Orari di lavoro sostenibili per la salute psico-fisica del personale

Orari di lavoro sostenibili

La sostenibilità degli orari di lavoro è uno dei temi cruciali della componente Social dei parametri ESG, anche al di là degli obblighi di redazione del bilancio di sostenibilità

Dare evidenza ai propri modelli di business

Con la Direttiva UE 2022/2464 del 14 dicembre 2022 (CSRD) – attuata in Italia con il D.Lgs. n. 125/2024 – è stato introdotto un nuovo quadro normativo per la rendicontazione societaria di sostenibilità. Questo strumento trasforma i criteri normalmente legati alla rendicontazione finanziaria in obiettivi trasversali e non finanziari, ampliando il campo d’indagine.

Parallelamente, il Regolamento UE 2023/2772, entrato in vigore nel 2024, ha definito gli standard uniformi di rendicontazione (ESRS – European Sustainability Reporting Standards). Questi standard si concentrano su tre ambiti chiave:

  • Ambiente (Environmental);
  • Persone (Social);
  • Comportamenti (Governance).

L’obiettivo è evidenziare come aziende e investitori integrano gli obiettivi Ambientali, Sociali e di Governance (ESG) nei loro modelli di business, promuovendo una gestione sostenibile e trasparente.

Con quali principi?

All’interno degli ESRS (European Sustainability Reporting Standards), particolare attenzione viene data alla componente Social(S) dei principi tematici, soprattutto per quanto riguarda la gestione del rapporto di lavoro.

Il Regolamento UE 2023/2772 prevede tre categorie di ESRS:

  • principi trasversali, validi per tutte le imprese;
  • principi tematici (Ambientali, Sociali e di Governance);
  • principi settoriali, specifici per ogni settore.

I principi trasversali e tematici hanno un’applicazione intersettoriale, cioè riguardano tutte le imprese, indipendentemente dal settore di appartenenza.

Con riferimento alla componente Social(S) dei principi tematici, il Regolamento identifica quattro aree chiave per la rendicontazione:

  • ESRS S1: forza lavoro propria (dipendenti e lavoratori diretti);
  • ESRS S2: lavoratori nella catena del valore (fornitori e collaboratori esterni);
  • ESRS S3: comunità interessate (stakeholder locali e sociali);
  • ESRS S4: consumatori e utilizzatori finali.

E con quali contenuti?

Tra i principi tematici definiti dagli ESRS, l’ESRS S1 – forza lavoro propria include vari sottotemi per definire il perimetro dell’indagine, tra cui le condizioni di lavoro. All’interno di queste, un ruolo centrale è riservato all’orario di lavoro.

Una politica attenta alla gestione dell’orario di lavoro è oggi fondamentale per dimostrare come questo elemento possa integrare efficacemente i criteri ESG, in particolare nella componente Social (S).

Ma cosa significa concretamente gestione dell’orario di lavoro? E come può diventare uno strumento di sostenibilità? Comprendere questo aspetto significa analizzare le modalità con cui le aziende organizzano e gestiscono il tempo lavorativo per favorire un equilibrio tra produttività, benessere dei dipendenti e impatti positivi sulla società.

Il ruolo della contrattazione collettiva

La contrattazione collettiva, in particolare quella di livello aziendale, rappresenta lo strumento principale previsto dalla legge per regolamentare e dare evidenza ai diversi aspetti della flessibilità sul lavoro.

Attraverso questa contrattazione, è possibile adattarne le componenti, come:

  • orario multi-periodale;
  • turni;
  • straordinari;
  • pause;
  • flessibilità in ingresso e uscita;
  • gestione dei permessi.

Queste regolazioni tengono conto sia delle esigenze dell’organizzazione aziendale che di quelle dei lavoratori. La flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro, così organizzata, diventa un elemento centrale per promuovere un luogo di lavoro sano e produttivo, capace di bilanciare al meglio le necessità aziendali e il benessere dei dipendenti.

