Mobbing sul lavoro: cos’è, come riconoscerlo e gestirlo

Mobbing sul lavoro
(foto Shutterstock)

I casi previsti, i rimedi e le responsabilità quando il lavoratore subisce atti vessatori da parte dei propri colleghi

Non è sempre e solo il datore di lavoro o il superiore gerarchico a fare mobbing. Esiste anche quello «orizzontale», che si verifica nel caso in cui il mobber sia un collega di «pari grado». 

Spesso, nella pratica, questa particolare forma è messa in pratica da più lavoratori nei confronti di un collega. È una condotta grave, che può costare anche il licenziamento. In alcune ipotesi anche la società può essere chiamata a risarcire il danno del dipendente mobbizzato.

Mobbing: cos’è​ 

In Italia si è cominciato a parlare di questo fenomeno a partire dagli anni ’80 e, dopo quarant’anni, è diventato un istituto di pubblico dominio, che prevede apposite tutele.

Quindi, cosa significa Mobbing? Può essere definito come una serie di comportamenti, anche all’apparenza neutri o leciti, realizzati, in modo sistematico, nei confronti di un dipendente con lo scopo di isolarlo, vessarlo, porlo in una condizione di estraneità rispetto al contesto lavorativo. 

Mobbing sul lavoro: una definizione 

Il mobbing sul posto di lavoro può essere definito, secondo l’elaborazione della Corte Costituzionale, come un fenomeno complesso, consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo superiore, con un intento persecutorio ed emarginante, volto all’esclusione della vittima dal contesto lavorativo (Corte Costituzionale, sentenza 10 dicembre 2003, n. 359).

Perché possa configurarsi il mobbing, devono ricorrere più elementi allo stesso tempo:

  • una pluralità di comportamenti persecutori, anche leciti se considerati isolatamente;
  • realizzazione sistematica e prolungata nel tempo, da parte del datore di lavoro, di un suo preposto o anche di altri colleghi, comunque sottoposti al potere gerarchico;
  • pregiudizio alla salute, alla personalità o alla dignità del lavoratore;
    nesso causale tra i comportamenti posti in essere e il danno subito dalla vittima (fisico, psicologico o morale);
  • la presenza di un intento persecutorio che unifichi e colleghi tutti gli atti lesivi.

Mobbing sul lavoro: alcuni esempi​ 

A seconda dell’autore dei comportamenti, si possono fornire due esempi di mobbing:

  1. mobbing verticale: si tratta della forma più diffusa e in questo caso l’autore è il datore di lavoro o il superiore gerarchico (ad esempio il responsabile di reparto/ufficio);
  2. mobbing orizzontale: quando il responsabile delle condotte è un collega di pari grado. Ad esempio, i colleghi di reparto o di ufficio.

Mobbing orizzontale

Innanzitutto, non sono sufficienti episodi isolati: anche se offensive o sgradevoli, condotte estemporanee non possono essere considerate mobbing.

Affinché la condotta sia qualificabile come tale, è richiesta la presenza dei seguenti presupposti:

  • molteplicità e sistematicità dei comportamenti: un solo episodio non è sufficiente;
  • durata della condotta: la ripetizione deve avvenire in un arco temporale prolungato, non in un lasso di tempo breve;
  • finalità vessatoria: i comportamenti devono essere volti a isolare il lavoratore, che si ritrova in una condizione di inferiorità o emarginazione rispetto al resto del personale. Le motivazioni possono essere di natura politica, sessuale o religiosa;
  • pregiudizio alla salute: è necessario dimostrare che le condotte vessatorie abbiano causato un danno alla salute della persona coinvolta.

Mobbing verticale

Per capire se si tratta di mobbing verticale sono necessari gli stessi elementi previsti per il mobbing orizzontale, ma a fare mobbing in questo caso è un superiore e non un collega.

Mobbing sul lavoro cosa fare 

Reagire in modo prudente e corretto è fondamentale per capire come difendersi dal mobbing. La prima azione da intraprendere è informare il datore di lavoro. Puoi iniziare inviando una diffida scritta all’azienda, nella quale siano descritte in modo dettagliato le condotte poste in essere dai colleghi o dal responsabile.

Nel caso in cui sia attivo un sistema di whistleblowing, puoi utilizzarlo per segnalare in modo riservato quanto accade.

