Quattro su cinque hanno figli con meno di 5 anni. Lo rivela il rapporto di Save the Children presentato in occasione della festa della mamma
Essere una mamma lavoratrice, in Italia, è sempre più difficile. Lo conferma (ultimo di una lunga serie) il recente rapporto di Save The Children “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2021”, diffuso in occasione della festa della mamma. Secondo l’indagine, nel corso del 2020 hanno perso il lavoro 96 mila mamme, delle quali 4 su 5 con figli minori di 5 anni. La quasi totalità di loro (90 mila) aveva già rinunciato ad un contratto di lavoro full time in favore del part time. Dati che, secondo l’associazione, inducono a riflettere sull’urgenza di adottare politiche per un miglior bilanciamento con la vita privata e, di conseguenza, per un migliore inserimento delle donne nel mercato del lavoro.
Le mamme con figli minorenni in Italia sono poco più di 6 milioni. Nell’anno della pandemia molte di loro hanno sofferto, tanto sul versante lavorativo quanto su quello privato, a causa del carico di lavoro domestico e di cura che hanno dovuto sostenere durante i periodi di chiusura dei servizi per l’infanzia e delle scuole. Su 249 mila donne che nel corso del 2020 hanno perso il lavoro, ben 96 mila sono mamme con figli minori. Tra di loro, 4 su 5 hanno figli con meno di cinque anni. Sono quelle mamme che, a causa della necessità di seguire i bambini più piccoli, hanno dovuto rinunciare al lavoro o ne sono state espulse. D’altronde (secondo dati Istat) la quasi totalità – 90 mila su 96 mila – erano già occupate part-time prima della pandemia.
Il quadro della situazione italiana, tracciato da numerosi studi in materia e sintetizzato anche dal rapporto di Save the Children, descrive per le donne che scelgono di diventare madri una situazione tutt’altro che semplice da gestire. Non a caso la scelta della genitorialità, soprattutto per le donne, viene ritardata o esclusa proprio a causa, spesso, della difficile conciliazione casa-lavoro. Stando ai dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nel solo 2019 le dimissioniL’atto unilaterale con cui il lavoratore comunica di voler interrompere il rapporto lavorativo con il datore di lavoro. More o risoluzioni consensualiSi ha risoluzione consensuale del contratto di lavoro quando il lavoratore e il suo datore pongono fine al rapporto lavorativo tramite un accordo. More del rapporto di lavoro di genitori lavoratori hanno riguardato 51.558 persone, ma oltre 7 provvedimenti su 10 (37.611, il 72,9%) riguardavano lavoratrici madri. Nella maggior parte dei casi la motivazione alla base di questa scelta risiedeva proprio nella difficoltà di conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze dei figli. Tra le motivazioni più ricorrenti: assenza di parenti di supporto, elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato (asilo nido o baby sitter), mancato accoglimento al nido.
Per le donne che scelgono avere dei figli si presenta quindi un percorso ad ostacoli che frequentemente di conclude, sul fronte lavorativo, con la chiusura del contratto. Non è un caso se le mamme italiane detengono anche il primato delle più anziane d’Europa alla nascita del primo figlio (32,2 anni contro una media europea di 29,4, dati Eurostat). E, soprattutto, fanno sempre meno figli: nel 2020 le nascite hanno registrato un’ulteriore flessione, meno 16 mila (-3,8% rispetto all’anno precedente). Un’eccezione è quella della Provincia autonoma di Bolzano, in testa per tasso di natalità (9,6 nati per mille abitanti), mentre la Sardegna registra il tasso più basso (5,1 nati per mille abitanti). Secondo l’Istat, che ha tracciano la dinamica demografica nei mesi del Covid-19, la variazione negativa si è particolarmente accentuata soprattutto negli ultimi mesi dell’anno (novembre e dicembre). A novembre, infatti, il calo è del -8,2% e in quello di dicembre tocca addirittura -10,3%.
«Il Covid» commenta Antonella Inverno, Responsabile Politiche per l’infanzia di Save the Children «ha messo tutti noi di fronte a un’emergenza prima di tutto sanitaria, ma che presto si è rivelata essere una crisi anche sociale, economica ed educativa. Le mamme in Italia hanno pagato e continuano a pagare un tributo altissimo a queste emergenze. I bambini a casa, il crollo improvviso del welfare familiare, dovuto alla necessità di proteggere i nonni dal contagio, il carico di cura e domestico eccessivo e la sua scarsa condivisione con il partner, misure di supporto non molto efficaci, sono tutti fattori che hanno portato allo stravolgimento della loro vita lavorativa. È importante ora indirizzare gli sforzi verso la concreta realizzazione di obiettivi che mirino, oltre che ad incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, ad affrancarle sul fronte del lavoro non retribuito.” ha commentato».