Una forza lavoro multigenerazionale è un valore aggiunto, ma va gestita in base alle diverse aspettative
Nel mercato del lavoro oggi convivono quattro generazioni: i cosiddetti Baby Boomer o Boomer (nati tra il 1946 e il 1960), i Gen X (nati tra il 1961 e il 1979), i Gen Y o Millennial (nati tra il 1980 e il 1996) e i Gen Z o Centennials, i più giovani (nati tra il 1997 e il 2012).
Generazioni cresciute in momenti storici e contesti sociali che attraversano quasi un secolo, a cavallo tra la fine del 1900 e gli anni 2000, con aspettative, valori, modi di lavorare e stili di apprendimento diversi, ma anche con dei tratti in comune.
Sulle varie generazioni aleggiano molti stereotipi. Per approfondire le idee dei vari gruppi riguardo il lavoro, nel corso degli anni sono stati condotti studi e indagini: Harvard Business Review, ad esempio, ha effettuato una ricerca in Italia nel 2018 per capire cosa sia importante nel lavoro per tutte le generazioni, quali siano le loro aspettative e quanto esse siano o non siano soddisfatte.
Il campione ha interessato 1.600 persone (67% uomini), di cui il 61% Gen X, il 30% Millennial e il 9% Baby boomer.
Più di recente, nuove ricerche hanno preso in considerazione anche le idee della Gen Z: nel 2022, Randstad ha intervistato oltre 6.000 lavoratori italiani di tutte le generazioni per provare a capire le loro priorità nel mondo del lavoro.
Report simili sono stati pubblicati anche da ADP e Gallup.
I Gen X oggi sono nella fascia tra i 40 e i 58 anni, hanno vissuto l’adolescenza in anni più tranquilli rispetto ai Millennial, ma comunque ambigui, perché caratterizzati da stagnazione economica, aumento del tasso di disoccupazione, crisi politica in Italia e tentate manovre fiscali, Tangentopoli e la Mafia, i disastri di Chernobyl e dello Space Shuttle Challenger.
Sono equilibrati, informali, divertenti e indipendenti. Il loro punto di forza nel lavoro è l’organizzazione, dando anche molta importanza al tempo: secondo i risultati di Randstad, infatti, la priorità per la Generazione X nella scelta di un datore di lavoro è la distanza casa-ufficio.
Insieme ai Baby boomer, i Gen X sono la generazione più insoddisfatta rispetto a ciò che le organizzazioni possono dare loro. Al tempo stesso, però, sembrano anche essere sicuri del loro talento: sempre Randstad ha rilevato che i Gen X hanno meno timore di perdere il lavoro rispetto ai Gen Z e ai Millennial.
I Baby boomer, invece, sono la generazione più “matura”: hanno tra i 59 e i 78 anni e sono cresciuti negli anni ’60 e ’70, periodo di malcontenti e battaglie.
Hanno vissuto l’assassinio di John e Robert Kennedy e Martin Luther King Jr., la Guerra Fredda, la Guerra del Vietnam, il Movimento dei diritti civili, le contestazioni studentesche, la rivoluzione culturale in Cina e lo sbarco sulla Luna.
Secondo le ricerche di ADP, sono ambiziosi, idealisti, competitivi e fedeli. Lo stacanovismo è ciò che li rende più forti sul lavoro e il successo è ciò a cui ambiscono.
Non badano troppo all’orologio e preferiscono concentrarsi sul lavoro “a testa bassa”. Le loro priorità sono uno stipendio competitivo (55%), ma soprattutto un lavoro che li soddisfi (60%).
Anche se spesso sono poco considerati dai propri superiori, si dimostrano estremamente leali, riflettendo un’epoca in cui il rapporto con il lavoro era più rigido e formale.
Inoltre, diversamente dai colleghi più giovani, “solo” il 45% dei Baby Boomer ritiene di essere sottopagato.
I Millennial oggi hanno tra i 28 e i 39 anni, e la loro adolescenza è stata segnata da eventi drammatici e imprevedibili come il terrorismo a New York, Madrid, Londra, Parigi, Istanbul, Nizza, Monaco, Berlino e Bruxelles e da disastri naturali come l’uragano Katrina, i terremoti dell’Aquila, di Haiti e in Giappone.
Sono individualisti, non focalizzati, ambiziosi e liberi. I loro punti di forza sono il multitasking e lo spirito critico.
I Millennial sono più esigenti e ottimisti rispetto a ciò che un’azienda può dare loro, probabilmente a causa di un “effetto generazionale”, stima HBR, ossia a causa della giovane età e della mancanza di seniority. Più della metà, secondo ADP, ritiene più importante uno stipendio competitivo rispetto alla sicurezza del proprio posto di lavoro.
