dal fatto di assicurare in modo concreto la sperimentazione di forme di flessibilità organizzativa. Sperimentazioni che sono indispensabili per poter affrontare le evoluzioni in atto anche in termini di riduzione dell’orario. Riduzione per la quale lo strumento della contrattazione collettiva risulta essere un mezzo fondamentale e non solo a termini di legge.
Se la disciplina del lavoro agile nel 2024 viene ancora percepita come un ostacolo al lavoro in presenza – come accade ancora in molte realtà – risultano vanificati i passi in avanti fatti negli ultimi anni (al netto delle storture del periodo più acuto della pandemia). Ciò che è utile comprendere, invece, è che il lavoro agile è oggi uno degli strumenti normativi a disposizione per evolvere, perché dalle conquiste realizzate in questi anni nessuno vuole più tornare indietro.
Pertanto, se si vuole iniziare ad affrontare concretamente anche con le parti sindacali il complesso tema della riduzione dell’orario di lavoro a parità di retribuzione – come molti rinnovi contrattuali stanno annunciando in via programmatica – partire (o ri-partire) dal lavoro agile e del lavoro ibrido è già un buon inizio, immediatamente attuabile. Solo così si potranno avere dati utili per capire se e come passare anche alla riduzione dell’orario di lavoro.
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