Se il datore riassume in assenza di esigenze temporanee, il termine è nullo e il contratto si converte in rapporto a tempo indeterminato
Una lavoratrice si è rivolta al Tribunale di Trento per agire contro il suo datore di lavoro, dopo essere stata più volte assunta dallo stesso tramite una successione di contratti a termine.
Come da lei raccontato, il contratto di lavoro poi rinnovato era stato stipulato per far fronte all’entrata di due nuovi clienti dell’azienda, in seguito rimasti tali.
Inoltre, le prestazioni da lei svolte rientravano nella normale ed ordinaria attività della società.
Il rinnovo del contratto, quindi, era evidentemente diretto a soddisfare esigenze permanenti, o comunque non transitorie, del datore.
Poteva l’azienda legittimamente rinnovare il contratto a termine, date tali circostanze?
Innanzitutto, ricordiamo che l’Italia fa parte dell’Unione Europea e, di conseguenza, deve interpretare ed applicare il diritto interno conformemente al diritto europeo.
La disciplina europea del contratto a tempo determinato fissa il principio secondo cui è possibile stipulare un contratto di questo tipo solo per soddisfare esigenze di carattere temporaneo e non permanente (Direttiva 1999/70/CEÈ una delle fonti del diritto dell’Unione Europea e vincola gli Stati membri quanto al risultato da raggiungere, mentre rimane di loro competenza individuare le forme e i mezzi per perseguire tale obiettivo. More).
Il Tribunale di Trento, allora, interpretando la legge italiana del tempo in conformità al diritto europeo, ha ritenuto illegittima la successione di contratti a termine tra la lavoratrice e il suo datore, dichiarando la nullità dei termini finali e convertendo l’ultimo contratto in rapporto a tempo indeterminato (Sentenza n. 223/2018).