Il lavoratore ha diritto, in caso di malattia o infortunio, alla conservazione del posto di lavoro per un periodo di tempo detto “di comporto”.
Scaduto questo intervallo temporale, ciascuna delle parti del rapporto di lavoro può recedere liberamente dal contratto. Questo significa che il datore di lavoro non è più tenuto a giustificare l’eventuale decisione di licenziare il dipendente che abbia superato questo periodo di tutela.
Ci sono però metodi diversi per il calcolo del comporto, e diverse situazioni che consentono comunque il licenziamento. Vediamo nel dettaglio tutto quello che c’è da sapere.
Il periodo di comporto fornisce tutela nei confronti del lavoratore, riconoscendogli il diritto alla conservazione del posto di lavoro e a un’indennità di malattia erogata dall’INPS e integrata dal datore di lavoro, in base alle disposizioni dei contratti collettivi applicati.
Anche se si tratta di un periodo tutelato, ci sono però delle situazioni in cui il datore di lavoro può licenziare il dipendente anche se questo è in malattia e non ha ancora fatto scadere questo periodo di tempo.
La legge prevede comunque la possibilità di licenziamento nei seguenti casi:
Non esiste una singola regola per determinare la durata del periodo di comporto; la normativa rimanda alle regole definite dalla legge e dai contratti collettivi applicati.
La legge fornisce dei limiti temporali minimi solo per il settore impiegatizio, differenziandoli in relazione all’anzianità di servizio del lavoratore:
Per gli operai, invece, la durata del periodo di comporto è stabilita dalla contrattazione collettivaÈ l’accordo stipulato a livello nazionale tra i sindacati di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro per regolare determinati aspetti dei contratti individuali di lavoro di un certo settore (es. orario di lavoro, retribuzione minima, ferie, congedi, ecc.). More.
Sono previste inoltre diverse tipologie di comporto:
È da specificare che, se la malattia fosse dovuta a comportamenti tenuti dal datore di lavoro, come per esempio mobbingComportamenti e atti, aggressivi e persecutori, messi in atto dal datore di lavoro (o dai suoi dipendenti) con lo scopo di emarginare una persona tramite violenza psichica e morale continuata nel tempo, e con lo scopo di comprometterne pesantemente la normale attività lavorativa. More, i periodi di assenza sono da considerarsi esclusi dal calcolo del comporto.
Anche in questo caso, si deve far riferimento a quanto previsto dai contratti collettivi. Alcuni prevedono che sia l’anno solare, e quindi 365 giorni a partire dal primo episodio morboso o a ritroso dalla data del licenziamento. Altri che sia un anno di calendario, cioè tra il 1° gennaio e il 31 dicembre dello stesso anno.
Il comporto può essere interrotto dalla richiesta del lavoratore di godere delle ferie, a patto che siano già state maturate, e quindi a disposizione del dipendente.
La richiesta, in questo caso, deve essere scritta, indicando da quale momento si intende convertire l’assenza per malattia in assenza per ferie. Questa comunicazione deve essere necessariamente effettuata prima della scadenza del periodo di comporto.
Il datore di lavoro che riceve questo tipo di richiesta dovrà tenere in considerazione la volontà del lavoratore di mantenere il proprio posto di lavoro, ma non è tenuto ad accettare le ferie, poiché per principio queste sono collegate anche alle esigenze dell’impresa.
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