Il patto di non concorrenza può prevedere la clausola di non sollecitare le dimissioni di ex colleghi. In assenza, lo storno è illecito se realizzato con la volontà di danneggiare l'ex datore di lavoro
Un dipendente che accetta il patto di non concorrenza si impegna a non svolgere, una volta cessato il rapporto, attività in concorrenza con il datore di lavoro per un determinato periodo di tempo.
Il patto di non concorrenza può prevedere, tra le altre cose, l’obbligo per il lavoratore di non sollecitare le dimissioniL’atto unilaterale con cui il lavoratore comunica di voler interrompere il rapporto lavorativo con il datore di lavoro. More di altri suoi ex colleghi di lavoro, evitando così una pratica non infrequente, sovente “orchestrata” dal nuovo datore di lavoro.
In assenza di tale pattuizione, quali sono però le tutele per l’ex datore di lavoro?
Lo storno di dipendenti è una pratica che alcuni lavoratori attuano quando lasciano un’azienda per intraprendere una nuova esperienza lavorativa. Questa pratica consiste nell’incentivare gli ex colleghi a lasciare il vecchio lavoro per essere assunti presso il nuovo datore.
L’assunzione di dipendenti altrui da parte di un datore di lavoro è di norma un atto lecito. Infatti, in linea generale, nell’ambito della libertà di iniziativa economica sancita dal nostro ordinamento giuridico, ciascun imprenditore può adottare le strategie e le tecniche che ritiene più efficaci e opportune per avvantaggiarsi sui propri competitor.
La concorrenza sleale – prevista dall’art. 2598 del codice civile – si configura quando lo storno di dipendenti sia attuato con il cosiddetto animus nocendi, ovvero con la volontà di nuocere. Vale a dire nel caso in cui, in base alle circostanze accertate, la sottrazione di dipendenti altrui avvenga con modalità tali da non potersi giustificare, se non supponendo nell’autore l’intento di danneggiare l’imprenditore concorrente.
Questo principio si rinviene in tutte le sentenze relative allo storno di dipendenti.
Lo storno illegale di dipendenti si verifica quando tale storno viene realizzato attraverso atti volti a impedire al concorrente di continuare a competere. Questo può avvenire attraverso la sottrazione dell’esclusività di nozioni tecniche e delle professionalità dei lavoratori, il risparmio ottenuto in termini di ricerca e di esperienza, l’intento di privare il concorrente della sua ricerca e della sua esperienza, e dalla volontà di alterare significativamente la correttezza della competizione in generale.
Secondo la giurisprudenza, sono considerati indici presuntivi dello storno illecito principalmente:
In concreto, quindi, il tema della possibile concorrenza sleale dello storno di dipendenti potrà essere valutato solo a seguito della verifica di alcuni elementi, tra cui: la professionalità dei dipendenti coinvolti e la loro non agevole sostituibilità, la dimensione dell’azienda concorrente danneggiata (cioè quanti dipendenti ha il datore stornato), il pregiudizio economico, e il vantaggio competitivo che l’azienda del nuovo datore di lavoro può trarre a seguito dello storno.
Sì, il datore “stornato” di dipendenti può chiedere il risarcimento del danno una volta raggiunta la prova della concorrenza sleale. Dovrà comunque dimostrare l’entità del danno subito, una prova non sempre facile da fornire.