Sicurezza sul lavoro e salute sono due aspetti fondamentali nella vita di ogni lavoratore, tanto da essere tutelati in maniera scrupolosa dalla legislazione vigente. Quando non si è in perfetta forma fisica, si può godere di periodi di congedo per malattia, durante i quali si può riposare e recuperare la miglior condizione, senza doversi recare sul posto di lavoro e venendo tutelati dal punto di vista economico. L’assenza, però, verrà opportunamente tutelata solo in presenza di un certificato medico che attesta, appunto, l’impossibilità del lavoratore di recarsi in azienda.
Può capitare che un lavoratore si debba assentare dalla propria attività professionale a causa di una patologia. La malattia “comune” può ad esempio essere una classica influenza o un braccio rotto al di fuori del posto di lavoro; l’infortunio ha una causa immediata e violenta, mentre si stanno svolgendo le proprie mansioni (ad esempio un lavoratore che si fa male a un piede cadendo da un’impalcatura); la malattia professionale (contratta durante una specifica attività lavorativa e a causa di essa).
Quando ti assenti per problemi di salute devi farti visitare al più presto dal tuo medico di base o recarti in ospedale. Il medico che ti visita è obbligato a trasmettere telematicamente il certificato di malattia all'INPS. Il datore di lavoro è a sua volta tenuto a consultare l'attestazione medica direttamente sul sito dell'INPS. Non sei obbligato, quindi, a inviare l’attestato di malattia al tuo datore di lavoro, ma dovrai semplicemente fornirgli il numero di protocollo riportato sul certificato. Solo qualora la trasmissione telematica non sia possibile, il lavoratore dovrà farsi rilasciare il certificato cartaceo e, obbligatoriamente entro due giorni dal rilascio, trasmetterlo all’Inps e al datore di lavoro. Se questo non avviene, perdi il trattamento retributivo per i giorni non coperti dal certificato. Presta la massima attenzione perché un ritardo potrebbe far sì che quei giorni vengano configurati come assenza ingiustificata, ragione che, nei casi più gravi, potrebbe comportare il licenziamento.
I primi tre giorni di assenza del lavoratore vengono definiti "di carenza" perché l'INPS non li paga e quindi potrebbero essere a carico del datore, secondo delle regole stabilite dai vari contratti collettivi del lavoro. La somma che viene corrisposta dall'INPS per malattia non è pari alla retribuzione totale, ma si tratta di una percentuale variabile in base alla durata dell'assenza: solitamente il 50% dal quarto al ventesimo giorno e il 66,66% dal 21° al 180° giorno. I CCNL possono anche prevedere delle integrazioni di queste percentuali a carico del datore di lavoro, in modo che il personale in malattia possa ricevere una retribuzione il più vicina possibile a quella che avrebbe percepito se avesse lavorato regolarmente.
Il datore di lavoro può richiedere ai medici INPS di effettuare delle visite fiscali presso il domicilio del lavoratore in malattia. Esistono delle cosiddette fasce di reperibilità, durante le quali il lavoratore deve farsi trovare a casa: nel settore privato dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 17.00 alle 19.00. Le fasce vanno rispettate tutti i giorni, compresi domenica e festivi. Sono previsti degli esoneri nel caso in cui durante quegli orari si stiano sostenendo delle terapie salvavita o quando la lesione è la conseguenza diretta di un infortunio o malattia professionale.