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Nel tempo determinato, le parti coinvolte (l’azienda e il lavoratore) stabiliscono a priori un periodo di inizio e fine dell'occupazione, chiaramente specificato nel documento contrattuale e variabile da pochi giorni fino a un anno (salvo circostanze particolari), a seconda delle esigenze dell'azienda e del tipo di lavoro.
Parlando di tempo determinato, risulta necessario introdurre un importante concetto, quello della causalità. Secondo la legge, infatti, un contratto acausale può essere stipulato senza alcuna motivazione specifica, a patto che venga rispettato il limite massimo di 12 mesi. Con il Decreto Lavoro, nel 2023, il Governo è intervenuto per renderne più agevole il ricorso al contratto.
I limiti temporali sono stabiliti dalla legge per garantire che i dipendenti con contratti temporanei siano trattati equamente e non vengano utilizzati in modo improprio per eludere le normative sul lavoro a tempo indeterminato. Spesso questa tipologia contrattuale viene adoperata per soddisfare esigenze temporanee dell'azienda, come picchi di lavoro stagionali, progetti specifici o copertura di assenze temporanee. Come detto, un contratto determinato garantisce una certa flessibilità: al termine del periodo specificato, infatti, l’azienda e il lavoratore possono decidere se rinnovare il contratto, concluderlo o modificarne i termini.
Come abbiamo detto, il lavoro a tempo determinato può avere una durata massima di 12 mesi, che possono essere prorogati a 24 solo in specifiche situazioni (contratto a tempo determinato causale), come ad esempio esigenze aziendali temporanee e oggettive e sostituzione di altri lavoratori, oppure in caso di incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria. Se tali condizioni non dovessero sussistere, alla scadenza dei 12 mesi il rapporto di lavoro si trasformerebbe in un indeterminato.
In via generale, comunque, la legge stabilisce che, nei casi in cui il rapporto di lavoro proseguisse oltre la scadenza del tempo determinato, il datore di lavoro sarebbe tenuto a corrispondere al lavoratore una retribuzione maggiorata del 20% fino al decimo giorno successivo e del 40% per ogni giorno ulteriore. Successivamente, il contratto sarà trasformato automaticamente in indeterminato oltre il trentesimo giorno (per i contratti determinati inferiori a 6 mesi) oppure oltre il cinquantesimo giorno, negli altri casi.
Per quanto riguarda le aziende, la normativa attuale stabilisce che il limite numerico di dipendenti inquadrabili con un contratto a termine non può superare il 20% della forza lavoro assunta a tempo indeterminato al 1° gennaio dell’anno di assunzione, tranne per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti, per i quali è sempre possibile stipulare un lavoro a tempo determinato.
Infine, è importante ricordare che un lavoratore assunto con il tempo determinato per almeno 6 mesi ha eventualmente il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato in azienda entro i successivi 12 mesi, a patto che tali assunzioni riguardino ruoli compatibili con quelli da lui o lei svolti. Questo diritto si applica anche ai lavoratori assunti a tempo determinato per attività stagionali in caso di nuove assunzioni (a tempo determinato) per attività del medesimo tipo.