Se ritieni di essere vittima di una condotta di mobbing, è essenziale coinvolgere il datore di lavoro. Tuttavia, se l’autore delle condotte vessatorie è una figura apicale dell’azienda, come spesso accade nelle realtà di piccole dimensioni, sarà allora necessario rivolgersi tempestivamente a un legale o ai sindacati.

Dimissioni per mobbing

Le dimissioni quando subisci mobbing sono considerate dimissioni per giusta causa, perché il tuo ambiente di lavoro diventa intollerabile a causa di comportamenti vessatori sistematici e protratti nel tempo. In questi casi, puoi interrompere il rapporto senza preavviso e accedere alla NASpI, come se avessi subito un licenziamento.

Hai inoltre diritto a chiedere il risarcimento dei danni, sia per il mancato preavviso sia per il danno psicofisico subito, dimostrando con prove adeguate l’intento persecutorio e il nesso causale.

Denuncia per mobbing

Per avviare una denuncia per mobbing o denuncia per mobbing sul lavoro, devi innanzitutto raccogliere elementi che dimostrino la natura sistematica e prolungata delle condotte vessatorie e l’esistenza di un danno psicofisico causato. 

Se non hai prove dirette, come testimoni, messaggi, email o referti medici, è comunque possibile procedere: in questi casi si parla di denuncia mobbing senza prove, ma dovrai supportarla con elementi oggettivi e circostanziali che testimonino la ricorrenza dei comportamenti e il loro impatto sulla tua salute.

Per denunciare per mobbing, il percorso tipico prevede l’invio di una lettera di diffida al datore di lavoro o all’ente responsabile, oppure il deposito formale della denuncia presso Polizia o Carabinieri. Da lì, si potrà avviare una causa civile per ottenere il risarcimento dei danni e, se del caso, un procedimento penale per reati correlati come molestie o lesioni.

La legge non richiede prove certe già all’atto della denuncia, ma sta a te dimostrare la fondatezza delle accuse nel corso dell’istruttoria. Per sostenere efficacemente la denuncia per mobbing sul lavoro, è quindi fondamentale allegare ogni elemento utile, documenti, testimonianze, certificazioni mediche, anche in assenza di prove dirette iniziali.

Denuncia per mobbing: cosa si rischia

Quando denunci il mobbing sul lavoro, puoi avviare un processo civile per ottenere il risarcimento dei danni, che possono essere di natura psicologica, fisica o esistenziale. Il reato di mobbing in sé non esiste nel codice penale, ma le condotte vessatorie possono essere riconducibili ad altri reati (come violenza privata o lesioni), a seconda della gravità e delle azioni specifiche.

In ambito civile, il giudice valuta la documentazione prodotta, come testimonianze, referti medici, email o messaggi, per accertare l’esistenza del danno e stabilire l’entità del risarcimento.

Denunciare per mobbing non comporta rischi per te: il licenziamento ritorsivo o discriminatorio è nullo e può portare a reintegra e/o risarcimento. Tuttavia, è fondamentale presentare prove solide: una denuncia per mobbing senza prove rischia di non essere accolta, compromettendo l’esito del giudizio. 

Le conseguenze, dunque, dipendono dalla capacità di dimostrare il nesso causale tra condotte vessatorie e danni subiti, e dalla sensibilità del giudice nel quantificare il risarcimento.

Come dimostrare il mobbing 

Se denunci di essere vittima di mobbing hai l’onere di dimostrare una serie di fatti. Si tratta del cosiddetto onere della prova: chi formula una pretesa basata su determinati eventi, deve provare la fondatezza delle circostanze allegate.

Nel caso del mobbing, devi fornire prova di tutti gli elementi costitutivi della pretesa, ossia:

  • le condotte denunciate;
  • il reiteramento di tali condotte nel tempo;
  • l’intento persecutorio;
  • il nesso causale tra le condotte e il danno subito;
  • l’entità del danno e l’ammontare del risarcimento richiesto.

Come dimostrare il mobbing: tra le modalità più efficaci rientrano le registrazioni audio o video, la testimonianza diretta di colleghi e, se disponibili, anche conversazioni via email o messaggistica (come WhatsApp), che possono costituire valide fonti di prova.

Risarcimento per mobbing: le cifre​ 

Le cifre del risarcimento per mobbing variano in base a diversi parametri, tra cui il più rilevante è la gravità del danno subito dal lavoratore. Un ulteriore elemento che può influire sull’importo è la durata del comportamento vessatorio. In ogni caso, l’entità del risarcimento viene definita caso per caso.

