Le imprese possono creare asili interni o fare accordi con strutture esterne del territorio. Il commento di Fabio Streliotto, co-founder di Innova srl
Le strutture dedicate ai minori interne alle imprese, nello specifico asili nido e scuole per l’infanzia, nascono solitamente nelle grandi aziende con l’obiettivo di aiutare i dipendenti genitori a conciliare meglio impegni familiari e vita professionale.
Come forma di welfare aziendale, rappresentano anche uno strumento di miglioramento del clima interno, del benessere dei dipendenti, e per la promozione dell’immagine aziendale.
Nelle intenzioni, questo tipo di iniziative di sostegno alla gestione familiare agevolano i genitori in diversi modi: facendo risparmiare tempo e stress negli spostamenti per accompagnare e riprendere i figli all’asilo; accorciando i tempi di rientro delle lavoratrici dalla maternità, che possono tornare al lavoro a cuor più leggero considerata la vicinanza dei figli; fidelizzando i dipendenti all’azienda, e favorendo le possibilità di carriera per le donne.
Le strutture dedicate ai figli dei dipendenti non sono ancora molte in Italia, nel caso degli asili nido aziendali sono solo 220 su 11.017 totali (dati Istat su anno scolastico 2016/2017), in un contesto in cui, si legge nel rapporto Istat, «I posti disponibili coprono il 24% del potenziale bacino di utenza (bambini residenti sotto i 3 anni). Tale dotazione è ancora sotto al parametro del 33% fissato dall’Unione europea per sostenere la conciliazione della vita familiare e lavorativa e promuovere la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro».
L’offerta del settore pubblico è insufficiente e gli asili privati sono costosi. Inoltre l’Istat ha registrato che dal 2011/2012 è sceso il numero dei bambini iscritti nei servizi educativi comunali e convenzionati, forse anche a causa delle difficoltà economiche delle famiglie. Dal 2012 si sono ridotte anche le risorse pubbliche disponibili sul territorio.
Tra le aziende dotate di nido aziendale ci sono Nestlè, Ferrero, Artsana Group, Chicco, Pirelli, Ferrari, Deutsche Bank, Unicredit, BNL, Intesa San Paolo, Banca Mediolanum, Fiat, e ancora Telecom, Vodafone e Wind.
In alternativa alla creazione di veri e propri asili aziendali, le imprese possono allacciare collaborazioni con strutture esterne. Ne abbiamo parlato con Fabio Streliotto, co-founder di Innova srl, società di consulenza specializzata in servizi di welfare di comunità.
Nell’ottica di un utilizzo del welfare come strumento che, oltre a mirare al benessere del lavoratore, possa essere utile anche allo sviluppo del territorio e della comunità, per Streliotto risulta più interessante che le aziende facciano degli accordi con gli asili nido o le scuole materne territoriali piuttosto che avviarli internamente.
«Un asilo nido aziendale può contribuire a farne morire un altro nel territorio, e considerato l’abbassamento della natalità che abbiamo in Italia questo rischio è elevatissimo. Sottoscrivendo degli accordi con asili esterni, le imprese possono richiedere la “prenotazione” di un numero di posti all’anno per i loro dipendenti, un tipo di azione che rappresenta anche un risparmio, perché creare e gestire una struttura ha costi molti alti. In aggiunta, questi accordi contribuiscono a mantenere un servizio nel territorio e a renderlo disponibile anche agli altri cittadini. Lato azienda inoltre, i servizi a beneficio della collettività possono essere comunicati come responsabilità sociale d’impresa.
Dalle nostre interviste ai lavoratori nell’ambito dei progetti seguiti da Innova, è emersa un’altra problematica. Gli intervistati generalmente preferiscono avere la scuola materna e l’asilo nido vicino a casa. Il motivo risiede in questo: quando il bambino non sta bene, ovviamente non può rimanere nella struttura e non può nemmeno essere portato in ufficio o in produzione dai genitori. Se invece l’asilo è vicino a casa, un parente può eventualmente andare a prenderlo e occuparsi di lui.
Altra situazione tipo: quando i genitori sono a casa dal lavoro, per portare il bambino all’asilo devono andare in azienda e poi tornare a casa. O ancora, se il genitore cambia datore di lavoro, perde anche il servizio per il figlio, e l’iter per il cambio di asilo poi non è semplicissimo.
La scelta dei lavoratori quindi – conclude Streliotto – è normalmente quella di avere il servizio vicino a casa, non nell’azienda o vicino all’azienda. Questo significa che, se in un’impresa ci sono lavoratori residenti in vari comuni, è preferibile fare eventualmente più accordi con più asili in luoghi diversi, piuttosto di centralizzare tutto nell’impresa stessa».