I sindacati senza tessera dei lavoratori digitali

I sindacati senza tessera dei lavoratori digitali
(foto facebook.com/GameWorkers/)

Chiedono migliori condizioni di lavoro, ma anche equità, rispetto, la possibilità di non infrangere i propri principi etici. E muovono un consenso sempre maggiore

Non hanno tessere d’iscrizione, né una forma giuridica definita. Non portano le persone in piazza e raramente scioperano. Ma si muovono sui social network, da Slack a Whatsapp, raccogliendo adesioni in tutto il mondo. E spostano consenso nelle società tecnologiche più grandi al mondo. Sono i “sindacatidel big tech e della gig economy, nati proprio in seno alle realtà che sposano una gestione del personale moderna e innovativa, basata sulla gerarchia orizzontale e sulla cultura della fiducia. Un’organizzazione dove i sindacati tradizionali, proprio per la loro natura, faticano a trovare spazio. I lavoratori, tuttavia, sentono forte la necessità di veder tutelati i propri diritti: non parliamo solo di giusta retribuzione ma anche di parità di genere, non discriminazione, inclusione, lavoro etico. E nel tempo si sono organizzati in diverse associazioni che, pur condividendo lo spirito dei sindacati, sono profondamente diverse nella natura giuridica e nel modo di agire. Vediamone alcune.  

Google Alphabet e Amazon Anonymous

La più recente, che è anche la più simile ad un sindacato vero e proprio, è la Alphabet Workers Union, nata in Google a gennaio 2021. Per la sua attuale natura giuridica può esistere e agire regolarmente, ma non può obbligare l’azienda ad una contrattazione formale. Alphabet, del resto, più che sui contratti focalizza la sua attenzione sui principi di etica del lavoro e di non discriminazione. Si batte, inoltre, per la libertà di non lavorare a progetti non in linea con l’etica personale dei dipendenti. Se in Google c’è Alphabet, poi, in Amazon esiste la meno nota Initiative Amazon Anonymous, nata per costringere l’azienda a garantire migliori condizioni di lavoro. Secondo il magazine tedesco Brand Eins, raccoglie 200 mila persone in tutto il mondo

Game workers unite 

Nata in California, la Game Workers Unite riunisce sviluppatori e designer di videogiochi, sia dipendenti che freelance. Non scendono in piazza, ma organizzano campagne sui social che riescono ad avere un seguito considerevole. Tra le battaglie dei lavoratori del mondo “game” c’è quella per porre dei limiti al cosiddetto “crunch”, che alla lettera significa “scricchiolio”. Si intende il lavoro senza sosta, giorno e notte, a cui gli sviluppatori sono costretti nell’imminenza dell’uscita di un nuovo videogioco. Un altro movimento sindacale che raccoglie, più in generale, ingegneri informatici e sviluppatori di software è la Tech workers coalition, che si batte per un’industria della tecnologia più equa e inclusiva. 

Tech workers coalition
(foto facebook.com/TechWorkersCoalition)

Organise

Organise.org.uk nasce nel 2017 da un’idea di Nat Whalley e Bex Hay: non una vera e propria organizzazione sindacale, ma una piattaforma su cui i lavoratori possono riunirsi e sostenere insieme una causa. Sempre più imprese si organizzano in modo decentrato o per piattaforme, di conseguenza per i lavoratori è quasi impossibile riunirsi dal vivo e discutere. E questo succedeva già prima del covid, ormai è la normalità. Da Organise sono già partite molte battaglie, alcune delle quali hanno avuto successo: una lavoratrice inglese, ad esempio, ha ottenuto che i free lance non fossero più esclusi dai sussidi pubblici per il Covid-19. Un camionista, invece, ha conquistato per sé e tutti i colleghi il diritto ad andare a casa dopo un viaggio, senza dover rimanere in mensa in attesa di nuovi incarichi.  

Gig worker e Youtubers Union 

Non hanno un vero e proprio sindacato, ma hanno iniziato a far sentire la propria voce anche gli ormai moltissimi lavoratori della così detta gig economy: guidano taxy, consegnano pacchi, puliscono case e testano software a chiamata, scelti da un algoritmo. Hanno delle piattaforme digitali di riferimento, una di queste è Coworker, e da lì lanciano campagne. Alcune sono state vittoriose, ad esempio quella per ottenere una funzione che assicura la mancia agli autisti di Uber. Ancora: fra i mestieri frutto della modernità c’è quello dello “youtuber”. Per tanti giovani, e non solo, è molto più che un hobby: una vera e propria fonte di guadagno, l’unica per chi ha successo. Ed è un lavoro che va tutelato. L’idea è nata da uno youtuber tedesco con il pallino delle catapulte: da un giorno all’altro, nel 2018, YouTube ha deciso che la catapulta è un’arma, e i video che ne parlano non possono contenere pubblicità. Quel giorno il tedesco Jörg Sprave ha visto crollare il proprio business. E ha fondato la Youtubers Union, che oggi conta 27 mila aderenti in tutto il mondo

Leggi anche:

NASCE LA ALPHABET WORKERS UNION, PRIMO SINDACATO DI GOOGLE

Iscriviti alla nostra newsletter

Ricevi gratuitamente le ultime novità, le storie e gli approfondimenti sul mondo del lavoro.