Meno tempo e più produttività: quando gli opposti si attraggono

Tempo e produttività al lavoro
(foto Shutterstock)

Rivedere l’orario e il tempo di lavoro non è più uno slogan, ma un obiettivo ben preciso della nuova organizzazione del lavoro

Di Gianluca Spolverato e Paola Salazar

La nuova dimensione del tempo di lavoro

Il grande esperimento del lavoro da remoto che abbiamo tutti vissuto negli ultimi anni consente oggi di affrontare un passaggio ancora più complesso e sfidante. Quello della riduzione dell’orario di lavoro o, meglio, quello di una migliore organizzazione dell’orario di lavoro settimanale.

Chiamiamolo pure settimana corta, ma con la consapevolezza che il suo presupposto è migliorare la qualità del lavoro. La corretta dimensione del tempo di lavoro è divenuta infatti la chiave di lettura per interpretare l’evoluzione del lavoro e l’innovazione sociale che questa evoluzione porta con sé. Non c’è solo un tema di efficienza produttiva, di disconnessione, di uso accorto degli straordinari, anzi di una possibile rinuncia agli straordinari. C’è l’obiettivo di imparare a bilanciare tempi di lavoro e tempi di non lavoro. E molto di più.

Quantità non vuol dire qualità

Non è possibile parlare di evoluzione dei modelli di organizzazione del lavoro se non si ha ben chiaro il nesso esistente tra la qualità del tempo che viene dedicato al lavoro e la sua corretta misurazione in termini di efficacia individuale

Sì, in primo luogo proprio di efficacia individuale. Perché è proprio con l’uso consapevole degli strumenti necessari ad assicurare efficacia individuale che si favorisce anche l’efficienza all’intera organizzazione e si influisce positivamente sulla produttività

Non è dalla pedante osservazione e misurazione del tempo necessario a svolgere un determinato compito che si arriva all’efficienza, ma dalla capacità di valutare e misurare il risultato di quell’attività. 

Non bisogna mai confondere l’attività con il risultato

Quante volte è capitato di osservare l’inutilità della presenza al lavoro continuativa per un numero di ore predefinito e immutabile. Tra l’altro, siamo proprio sicuri di lavorare veramente per tutte quelle ore? 

Siamo al lavoro fisicamente perché occupiamo una scrivania, un posto fisico ma l’attenzione e la nostra mente sono altrove, distratti da un pensiero, da una preoccupazione personale o familiare, dalla tecnologia, dal rumore di fondo dell’ufficio, da chi è abituato a chiedere aiuto per ogni cosa e così via. 

Eppure, per abitudine risultiamo impegnati perché dobbiamo esserlo, perché dobbiamo restare al lavoro, secondo le cadenze dettate dalla cornice tipica dell’orario di lavoro. Quell’orario di lavoro ordinariamente di 8 ore giornaliere distribuite tra le 9.00 e le 18.00, imposto dall’organizzazione dell’impresa del IX e XX secolo. Un’organizzazione dell’orario di lavoro che non è più al passo con l’organizzazione del lavoro del nuovo millennio. 

È possibile gestire diversamente l’orario di lavoro?

Il lavoro si evolve, cambiano i mestieri ma cambia soprattutto anche la quantità di tempo dedicata al lavoro. Sono soprattutto le nuove generazioni che chiedono di poter avere una maggiore e migliore gestione del tempo di lavoro. Per molteplici ragioni. 

Perché sono più abituati al multitasking, anche se il multitasking è il risultato distorto della troppa tecnologia, è rischioso per le facoltà cognitive e va opportunamente governato. Ma soprattutto perché non mettono più il lavoro in posizione primaria nella scala dei valori. 

Da una recente ricerca – Report Fragitalia di Legacoop e Ipsos, aprile 2023 – il lavoro sarebbe ormai al sesto posto, collocato tra l’altro dopo cultura e divertimento. È quindi necessario partire da qui se si vuole affrontare il tema del tempo e dell’orario di lavoro nella nuova organizzazione del lavoro. Partire dalle aspirazioni e dai desideri delle nuove generazioni, sapendo che alla fine sono anche le nostre aspirazioni e i nostri desideri. E non solo questo.

Da desiderio a sfida organizzativa

Tema al centro delle sperimentazioni in atto che ha visto a gennaio 2023 diffondere i risultati della ricerca sull’esperimento della settimana corta, avviato nel Regno Unito dall’Associazione non-profit 4 Day Week Global, in collaborazione con alcune importanti università inglesi. 

I risultati su un campione di 2900 dipendenti e 61 aziende? Il numero medio di giornate lavorate è passato da 4,86 a 4,5 (tagliando circa un terzo di giornata). E si è ridotto in molti casi anche il ricorso allo straordinario. 

E in Italia? Alcune aziende hanno avviato dei progetti sperimentali e si stanno orientando verso uno studio più attento delle potenzialità insite nella riduzione dell’orario di lavoro. Il che è possibile ragionando su due fattori fondamentali

La definizione di orario di lavoro

Il primo è la stessa definizione normativa di orario di lavoro contenuta nell’art. 1 del D.Lgs. n. 66/2003: “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività e delle sue funzioni” si possono capire le potenzialità in termini di flessibilità organizzativa. Il secondo?

Efficacia cognitiva e produttività individuale

L’efficacia cognitiva (e quindi produttiva) che si raggiunge evitando multitasking e distrazioni e concentrando l’attività lavorativa nel numero di ore che la rendono veramente tale (tre le 5 e le 6 al giorno, in base agli studi).

Attivando ad esempio dei meccanismi di misurazione degli obiettivi ma anche di attivazione delle pause, delle disconnessioni, della flessibilità di spazio, che favoriscono creatività, concentrazione e produttività. 

Fornire ai propri collaboratori gli strumenti – concettuali, organizzativi ed emotivi – per divenire padroni del proprio tempo che sia di lavoro, di studio, di non lavoro, di ozio creativo, di svago o di altro, costituisce oggi la sfida più importante per le organizzazioni. Un processo che lo smart working ha positivamente accelerato. 

È questa è la chiave di lettura dell’evoluzione del tempo di lavoro sulla quale è possibile costruire contesti lavorativi che favoriscano la produttività. Per le nuove e per le vecchie generazioni.

 

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