Il datore di lavoro paga la malattia a colf e badanti, a differenza di quanto accade per altri lavoratori dipendenti
Il lavoro di colf e badanti segue regole un po’ diverse rispetto ad altri tipi di lavoro. Anche in questi casi, però, la legge e il contratto collettivo (CCNL) garantiscono tutele minime.
Se ti ammali, hai diritto a dei giorni di malattia retribuiti, secondo quanto stabilito dal CCNL per il lavoro domestico. Esistono però alcune regole precise: cambiano sia la durata dell’assenza consentita, sia l’importo della retribuzione che ti spetta durante la malattia.
Anche il datore di lavoro ha dei doveri: deve rispettare queste regole e riconoscere l’indennità prevista in base al contratto.
Quando ti ammali mentre lavori come colf o badante, la prima cosa da fare è farti rilasciare un certificato medico. Questo certificato deve contenere un numero di protocollo, che devi comunicare al tuo datore di lavoro entro l’orario previsto dal contratto.
Grazie a questo numero, il datore potrà accedere alle informazioni sul periodo di assenza, cioè da quando a quando dura la malattia.
Non verrà indicata la causa della malattia: il datore non saprà il motivo per cui sei assente. Questo dato è riservato e lo conosci solo tu. Non sei obbligata a comunicarlo.
Anche se lavori solo poche ore a settimana, hai comunque diritto a ricevere il compenso durante la malattia.
Nel caso di una malattia mentre lavori come colf a ore, l’importo che ti spetta dipende da quante ore lavori normalmente e da quanto dura l’assenza.
Ad esempio, se hai un contratto da 4 o 3 ore settimanali, hai comunque diritto a un periodo di malattia retribuito. In pratica, ti verranno pagate le ore che avresti dovuto lavorare nei giorni in cui sei stato assente, secondo le percentuali stabilite dal contratto collettivoÈ l’accordo stipulato a livello nazionale tra i sindacati di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro per regolare determinati aspetti dei contratti individuali di lavoro di un certo settore (es. orario di lavoro, retribuzione minima, ferie, congedi, ecc.). More (CCNL).
L’indennità si calcola tenendo conto del numero di giorni di assenza e dei limiti previsti dal CCNL per questo tipo di lavoro.
Quando ti ammali e lavori come badante convivente, ci sono alcune regole leggermente diverse rispetto ad altri casi.
L’invio del certificato medico non è obbligatorio, ma il datore di lavoro può comunque chiedertelo. Se succede, dovrai fornirglielo.
Se invece ti ammali mentre sei in ferie o sei momentaneamente assente dalla casa in cui lavori, devi inviare subito il numero di protocollo del certificato medico, così il datore può verificare il periodo di malattia.
Quando sei ancora presente in casa, cioè convivente durante la malattia, c’è un punto da chiarire: il vitto e l’alloggio non sono dovuti durante il periodo di malattia, a meno che non ci siano accordi diversi tra te e il datore di lavoro.
Inoltre, il vitto e l’alloggio non spettano nemmeno se durante la malattia vieni ricoverata in ospedale.
Quando sei in malattia, è importante distinguere due cose diverse:
Per rispondere alla domanda “quanti giorni vengono pagati in caso di malattia?“, il contratto collettivo per colf e badanti stabilisce che:
Questi sono i giorni retribuiti, ma non sempre ti viene pagata l’intera giornata. Più avanti vedremo in dettaglio quale percentuale ti spetta durante la malattia.
Oltre al pagamento, hai anche il diritto alla conservazione del posto di lavoro, ma solo per un certo periodo, che dipende dalla tua anzianità.
Secondo il contratto collettivo, i tempi sono:
In alcuni casi particolari, come ad esempio in presenza di malattie oncologiche documentate, questi periodi possono essere aumentati della metà.
Anche se per molti lavoratori dipendenti la malattia viene pagata dall’INPS, nel caso delle colf e badanti a pagare è direttamente il datore di lavoro.
È importante però capire quanto bisogna pagare in base alla durata dell’assenza. Infatti, per le malattie brevi, riceverai una somma più bassa rispetto a quella che prenderesti in una normale giornata lavorativa.
Ecco come funziona:
Questi importi valgono solo per i giorni che il datore di lavoro è tenuto a pagare, cioè quelli previsti dal contratto collettivo e spiegati nel paragrafo precedente.
I datori di lavoro domestico versano ogni mese dei contributi alla Cassa Colf, un fondo che offre servizi e prestazioni aggiuntive per chi lavora come colf o badante.
Tra queste prestazioni c’è anche un rimborso in caso di malattia, ad esempio se hai avuto un ricovero, una convalescenza o altri problemi di salute riconosciuti dal fondo.
Hai diritto al rimborso malattia Cassa Colf se sei iscritto da almeno un trimestre e se i contributi sono stati versati regolarmente.
Per ricevere l’indennità, devi presentare domanda direttamente alla Cassa Colf, rispettando i tempi previsti e allegando tutta la documentazione medica necessaria.
È molto importante conoscere bene tutti i servizi offerti da questo fondo, perché in molti casi possono aiutarti economicamente in momenti difficili.
Il datore di lavoro domestico non può licenziare una badante solo perché è in malattia, poiché la legge prevede un periodo di conservazione del posto.
Se l’assenza supera i giorni massimi stabiliti dal contratto collettivo, il rapporto di lavoro può però essere interrotto. Questi giorni sono coincidenti con quelli “tutelati”, che sono di fatto chiamati “periodo di comportoÈ il periodo di tempo in cui il lavoratore, assente dal lavoro per malattia o infortunio, ha diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro. More”.
Il collaboratore domestico ha diritto alla conservazione del posto per 10 giorni di calendario, se ha superato il periodo di prova e ha un’anzianità lavorativa fino a sei mesi. Aumentando l’anzianità, aumentano anche le coperture: per chi lavora da almeno 6 mesi ma meno di due anni, i giorni aumentano a 45, mentre per chi lavora da più di due anni alle dipendenze del datore di lavoro, avrà diritto a 180 giorni di comporto.
La risposta alla domanda “badante in malattia si può licenziare?” dipende quindi dalla durata dell’assenza e dalle esigenze del datore di lavoro.
Nei casi estremi, è possibile risolvere il contratto per giusta causa, ad esempio se la malattia impedisce definitivamente lo svolgimento delle mansioni. Da parte del datore di lavoro, è comunque consigliabile rispettare le procedure previste per evitare controversie legali.
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