Alcuni esempi giurisprudenziali possono aiutare a comprendere meglio l’orientamento dei giudici:

  • il Tribunale di Torino ha stabilito un risarcimento di 35.000 € a favore di una lavoratrice vittima di un ambiente di lavoro considerato stressogeno;
  • La Corte d’Appello di Trento ha riconosciuto un danno pari a 12.000 € a una lavoratrice vittima di condotte vessatorie e stress da mobbing;
  • Anche la Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 969 del 2024, ha riconosciuto 12.000 € di risarcimento a una lavoratrice danneggiata da un ambiente lavorativo fonte di stress e pregiudizio non patrimoniale.

Esistono cause di mobbing vinte​? 

Sì, esistono cause di mobbing vinte. Tuttavia, si tratta spesso di procedimenti complessi, poiché la persona che denuncia deve dimostrare una serie di elementi che non sempre risultano facili da provare.

Quando però vengono raccolte prove efficaci, come foto, video, messaggi vocali, oppure testimonianze di colleghi, le possibilità di ottenere una sentenza favorevole aumentano sensibilmente.

È fondamentale, inoltre, che le condotte denunciate abbiano effettivamente provocato un danno e che esista un nesso di causalità tra il mobbing e il danno stesso.

Umiliazione sul lavoro

L’umiliazione sul lavoro è una delle situazioni più frequenti in cui si manifesta il mobbing. Una delle finalità del mobber, cioè di chi mette in atto comportamenti mobbizzanti, è proprio quella di isolare una persona rispetto al resto del contesto lavorativo, portando le vittime a sentirsi umiliate al lavoro.

Per raggiungere questo scopo, una delle condotte più tipiche consiste nell’umiliare il dipendente davanti agli altri colleghi, facendolo sentire un elemento estraneo al gruppo o all’ambiente. Anche un demansionamento costante e pubblico, oppure la privazione sistematica delle mansioni, possono rappresentare forme di umiliazione e segnalare un chiaro intento persecutorio nei confronti della persona.

Allusioni sessuali

Allusioni sessuali sul lavoro sono condotte particolarmente sgradevoli e spiacevoli da subire. Tuttavia, non tutte le allusioni sessuali possono configurare mobbing

Questo perché il mobbing richiede una finalità specifica, ossia il comportamento deve essere messo in atto con l’intento di vessarti o isolarti nel contesto lavorativo. Se manca questo fine preciso, non si può parlare di mobbing.

Attenzione però: anche in assenza di mobbing, le allusioni sessuali possono comunque essere perseguite sotto altri profili, ad esempio penale, risarcitorio o disciplinare, a seconda della gravità e della frequenza del comportamento.

Offese e minacce sul posto di lavoro da un collega

Le minacce sul posto di lavoro da parte di un collega o le offese verbali sul posto di lavoro non sono automaticamente riconducibili a una situazione di mobbing. 

Perché si possa parlare davvero di mobbing, è necessario che i comportamenti siano ripetuti nel tempo e abbiano come obiettivo quello di emarginarti o isolarti dal resto del contesto lavorativo.

Diversamente, se si tratta di minacce verbali sul posto di lavoro o di offese sul posto di lavoro dovute a divergenze personali, scontri caratteriali, opinioni politiche, motivi extra-lavorativi o altro, non si può parlare di mobbing, ma di comportamenti comunque inaccettabili e rilevanti dal punto di vista disciplinare.

Se ti stai chiedendo cosa fare in caso di minacce sul lavoro, è fondamentale documentare ogni episodio e, se possibile, inviare una segnalazione formale all’azienda o rivolgersi a un avvocato per valutare i passi successivi. 

Anche le minacce sul posto di lavoro da collega devono essere prese sul serio e possono avere conseguenze legali.

Licenziamento per mobbing 

Chi compie questi comportamenti può andare incontro a una responsabilità penale: in base alla gravità dei fatti, possono essere contestati reati come molestieingiurie, fino ad arrivare agli atti persecutori (stalking).

Si tratta di reati molto gravi e puniti severamente.

Il mobber, per gli stessi fatti, può anche essere sottoposto a un procedimento disciplinare che può concludersi con il licenziamento per giusta causa

Non è necessario che l’azienda qualifichi espressamente la condotta come mobbing: basta contestare i fatti e le condotte in modo corretto. Infatti, il mobbing è una condotta continuata e composta da più episodi. Tuttavia, all’azienda può bastare anche un solo episodio, se molto grave, per avviare la procedura disciplinare.

 

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