Regime forfettario: tutte le novità 2024

Regime forfettario
(foto Shutterstock)

Vediamo insieme quali sono i requisiti, i vantaggi, i limiti e tutte le novità del regime forfettario 2024

Non tutte le partite IVA devono applicare lo stesso regime fiscale. Ne esistono infatti di diversi a seconda del cosiddetto “volume d’affari”, cioè il fatturato che un professionista produce in un anno, oppure dalla libera scelta di ciascun contribuente. Il regime fiscale è un insieme di regole da seguire per definire il reddito, annotare le spese sostenute e i ricavi incassati e determinare le imposte e i tributi da versare. 

Il regime forfettario è una soluzione particolarmente vantaggiosa perché, all’interno di una forbice di reddito piuttosto ampia, la percentuale di tasse da pagare non aumenta al variare del reddito, ma è stabilita in misura fissa.

La legge di bilancio 2024 ha confermato l’estensione del plafond dei ricavi e dei compensi, già aumentato con la precedente legge di bilancio: la possibilità di accedere al regime forfettario è garantita a una platea molto più ampia di lavoratori. Anche per il 2024, la soglia massima per usufruire del regime forfettario è esteso a 85.000 euro di fatturato.

Ma quali sono novità sono previste per il 2024? Quali i requisiti per accedere? Scopriamolo insieme.

Regime forfettario: cos’è e come funziona

Il regime forfettario è un meccanismo fiscale agevolato pensato per favorire l’apertura di nuove attività di lavoro autonomo e per sostenere quelle già attive, ma comprese entro un certo volume d’affari, oggi pari a 85.000 euro.

Si parla di regime forfettario semplificato perché prevede l’applicazione di una percentuale fissa di tassazione su una parte di reddito determinato “a forfait”, ossia a prescindere dalle spese e dai costi sostenuti.

Come funziona il regime forfettario?

Più nello specifico, sono previste queste agevolazioni:

  • una percentuale IRPEF molto bassa, pari al 5% per i primi 5 anni e poi al 15% (ed è per questo definita “flat tax”) sulla parte di reddito determinata a “forfait” e in base al settore professionale di appartenenza;
  • non c’è obbligo di applicazione e versamento dell’IVA
  • non c’è obbligo di registrazione degli importi finanziari in entrata e in uscita
  • non c’è obbligo di redazione del bilancio a fine anno.

Attenzione: non tutti possono optare per questo regime. Rimangono escluse  tutte le società sia di persone (S.n.c., S.a.s.) che di capitali (S.p.a., S.r.l.) qualunque sia il loro fatturato.

Aprire una partita iva in regime forfettario: i requisiti

Per godere delle agevolazioni previste dal regime forfettario è obbligatorio rispettare precisi vincoli, in particolare:

  • se nell’anno si è lavorato anche come dipendenti, bisogna aver percepito massimo 30.000 euro da lavoro subordinato
  • avere massimo 20.000 euro di spese accessorie se ci si avvale di personale dipendente o collaboratori per la propria attività 
  • massimo 85.000 euro di ricavi e compensi incassati nell’anno.

Se l’attività è già avviata, i requisiti del regime forfettario devono essere rispettati rigorosamente. Se invece hai aperto da poco la partita IVA, viene considerato il presunto.

Tassazione regime forfettario: come si calcola

Si capisce il nome di questo particolare regime fiscale dall’applicazione pratica della sua disciplina. Infatti, questa particolare flat tax (del 5% o del 15%) si applica esclusivamente su una percentuale dei compensi effettivamente incassati e fatturati. Questa percentuale – detta “coefficiente di redditività” – cambia in base al settore di appartenenza e in base al proprio codice ATECO.

Facciamo un esempio concreto: per le attività professionali è previsto un coefficiente del 78%, mentre per l’attività di intermediazione commerciale un 62%. Ad esempio, se un architetto ha incassato 50.000 euro di compensi, la prima somma da considerare è la percentuale del 78% su questi compensi. Da tale importo si può dedurre esclusivamente l’importo versato a titolo di contributi previdenziali obbligatori. Una volta ottenuto questo importo, si applica la percentuale di tassazione (5% o 15%), già comprensiva anche di tutte le tasse da pagare a titolo di addizionale comunale e regionale. È un sistema molto semplice di determinazione delle imposte da pagare ogni anno.

Attenzione: poiché si tratta di una percentuale forfettaria, nessun tipo di spesa può essere detratta o, come si dice informalmente, “scaricata”. Un esempio comune sono le spese mediche, oppure le spese legate all’attività, come un computer, un viaggio di lavoro, ecc. Con questo regime, tutti questi costi non possono essere scaricati, ad eccezione dei contributi previdenziali obbligatori. Infatti, la legge determina – appunto “forfettariamente” – l’ammontare delle spese e degli oneri sostenuti in base al settore di appartenenza. 

Limiti regime forfettario: cosa succede se si superano?

È questa una delle domande più frequenti: che cosa succede se si incassano compensi superiori alla soglia massima?

Gli scenari sono due: 

  1. i ricavi incassati superano gli 85.000 euro ma rimangono entro i 100.000 euro: in questo caso,la perdita del regime avverrà nell’anno successivo 
  2. i ricavi incassati sono superiori a 100.000 euro: la decadenza è immediata non appena viene superata tale soglia, il contribuente è tenuto ad applicare l’IVA sul fatturato eccedente la soglia e dovrà pagare le tasse sull’intero fatturato secondo la tassazione ordinaria.

In questa circolare, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito i casi e le conseguenze del superamento del limite massimo del regime forfettario.

Regime forfettario 2024: fattura elettronica obbligatoria

Cosa cambia rispetto al regime forfettario 2023

Dal 1 gennaio 2024 la fatturazione elettronica diventa obbligatoria per tutti i “forfettari” a prescindere dal fatturato annuo. È infatti scaduta lo scorso 31 dicembre 2023 l’esenzione per chi fatturava meno di 25.000 euro. 

Addio vecchia fattura cartacea: a partire dal 1 gennaio 2024 la fatturazione, nel regime forfettario, deve essere obbligatoriamente trasmessa in formato elettronico attraverso gli apposti portali. 

Attenzione alle scadenze: la fattura deve essere emessa entro al massimo 12 giorni dall’incasso delle somme o dall’operazione, a seconda del settore di appartenenza. Le sanzioni? Tra il 5 o il 10% dell’importo oppure da 250 a 2.000 euro.

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