Donne e lavoro: un binomio ancora in divenire

Donne e lavoro: un team di donne di diverse età
(foto Shutterstock)

Quanta strada è stata fatta negli ultimi anni sull’occupazione femminile? E quanto resta ancora da fare?

È ancora lunga e difficile la strada da percorrere per azzerare le diseguaglianze che continuano a esistere in termini di genere, e, soprattutto, di disparità salariale

L’obiettivo primario è rompere il soffitto di cristallo, facendo in modo che sempre più donne possano occupare posizioni di vertice e dare così maggiore spazio a modelli di leadership femminile

È bene però fare un passo indietro e valutare l’evoluzione normativa e i dati occupazionali e retributivi dell’intera popolazione femminile: ne traiamo alcune riflessioni utili per sottolineare dove ci troviamo oggi. 

È vero, molti passi sono stati fatti in questi ultimi anni: alcuni dati sono molto positivi. In particolare la legge si è evoluta molto nell’ambito delle politiche di conciliazione vita-lavoro, che hanno iniziato a influire positivamente sull’occupazione. Su altri aspetti, però, i dati ci dicono che siamo ancora fermi

Le politiche di conciliazione tra i motivi della crescente occupazione

L’adozione in questi anni di politiche di conciliazione più marcate è la lente attraverso la quale vedere i dati sull’occupazione, in netta crescita nel 2024. Ma le prime politiche di conciliazione risalgono a più di vent’anni fa

Il primo passo è stato fatto con la messa a disposizione delle risorse del Fondo per le politiche per la famiglia, previsto dall’art. 9 della legge n. 53/2000. Questo fondo ha favorito – molto prima dell’introduzione delle agevolazioni fiscali connesse all’adozione dei piani di welfare – le prime sperimentazioni in termini di welfare organizzativo, ponendo all’attenzione degli operatori e delle imprese quanta importanza rivesta per l’individuo la possibilità di lavorare in un ambiente attento alle responsabilità genitoriali e familiari che ciascuno porta con sé, ogni giorno, nel proprio ambiente di lavoro.

Passi avanti sulle politiche della famiglia

Su queste basi sono poi intervenute le prime sperimentazioni normative del congedo di paternità obbligatorio, introdotto nel 2012 dalla legge Fornero. La misura oggi è diventata strutturale per effetto delle modifiche dirette apportate al TU maternità dal D.Lgs. n. 105/2022, attuativo della Direttiva UE 2019/1158 sul miglioramento dell’equilibrio tra attività professionale e vita familiare

Per non parlare della maggiore attenzione ai compiti di cura che ha influenzato sia le modifiche a più riprese intervenute nella disciplina dei permessi per la disabilità, ai sensi della L. n. 104/1992, sia la stessa modifica della disciplina del lavoro agile (art. 18-23 L. n. 81/2017).

I dati sull’occupazione sono in crescita

In parallelo con l’evoluzione normativa, la narrativa su donne e lavoro è cambiata progressivamente. È il segno evidente che a tutti i livelli c’è una diversa sensibilità sul tema. Abbandonando retaggi culturali e difficoltà strutturali e regionali, questa narrativa ha contribuito da un lato – seppure con una certa qual lentezza – a una progressione in crescita dei dati sull’occupazione (nota FSCDL di Marzo 2024) e dall’altro ha a sua volta influenzato positivamente la stessa evoluzione normativa della materia. 

E ciò sul presupposto – accettato ormai a livello globale – che l’inclusione delle donne in tutti i settori dell’economia e a tutti i livelli può avere effetti positivi in termini di:

  • competitività, innovazione e profitto;
  • rafforzamento dell’economia e maggiore stabilità sociale;
  • sviluppo sostenibile (a patto di avere un più incisivo accesso alle lauree STEM);
  • miglioramento generale della vita di donne, uomini, famiglie e comunità.

I compiti di cura pesano ancora molto sulle donne

Gli anni della pandemia ci hanno messo di fronte a quanto siano pesanti e impegnativi i compiti di cura e come la flessibilità nell’organizzazione del lavoro e l’adozione di politiche di conciliazione consentano a donne e uomini di gestire al meglio gli impegni familiari e le responsabilità di lavoro (Women in business: How employer and business membership organizations drive gender equality, Geneva: International Labour Office, 2024). 

Le stesse rilevazioni confermano per contro come siano sempre le donne a sostenere sulle proprie spalle – insieme al lavoro, quando c’è – l’attività di assistenza non remunerata di altre persone e il peso delle responsabilità familiari e domestiche. 

Il peso della cura ha conseguenze sulla progressione di carriera

Queste responsabilità assorbono tempo ed energie e spesso determinano come diretta conseguenza l’accettazione di lavori meno remunerati rispetto a quelli degli uomini, come il part-time (spesso involontario), se non addirittura, in molti casi, l’abbandono temporaneo o definitivo del lavoro alla nascita dei figli (Gender Equality Index 2023 stilato dall’EIGE – European Institute for Gender Equality).  

Se la normativa in questi anni ha agevolato grandemente le politiche di conciliazione con influenza positiva sulle prospettive occupazionali (v. i dati diffusi dall’ISTAT a gennaio 2024 sull’andamento dell’occupazione e disoccupazione femminile nel periodo 2019-2024), è invece sul fronte retributivo che bisogna ancora lavorare molto

La ricchezza è ancora impari 

In questo scenario è la parità retributiva – il Gender Pay Gap – che soffre ancora molto, perché con l’aumentare dell’età continua a crescere anche il divario retributivo di genere uomo-donna. La crescita degli impegni familiari, infatti, porta in molti casi a sospendere il lavoro nelle fasi iniziali della carriera alla nascita dei figli oppure a optare per rapporti di lavoro part-time. 

Con meno denaro da investire e carriere frammentate, le donne si trovano così a maggior rischio di povertà in età pensionabile. La recente Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza retributiva mira proprio a intervenire in questi ambiti e ha l’aspirazione di contribuire a invertire questa tendenza. L’obiettivo della Direttiva è quello di obbligare le aziende a comunicare già in fase in colloquio i dati economici relativi alla posizione offerta. In questo modo si vogliono evitare differenze retributive fondate sul genere già in fase di ingresso. 

Dalla trasparenza alla progressione di carriera 

Una volta perfezionata l’assunzione, la Direttiva prevede, tra le altre cose, la previsione di poter accedere alle informazioni sui criteri utilizzati per determinare la progressione retributiva e di carriera

Questi criteri devono essere fondati su dati oggettivi e devono pertanto essere neutri sotto il profilo del genere, con il ribaltamento in capo al datore di lavoro dell’onere della prova nel caso in cui dovessero emergere forme di disparità

Questo è in linea, peraltro, con l’evoluzione generale della legislazione in materia di discriminazioni. Uno strumento che dovrà essere messo alla prova dei fatti, ma fondamentale per dare attuazione ai principi di equità che sono alla base di tutte le politiche di genere.

 

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