I Millennial sono invece allineati ai colleghi più anziani (Gen X e Baby boomer) riguardo l’importanza di sviluppo e formazione. A dimostrazione di ciò, il fatto che siano più disposti a rifiutare un’offerta di lavoro se questa non include opportunità legate a ciò: per quasi l’80% dei Millennial intervistati da Randstad, la formazione e lo sviluppo sono valori fondamentali.
Rispetto alle altre generazioni, i Millennial sono più impazienti e hanno una forte autostima, caratteristiche che li portano a essere insoddisfatti di tempi e modalità di crescita professionale.
Molti di loro, inoltre, si sentono incompresi: quasi il 35% pensa che il proprio capo non capisca la loro generazione, e oltre il 60% decide di tenere nascosti aspetti personali ai colleghi.
I più giovani sul mercato del lavoro, la generazione Z è composta da persone nate tra il 1997 e il 2012, che attualmente hanno tra i 12 e i 27 anni. Sono cresciuti in un periodo segnato da eventi globali come la crisi economica del 2008 e la pandemia di COVID-19, che hanno profondamente influenzato il loro approccio al lavoro.
La generazione Z è abituata a un mondo iperconnesso e in costante cambiamento, tende a mettere in discussione le strutture tradizionali del lavoro e a cercare ambienti più flessibili e innovativi.
Come rivela Gallup, una delle priorità principali per i Gen Z è l’equilibrio tra vita lavorativa e personale. Non si accontentano di stipendi competitivi: vogliono anche sentirsi coinvolti, sostenuti e valorizzati all’interno dell’azienda. Riconoscimento e trasparenza sono fattori cruciali per mantenere alta la loro motivazione. Inoltre, vogliono sentirsi parte di un’organizzazione con valori che rispecchiano i propri, come la sostenibilità e la diversità.
Essendo nativi digitali, i Gen Z danno priorità a strumenti tecnologici efficienti e modalità di lavoro moderne. Sono più propensi ad adottare il lavoro da remoto e cercano opportunità di crescita professionale costante, con un’attenzione particolare alla formazione continua. Le aziende che investono nello sviluppo delle loro competenze hanno maggiori probabilità di attrarli e trattenerli.
Per coinvolgere al meglio i Gen Z, i datori di lavoro devono offrire più di un semplice stipendio: servono cultura aziendale inclusiva, strumenti innovativi e opportunità di crescita.
La collaborazione tra generazioni diverse rappresenta una sfida e un’opportunità per le organizzazioni, che devono rivedere processi HR e ruoli manageriali per valorizzare il contributo di ciascun gruppo.
I Baby Boomer e la Generazione X, che oggi costituiscono la maggior parte dei ruoli manageriali, sono portatori di un bagaglio di esperienza consolidato e di una visione tradizionale delle dinamiche lavorative. Con l’avanzare dell’età lavorativa, il loro contributo rimane cruciale, soprattutto per garantire un passaggio efficace del testimone alle generazioni successive.
Le loro aspettative sono spesso meno deluse rispetto a quelle di Millennial e Gen Z, poiché hanno imparato ad adattarsi a contesti aziendali consolidati e, grazie alla seniority, non ripongono più grandi speranze nel sistema aziendale. Per questo, investire in strategie di engagement per gli over 40 resta una priorità.
La Generazione Z, d’altro canto, porta una ventata di innovazione e cambiamento, ma richiede alle aziende un approccio diverso. Questi giovani sono cresciuti in un’epoca dominata da cambiamenti tecnologici rapidi, crisi economiche e una maggiore attenzione al benessere psicologico.
Non sorprende che cerchino flessibilità, equilibrio tra vita e lavoro e valori aziendali autentici. A differenza dei Baby Boomer e della Gen X, i Gen Z sono più propensi a mettere in discussione le gerarchie e preferiscono lavorare in team in cui la comunicazione sia aperta e bidirezionale. Per loro, i manager ideali non sono figure autoritarie, ma coach che li guidano nel loro percorso di crescita.
Le organizzazioni devono adattarsi a queste nuove esigenze offrendo strumenti tecnologici all’avanguardia e ambienti lavorativi inclusivi. Inoltre, i Gen Z danno grande importanza alla coerenza tra i valori dichiarati dall’azienda e le sue azioni, soprattutto in ambiti come la sostenibilità e la diversità. Ignorare queste aspettative potrebbe portare a tassi di turnover elevati, data la loro inclinazione a cambiare realtà se non trovano ciò che cercano.
Per costruire un luogo di lavoro realmente efficace, è necessario promuovere una cultura che valorizzi il contributo unico di ogni generazione. Se i Baby Boomer e la Gen X offrono stabilità e esperienza, i Millennial portano energia e ambizione, mentre i Gen Z spingono verso l’innovazione e una maggiore etica aziendale. Solo con una gestione intergenerazionale consapevole le aziende potranno affrontare con successo le sfide future.
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