A new way of working. Bentornati al nuovo lavoro

(foto Shutterstock)

La fase emergenziale è terminata. Noi siamo di nuovo al lavoro. Ma tutto è diverso da prima

Il lavoro cambia, perché noi stiamo cambiando

L’esperienza della pandemia e l’accelerazione tecnologica sono due fattori disruptive. La pandemia ci ha portato nuove consapevolezze. 

Prima verità: non c’è un tempo di vita e un tempo di lavoro. Siamo noi quando lavoriamo e noi quando siamo in famiglia, con gli amici, altrove. Questi due tempi devono ritrovarsi in armonia, e si può lavorare stando altrove e dedicarsi ad altro quando si sta al lavoro. Dobbiamo immaginare e organizzare vite fluide, in un’alternanza di tempi e significati. 

Il lavoro è un luogo di identità 

Seconda verità: senza lavoro ci siamo persi, e nel lavoro abbiamo trovato significato. Qualcuno si è sentito più essenziale, qualcuno ha capito che il lavoro che faceva non aveva una direzione e un senso, qualcuno ha iniziato a chiedersi perché. E tutti abbiamo detto «mai più» a questo o quello.

Tutti, però, abbiamo bene a mente quello che non vorremmo più, un prima e un dopo. Dobbiamo imparare a combinare le ambizioni di ciascuno con un forte senso di scopo e portare i sentimenti e le emozioni dentro il lavoro.

Le grandi sfide che abbiamo davanti 

Ci sono tre grandi sfide che tutte le aziende devono affrontare. 

La prima: capire quali sono le nuove competenze che servono per migliorare il lavoro: culturali, tecniche, organizzative. Su queste dobbiamo investire fortemente, con una prospettiva di breve-medio-lungo periodo.

La seconda: costruire relazioni identitarie con e tra le persone che lavorano. Questo ci aiuterà a trattenere e attrarre le persone giuste (che non sono necessariamente i migliori).

La terza: integrare, imparare a combinare, persone di generazioni diverse, di competenze diverse, di storie e vite lavorative diverse, in un’alternanza di spinta e consolidamento di nuovi modelli.

Da dove dobbiamo partire 

Da una nuova consapevolezza, che si acquisisce facendoci delle domande e interrogandoci sui temi chiave del lavoro che cambia, che sono cinque:

  • I nuovi modelli di organizzazione del lavoro e i nuovi mestieri
  • I nuovi sistemi di remunerazione e il welfare
  • I tempi e luoghi del lavoro che cambia
  • La partecipazione, il coinvolgimento e i nuovi modelli di comunicazione interna
  • Il ricambio generazionale e le nuove generazioni al lavoro.

Poi ci sono tre parole chiave che segnano la direzione che prenderà il lavoro nel futuro che è già tra noi: green, healthy, and fair. Sostenibilità, salute e star bene, correttezza, inclusione e valorizzazione delle diversità.

Cosa stiamo facendo su questi temi

Ogni organizzazione è chiamata a rispondere a tre domande:

  • Quanto sono importanti questi temi
  • Cosa abbiamo fatto finora
  • Quali competenze abbiamo per affrontarli.

La dimensione dell’importanza, incrociata con quella della maturità, ci dice cosa è importante e urgente, e ci aiuta a definire un piano di breve e medio periodo, per portare l’organizzazione là dove vorremmo che fosse. 

Cosa rischiamo se non faremo niente? Rischiamo di perdere le persone migliori e di essere irrilevanti nel nuovo mercato del lavoro, che in una fase di forte espansione si concentrerà, più che sul lato della domanda di lavoro, su quello dell’offerta di lavoro. 

Prendersi cura delle persone che lavorano

La retorica de «la persona al centro» e del «people first» è diventata insopportabile.

Cosa significa oggi prendersi cura delle persone che lavorano? Proviamo a dare delle risposte che diano il senso di una direzione possibile. E chiediamoci cosa possiamo e vogliamo fare. 

Significa, prima di tutto, costruire spazi di lavoro accoglienti, che consentano alle persone di lavorare bene, potendo all’occorrenza avere spazi personali per i loro bisogni. Ma anche: 

  • Organizzare spazi di coworking per facilitare le relazioni e gli incontri.
  • Dare la possibilità di lavorare a distanza, assicurando momenti di inclusione e relazione anche per chi lavora con questa modalità.
  • Rendere possibile lavorare a distanza assicurando l’accessibilità a questa forma di lavoro in sicurezza.
  • Creare occasioni di relazione tra i collaboratori, in modo che l’ambiente di lavoro sia vivace, ricco di stimoli, inclusivo, e attento alla socialità delle persone.
  • Prendersi cura dell’aggiornamento professionale dei collaboratori e favorire occasioni di networking.
  • Prendersi cura dei bisogni dei collaboratori costruendo un sistema facilmente accessibile di welfare contrattuale, definito dopo aver ascoltato le persone.
  • Significa favorire comportamenti attenti e rispettosi degli impegni che ci vogliamo prendere sui temi della sostenibilità, della salute, e dell’equità.
  • Dare informazioni trasparenti su tutto quello che riguarda il lavoro e la gestione del rapporto di lavoro.
  • Creare uno spazio di comunicazione interna sui temi del lavoro, per far sì che le persone siano sempre aggiornate, informate.
  • Incentivare comportamenti prudenti sul piano previdenziale, perché le persone si prendano cura della loro posizione previdenziale.
  • Aiutare quei collaboratori che per ragioni varie hanno acceso finanziamenti personali, comprendendone le ragioni e favorendo comportamenti attenti e responsabili.
  • Significa organizzare sistemi di sicurezza efficaci per ridurre il rischio di infortuni e malattie.
  • Prendersi cura dell’alimentazione e della salute delle persone per ridurre il rischio di malattie.
  • Favorire la mobilità dei lavoratori e aiutare i collaboratori nella ricollocazione, organizzando corsi di formazione upskilling e reskilling anche durante il lavoro.

Significa tutto questo e sicuramente molto altro.

Sì, è vero, poi c’è il lavoro, i risultati, gli obiettivi, il margine, eccetera eccetera.

Ma se non abbiamo persone che amano quello che fanno e che stanno bene quando sono al lavoro, non andremo mai molto lontano.

Solo un’azienda concepita come una comunità costruita sulla fiducia e il rispetto dei lavoratori può puntare alle vette più elevate.

 

 

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