Capita di ammalarsi e di dover restare a casa dal lavoro perché non si è abbastanza in forze per continuare a lavorare.
In questi casi parliamo di «malattia comune», che non deve essere confusa con quella professionale, che è lenta e progressiva e potrebbe verificarsi anche a fine della carriera lavorativa.
Che si tratti di un’influenza, di una gamba rotta o di qualsiasi altra condizione che impedisce l’attività lavorativa, è bene contattare subito il proprio medico così che rilasci il certificato da trasmettere poi al proprio datore di lavoro.
A partire da quel momento, il lavoratore è ufficialmente «in malattia». In questo periodo, il datore può richiedere ai medici INPS di effettuare delle visite fiscali presso il domicilio del lavoratore in modo da verificare che quanto dichiarato corrisponda al vero.
Quali sono le regole da rispettare in caso di visita fiscale? Scopriamolo insieme.
Non sempre. A seconda della gravità, il lavoratore potrebbe essere obbligato a rimanere in casa fino alla completa guarigione.
L’obbligo però non è valido 24 ore su 24: esistono delle fasce orarie stabilite dall’INPS, le cosiddette «fasce di reperibilità», durante le quali il lavoratore deve farsi trovare nel domicilio dichiarato all’INPS.
Queste fasce sono diverse a seconda che si lavori nel settore privato oppure in quello pubblico.
Come specificato in precedenza, è opportuno fare una distinzione tra:
Attenzione: queste fasce sono da rispettare per tutti i giorni compresi la domenica e i festivi.
L’INPS prevede comunque dei casi di esonero dall’obbligo delle visite fiscali. Sono casi specifici, come quando il lavoratore è affetto da una patologia oncologica e sta svolgendo una terapia salvavita, oppure quando la lesione è una conseguenza diretta di un infortunio o di una malattia professionale.
Bisogna sempre mantenere un comportamento collaborativo in modo da consentire al medico di entrare in casa e fare la sua visita.
Nel caso in cui il lavoratore si rifiuti, questo potrebbe comportare:
Nel caso di assenza per un motivo giustificato e dimostrato, però, queste sanzioni non verranno applicate.
Un esempio? Durante la malattia, devo andare a fare una visita specialistica che rientra nel mio percorso di cura.
La malattia viene tutelata dall’INPS attraverso una specifica indennità economica, cioè una cifra che di solito viene pagata dal datore di lavoro per conto dell’Istituto di Previdenza.
Ma si viene pagati per tutta la durata della malattia allo stesso modo?
No. I primi 3 giorni vengono definiti «di carenza» perché il lavoratore non può recarsi al lavoro, ma l’INPS non paga. Queste giornate sono a carico del datore di lavoro secondo precise percentuali stabilite dai diversi CCNL.
Inoltre, la somma prevista dall’INPS non corrisponde alla retribuzione totale, ma a una percentuale variabile in base alla durata della malattia. La regola generale prevede il 50% dal 4° al 20° giorno e il 66,66% dal 21° al 180°.
Infine, il contratto collettivo nazionale di riferimento può prevedere delle integrazioni a carico del datore di lavoro. In questo modo, la persona malata può arrivare a ricevere una retribuzione il più simile possibile a quella che avrebbe percepito se avesse lavorato.
Leggi anche: