Come e quanto dormiamo influisce su performance lavorativa. L’esperto nello studio del sonno, Jacopo Vitale, spiega cosa fare per un riposo efficace
La qualità del riposo notturno si riflette sulla vita di ogni giorno, determinando anche l’efficacia delle nostre performance sul lavoro, nello sport e, in generale, sulle molte attività che ci vedono impegnati quotidianamente. Avere dipendenti e collaboratori che riposano adeguatamente durante la notte, rappresenta un valore anche per le organizzazioni aziendali, che possono attuare misure concrete per favorire una diversa cultura del sonno.
Questo è stato il tema del secondo dei tre incontri organizzati da SHR Italia, con il Patrocinio di Università Vita – Salute San Raffaele, dedicati al rapporto tra salute e lavoro, Lectures Series 2021.
Le lectures sono state inserite nel progetto di ricerca “Behavior Change: Green, Healthy, Fair”, e hanno coinvolto alcuni dei protagonisti del mondo accademico e della ricerca.
Forte di un’esperienza importante nella ricerca sull’argomento, a raccontare quanto influisca il riposo notturno sulle nostre vite è stato Jacopo Vitale, responsabile del Laboratorio del Movimento e delle Scienze dello Sport dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, che ha saputo portare il suo contributo per migliorare la performance di grandissimi atleti, nell’ambito della competizione olimpica.
«Mi occupo dello studio del sonno negli atleti professionisti – ha spiegato Jacopo Vitale – . Il riposo notturno è il principale dei processi di recupero, ed è un fattore determinante per le performance umane. In particolare, nel contesto della preparazione all’ultima Olimpiade, gli atleti Gianmarco Tamberi, Antonella Palmisano, Massimo Strano e Martina Caironi, hanno voluto partecipare ad un gruppo di lavoro che abbiamo condotto insieme alla Federazione Italiana Atletica Leggera, con l’obiettivo di migliorare la qualità del sonno degli atleti.
Si sono sottoposti al monitoraggio un centinaio di notti, in due anni, arrivando poi a vincere la competizione olimpica. Un risultato raggiunto grazie, indiscutibilmente, al loro talento, e alla loro preparazione, che ha compreso anche l’attenzione ad un sonno ristoratore».
«Dovremmo dormire dalle 7 alle 9 ore, pari al 30% della nostra vita, un volume ampio che ci fa capire quanto sia importante il sonno nella nostra esistenza –, chiarisce da subito Jacopo Vitale –. Non conta solo la quantità, ma anche la qualità del riposo notturno, ovvero quanto il sonno è stato efficace in rapporto alle ore dormite: questo parametro dovrebbe superare l’85%.
Esistono delle “strategie di igiene del sonno”, quei comportamenti non invasivi e non farmacologici che influenzano la qualità del sonno. Vengono racchiuse in 3 macroaree: la prima riguarda l’ottimizzazione della stanza da letto. La camera deve essere buia, in quanto la luce inibisce la produzione di melatonina, che è l’ormone che ci fa addormentare. Deve essere fredda: la temperatura ideale è compresa tra i 18 e i 22 gradi, dato che l’abbassamento della temperatura corporea determina l’aumento di melatonina.
La seconda macroarea riguarda la corretta routine serale: è fondamentale il timing che va dalla cena al coricamento, e che deve essere quanto più ampio possibile. Attenzione, poi, all’uso dei device elettronici: la retroilluminazione degli schermi viene classificata come una luce blu, che è la più disturbante di tutte per il nostro ipotalamo, e quindi non favorisce l’addormentamento. Importante è anche mantenere stabili gli orari di sveglia e di addormentamento, affinché non subiscano oscillazioni molto grandi, e avere un corretto stile di vita, evitando il consumo di caffeina e alcol, e praticare un’attività fisica».
«Il sonno interviene in un ambito molto vasto delle nostre funzioni: consolida la memoria, favorisce i processi di apprendimento e i processi cognitivi, in generale. Regola l’emotività, interviene nel sistema endocrino. Chi dorme male – spiega Vitale –, aumenta i tempi di reazione, ha un’alterata capacità di prendere decisioni, e una percezione alterata dello sforzo. Non solo: chi è stressato dorme male, ma se dorme male ansia e stress peggiorano, creando un circolo vizioso che mette a rischio la salute. Chi dorme poco presenta, quindi, livelli alti di cortisolo, l’ormone responsabile dello stress, e subisce un’alterazione del sistema immunitario».
Quali possono essere gli effetti di un sonno poco efficace, sulle performance lavorative? Jacopo Vitale lo illustra molto chiaramente: «Una restrizione del sonno, o una scarsa qualità, può determinare un maggiore livello di aggressività e impulsività, una minore capacità di cooperazione all’interno di un team di lavoro, una scarsa capacità di prendere decisioni efficaci e risolvere problemi in tempi rapidi.
Dagli studi condotti quando, in occidente, l’uomo lavora, dorme mediamente meno, va a letto prima e si sveglia nettamente prima rispetto ad una giornata di ferie. Il fatto di dormire di più durante il week end, da una parte consente di avere un po’ di recupero del riposo rispetto alla settimana di lavoro, ma dall’altra evidenzia la particolare condizione di jet leg sociale: i ritmi imposti dalla vita lavorativa non collimano con i ritmi biologici dell’individuo, e con il suo cronotipo.
Se si verifica una discrepanza di due o tre ore tra le ore dormite durante la settimana lavorativa, e quelle dormite durante il week end, si è in presenza del jet leg sociale, e non va bene. Il 52% dei partecipanti allo studio ha dichiarato di dormire nettamente in meno durante i giorni lavorativi, rispetto al week end.
Rispettare il cronotipo – spiega Jacopo Vitale –, equivale a migliorare la performance di ognuno. Più ore si lavora, meno si dorme, ma meno si dorme, peggiore è la performance lavorativa. Chi dorme poco, aumenta la possibilità di commettere errori nel proprio lavoro.
Tra il 70 e l’80% dei manager delle aziende occidentali dichiarano di dormire male e avere risvegli notturni, con un calo inevitabile della qualità del sonno. Hanno livelli di affaticamento mentale diurno dettati dalla restrizione di sonno: si osserva soprattutto nei senior manager e ceo, e meno nei junior e nelle figure non apicali.
In Giappone, la scarsa qualità del sonno e la quantità alterata, sono state associate al calo della produttività: il costo di questo calo si aggira attorno ai 2.000 dollari l’anno per ogni dipendente. Sempre nell’ambito delle ricerche svolte su sonno e performance, uno studio ha preso in esame i giocatori di basket dell’NBA, li ha fatti dormire meno di 5 ore, per poi sottoporli all’allenamento il giorno dopo. Su un totale di 60 tiri liberi, in condizioni di restrizione di sonno, hanno evidenziato un calo del 7% nella realizzazione del tiro libero. Dormire poco, anche solo per una notte, può voler dire sconfitta per l’intera squadra».
Tra gli strumenti a disposizione per studiare e monitorare la qualità del sonno, c’è l’actigrafo, un apparecchio simile ad un braccialetto che, una volta indossato, registra i battiti cardiaci durante il riposo, e diversi altri parametri vitali che segnalano se il sonno sia efficace o meno. «Si tratta di un dispositivo medico utilizzato per fare diagnosi, che consente di osservare il sonno in una real life condition – racconta Jacopo Vitale –. La persona lo indossa al polso, e registra fino a due mesi consecutivi.
Una delle soluzioni possibili per recuperare il sonno perduto o inefficace, è il cosiddetto ‘napping’, comunemente detto ‘pisolino’. Estendere il periodo di sonno anche attraverso il napping può essere efficace per mantenere alta la performance cognitiva e lavorativa. Un lavoratore su 4 vorrebbe poter fare il pisolino in una pausa durante il periodo lavorativo.
Fisiologicamente il napping è positivo, ma bisogna definire la durata: se è breve e circoscritto fa bene, ed è opportuno non farlo troppo tardi nel corso della giornata. In particolare, andrebbe fatto tra le 13 e le 16, non troppo vicino alla sveglia del mattino, nè al coricamento, dovrebbe avere una durata ideale tra i 20 e i 90 minuti, e una volta svegli è necessario trascorrere almeno 30 minuti senza fare attività, siano esse cognitive o fisiche».
Tra le possibili soluzioni attuabili dalle aziende, per aiutare dipendenti e collaboratori a migliorare il proprio riposo notturno: sessioni di educazione, informazione e diffusione, primo passaggio da fare in termini pratici. «È un primo passo per iniziare a cambiare le proprie abitudini – conclude Vitale –. Adottare orari di lavoro diversi in base alla tipologia circadiana, come alcune realtà hanno fatto in Francia anche nell’istruzione, può essere una provocazione molto interessante: hanno visto che, semplicemente ritardando l’orario di inizio della scuola, i livelli di attenzione degli studenti aumentavano.
Le aziende potrebbero valutare un investimento in actigrafi, per esempio, o semplicemente valutare la sensazione di sonnolenza e di fatica percepita dai lavoratori, con dei questionari. Un dato più facile, che potrebbe quantificare il rapporto tra qualità del sonno e performance lavorativa».
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