Una regolazione propria per ogni organizzazione

La disciplina sull’orario di lavoro (D.Lgs. n. 66/2003) affida alla contrattazione collettiva il compito di adattare l’orario lavorativo con flessibilità, tenendo conto sia delle necessità organizzative dell’azienda che delle esigenze di conciliazione vita-lavoro.

L’orario di lavoro rappresenta uno degli strumenti principali per regolare la tua prestazione lavorativa ed è il parametro su cui si basa anche la tua retribuzione. Da una parte, il datore di lavoro ha bisogno di organizzare l’orario in funzione della produzione e delle sue esigenze operative. Dall’altra, tu hai diritto a limiti orari che tutelino la tua salute e ti permettano di preservare il tuo tempo libero, essenziale per il benessere personale.

Che favorisce anche la tutela del tempo di non lavoro

Negli ultimi anni, la prospettiva di tutela del tempo di non lavoro, in una logica di conciliazione vita-lavoro, ha dato vita ad alcuni tra i più innovativi accordi sindacali e sperimentazioni di benessere organizzativo. Queste iniziative, spesso legate alle politiche di welfare aziendale, si sono focalizzate anche sulla gestione dell’orario di lavoro.

Si va dall’efficientamento produttivo legato ai premi di risultato (L. n. 208/2015 e D.M. 25 marzo 2016), fino a modelli di gestione dei tempi di lavoro che, grazie alla contrattazione collettiva aziendale, puntano a garantire una riduzione dell’orario di lavoro senza ridurre la tua retribuzione.

E così anche il lavoro agile 

Anche l’adozione di forme di lavoro agile, in particolare nella modalità ibrida (parte in sede e parte fuori sede), risponde alla finalità di tutelare i tuoi tempi di non lavoro. Questo modello favorisce una gestione più flessibile dell’orario di lavoro, in linea con gli obiettivi della sua disciplina, che mira a “incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” (art. 18, c. 1 L. n. 81/2017).

Lo smart working, infatti, contribuisce a rendere più concreto l’equilibrio tra vita privata e professionale, migliorando il tuo benessere e favorendo un’organizzazione del lavoro più sostenibile.

Ma qual è oggi il ruolo del lavoro agile? E come si collega agli obiettivi di rendicontazione della sostenibilità, sia per quanto riguarda gli obblighi normativi che le iniziative volontarie?

Con quali implicazioni ESG?

Sempre nell’ambito dell’ESRS S1 – Forza lavoro propria, accanto al tema dell’orario di lavoro, rientrano anche le Condizioni di lavoro e l’Equilibrio tra vita professionale e vita privata. È ormai evidente come l’adozione di modelli organizzativi che favoriscono il raggiungimento di questo equilibrio rappresenti un’innovazione nella gestione del rapporto di lavoro.

Questi modelli non solo migliorano il tuo benessere, ma rispondono anche alle metriche di sostenibilità, obbligatorie e volontarie, che regolano la rendicontazione non finanziaria. Integrare queste soluzioni nel lavoro quotidiano significa promuovere un ambiente professionale più sostenibile e competitivo, con vantaggi sia per te che per l’organizzazione.

Uno strumento ancora valido

I dati più recenti dell’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano evidenziano come il lavoro agile, sia nella sua forma tradizionale a giornata fissa, sia nella modalità di lavoro ibrido (parte in sede e parte da remoto), resti uno strumento efficace per promuovere l’equilibrio vita-lavoro.

Nel 2024, in Italia, si registravano circa 3,55 milioni di smart worker, un dato in lieve calo rispetto al 2023 (-0,8%), ma ancora altamente significativo. Questo evidenzia la centralità di un modello organizzativo che non solo risponde alle tue esigenze di flessibilità, ma rappresenta anche una risorsa strategica in chiave ESG.

Il lavoro agile, infatti, continua a essere uno strumento richiesto e apprezzato, capace di integrare obiettivi di sostenibilità, benessere lavorativo e innovazione organizzativa.

 

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