La Corte di Cassazione ha esteso l’obbligo di indennizzo anche al di fuori delle cosiddette “malattie tabellate”
Con la sentenza numero 29611 del 11 ottobre 2022, la Corte di Cassazione ha ribaltato la precedente decisione della Corte d’Appello che aveva negato l’indennizzo INAIL a favore del lavoratore.
Secondo la Suprema Corte, l’INAIL deve indennizzare ai lavoratori tutte le malattie che abbiano una origine professionale. Ciò a prescindere dal fatto che alcune patologie rientrino o meno nelle cosiddette «malattie tabellate» o nei rischi specifici di ciascuna lavorazione.
Solo in questo modo, secondo i supremi giudici, si può offrire un’interpretazione coerente con la previsione costituzionale dell’art. 38 della Costituzione.
Spesso i lavoratori confondono malattia professionale e infortunio.
È necessario distinguere le due fattispecie:
Dunque, per inserire una determinata patologia in questa seconda opzione, è necessario ricercare le cause nell’attività lavorativa.
Facciamo un esempio: se un operaio metalmeccanico, durante le lavorazioni, si rompe un dito, si tratta di un infortunio sul lavoro. Diversamente, se lo stesso operaio si ammala ai polmoni per aver lavorato esposto a materiali ferrosi cancerogeni, si tratta di malattia professionale. In entrambi i casi la causa è da ricercare nell’attività professionale, ma è diversa la modalità di manifestazione della patologia.
Il Testo unico sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro in alcuni casi opera una presunzione sull’origine professionale della malattia.
Sono le cosiddette malattie tabellate: si tratta di patologie che, legate a determinate mansioni, fanno presumere l’origine scatenante nell’attività lavorativa. Sono elencate in un’apposita tabella che viene aggiornata in base agli studi medico-scientifici.
Inoltre, per valutare il nesso causale, si distinguono varie tipologie di rischio: tipico dell’attività, ambientale, improprio o generico aggravato.
Ad esempio, se un lavoratore perde progressivamente l’udito e ha svolto attività di martellatura con mezzi meccanici, la legge presume la causa professionale.
In questi casi, al dipendente basta dimostrare l’esistenza della malattia e di aver svolto quella determinata attività.
L’INAIL deve quindi pagare le indennità, gli indennizzi e le rendite a favore del dipendente ammalato.
Negli altri casi, al di fuori delle malattie tabellate, è onere del lavoratore dimostrare che la malattia è stata causata dall’attività professionale.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, un lavoratore ha chiesto l’indennizzo per essersi ammalato di depressione a causa dell’ambiente lavorativo ostile.
L’INAIL ha rifiutato di pagare l’indennizzo poiché la depressione non rientrava tra le malattie tabellate e non era qualificata come rischio specifico di quella determinata professione. La Cassazione ha ribaltato le due sentenze precedenti e ha riconosciuto la depressione quale malattia professionale.
Secondo i supremi giudici, nell’ambito della tutela antinfortunistica, si sta ampliando la tutela non solo ai casi di rischio specifico proprio della lavorazione, ma anche al cosiddetto rischio specifico improprio, «ossia non strettamente insito nell’atto materiale della prestazione ma collegato con la prestazione stessa».
Da questa apertura consegue che se il dipendente riesce a dimostrare il nesso causaleÈ il motivo, tassativamente previsto dalla legge, che deve giustificare il rinnovo di un contratto a tempo determinato, pena la sua trasformazione in rapporto a tempo indeterminato. More tra attività lavorativa e patologia avrà diritto agli indennizzi da parte dell’INAIL.
Infatti, secondo la Cassazione, si deve affermare che «sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l’organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione; Dovendosi ritenere incongrua una qualsiasi distinzione in tal senso, posto che il lavoro coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni, sottoponendola a rischi rilevanti sia per la sfera fisica che psichica», e pertanto «ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata all’INAIL, anche se non è compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati».
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