In Italia esiste il diritto alla disconnessione?

(foto Shutterstock)

Reperibilità e connessione ininterrotte rischiano di compromettere equilibrio vita-lavoro e salute dei lavoratori. Anche il lavoro da remoto deve rispettare i tempi di riposo e i limiti dell’orario lavorativo

I RISCHI DI REPERIBILITÀ E CONNESSIONE DIGITALE ALWAYS ON

La tecnologia costituisce un’opportunità di facilitazione del lavoro, favorendo produttività ed efficienza, permettendo reperibilitàconnessione, non solo potenziali, ma di fatto, ininterrotte, always on. Ciò è emerso con estrema evidenza durante l’emergenza Covid-19, durante la quale milioni di lavoratori si sono ritrovati a svolgere le loro mansioni da remoto, in smart working.

Una connessione continua, tuttavia, rischia di compromettere quel work-life balance che è tra i presupposti dell’istituto del lavoro agile. Una tendenza di cui da più parti sono stati evidenziati gravi rischi per la salute dei lavoratori.

In questo contesto si inserisce l’esigenza di tutelare la disconnessione, in virtù della quale il lavoratore deve essere protetto da una potenziale perenne connessione, senza che ciò abbia ripercussioni sul piano retributivo o incidere sul corretto adempimento della prestazione lavorativa, con conseguenze sul piano disciplinare.

LA DISCONNESSIONE NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO

La legge 81/2017 sul lavoro agile che ha introdotto lo smart working ha ridisegnato il concetto di subordinazione, improntandolo a caratteri di flessibilità e autonomia ed è solo in questa disciplina normativa che la disconnessione è un istituto regolamentato.

A tale proposito, l’art. 19, comma 1, dispone che l’accordo sullo smart working debba contenere, oltre ai tempi di riposo del lavoratore, anche “le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.

Il legislatore italiano, pertanto, pur senza qualificare espressamente la disconnessione come un “diritto”, come ad esempio lo hanno riconosciuto l’ordinamento francese e spagnolo, ha previsto un argine al fenomeno dell’always on.
Al momento però la disconnessione è stata introdotta solo per gli smart worker che svolgono la propria prestazione lavorativa senza precisi vincoli di orario entro i soli “limiti di durata massima dell’orario giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge o dalla contrattazione collettiva”.
In questi casi, la disconnessione è riferita principalmente alla disciplina dell’orario di lavoro, ancorata a livello costituzionale per quanto attiene alla durata della prestazione e ai riposi.

In ogni caso, attesa la scarna previsione normativa, unitamente all’assenza di regolamentazione collettiva in materia, la disciplina della disconnessione rinvia alla contrattazione individuale e viene assicurata, in particolare, garantendo 11 ore consecutive di riposo giornaliero (ex art. 7 del d.lgs. 66/2003).

LA DISCONNESSIONE DURANTE L’EMERGENZA COVID

Nell’attuale situazione di emergenza l’obbligo di accordo scritto con il lavoratore agile è temporaneamente sospeso, ciò non significa che il datore di lavoro non debba garantire al lavoratore i diritti previsti dalla legge e in primis la tutela alla disconnessione, anche se ciò non risulta essere una costante.

Un tentativo di dare forma e contenuto al diritto alla disconnessione si rinviene comunque all’interno di singole realtà aziendali virtuose, come Coca Cola, le quali, nelle prime esperienze applicative, hanno stilato delle linee guida aziendali. Un “galateo” in cui vengono stabilite per tutti i lavoratori agili alcune norme quali, ad esempio, il diritto-dovere di non rispondere a telefonate, e-mail e messaggio d’ufficio, di non telefonare e inviare e-mail o messaggi fuori degli orari lavorativi previsti, oltre che nelle giornate di sabato, domenica e festivi; nonché il diritto alla disconnessione durante la pausa pranzo e il divieto di lavoro in orario notturno.

A CHE PUNTO SIAMO IN ITALIA

È comune nell’esperienza che stiamo vivendo come la tecnologia stia comportando potenzialità e rischi.
La tutela della disconnessione in Italia, allo stato, si regge su uno scarno impianto normativo che, da un lato, dà luogo a profili di disparità di trattamento, in quanto non viene espressamente qualificato come diritto rispetto alla regolamentazione di altri paesi europei, dall’altro, non si applica a tutti i lavoratori ma esclusivamente agli smart worker.

È quindi auspicabile e atteso un riconoscimento normativo e una tutela più ampia e generale di questo nuovo “diritto digitale”.

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