Perseguita la collega fuori dal luogo di lavoro: licenziato

(foto Shutterstock)

La gravità del comportamento extra lavorativo del dipendente stalker compromette il vincolo fiduciario tra azienda e lavoratore

IL FATTO

Un lavoratore ha iniziato a perseguitare una collega con la quale aveva da poco interrotto una relazione sentimentale. L’uomo si è reso responsabile di comportamenti minacciosi e molesti proseguiti ininterrottamente per circa due anni, portando l’azienda, per cui lavoravano entrambi, alla decisione estrema di licenziarlo.

Gli atteggiamenti molesti consistevano in continui appostamenti e pedinamenti, nell’assillante invio di messaggi al telefono della donna e nell’invito, rivolto ad estranei, a contattarla attraverso la trascrizione del suo numero di telefono nei bagni di luoghi pubblici e nelle stazioni.

Tutti comportamenti che avevano provocato nella donna paura per la propria salute e per quella del marito e un malessere psico-fisico tali da costringere la vittima a modificare le proprie abitudini di vita, interferendo anche sull’attività lavorativa.

Il lavoratore, ritenendo di non aver agito in modo scorretto nel luogo di lavoro, ha deciso di impugnare il licenziamento per giusta causa.

I comportamenti illeciti compiuti dal dipendente al di fuori del luogo di lavoro possono determinare il licenziamento? 

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

I comportamenti extra lavorativi illeciti possono portare alla conclusione di un rapporto di lavoro a causa della rottura del vincolo di fiducia tra datore di lavoro e dipendente.

Anche se nel contratto collettivo utilizzato dall’azienda gli atteggiamenti persecutori compiuti dal lavoratore non sono regolati o previsti in modo chiaro come comportamenti illeciti, si deve comunque considerare legittimo il licenziamento.
Il giudizio sulla gravità e sulla proporzionalità del licenziamento rientra nell’attività di valutazione che il giudice deve fare sulla base dei principi e dei valori presenti nella vita quotidiana e che possono essere diversi da quanto scritto nella contrattazione collettiva.

Secondo la Corte di Cassazione, quindi, di fronte a fatti gravi come, ad esempio, lo stalking, non ha nessuna importanza che certi modi di agire extra lavorativi non siano ricompresi e descritti nella categoria dei comportamenti illeciti previsti dalla contrattazione collettiva.

Su tali presupposti, la Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore considerando proporzionata la giusta causa di licenziamento (sentenza del 28 gennaio 2020 n. 1890).

 

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