Il 99% dei Millennial non crede più nel lavoro della vita e immagina di cambiare più o meno ogni 3 anni. Un fenomeno che spinge anche gli HR a interrogarsi
Il posto fisso non è più un miraggio. Gli studi sul tema dimostrano non solo che i nati dagli anni ‘80 in poi tendono a cambiare lavoro con una certa frequenza, ma anche che affrontano positivamente il cambiamento. Passare da un posto all’altro (in inglese si chiama job hopping), infatti, secondo molti giovani è soprattutto un’opportunità, che consente di migliorare la propria posizione e di ampliare le esperienze. La pratica, già largamente diffusa all’estero e negli Stati Uniti in particolare, negli ultimi anni si è fatta strada anche in Italia, dove continua a prendere piede.
Secondo uno studio condotto dall’agenzia californiana di HR Robert Half, negli Stati Uniti sarebbero job hoppers il 64% dei lavoratori. A saltare da un ufficio all’altro, complici anche le nuove forme contrattuali, sono soprattutto i Millennials, ovvero i nati dai primi anni ‘80 a metà anni ‘90. L’agenzia Future Workplace ne ha intervistati circa 1300 fra impiegati e manager, scoprendo che il 99% di loro pensa di cambiare lavoro ogni tre anni. Nel corso di un’intera carriera, questo significa arrivare a cambiare una ventina di impieghi diversi.
Questo nuovo modo di lavorare, che va affermandosi anche in Italia ormai da diversi anni, ha ovviamente dei pro e dei contro. Da un lato, suggeriscono gli esperti, offre la possibilità di maturare diverse skills, di conoscere diversi settori, di ampliare le proprie esperienze. E anche di migliorare posizione e compenso, visto che in genere la retribuzione è tra le principali motivazioni che inducono a spostarsi. Dall’altro, la breve permanenza all’interno di una stessa azienda impedisce di andare a fondo nelle conoscenze del settore. In più, nel curriculum è un’arma a doppio taglio: da un lato lascia presumere che la risorsa sia appetibile, dall’altro dà poca affidabilità sul fronte della fedeltà aziendale.
È evidente, infatti, che per l’azienda avere una rotazione delle risorse umane così rapida potrebbe essere un problema. Un punto su cui i responsabili HR iniziano ad interrogarsi. Il salto, comunque, può essere rischioso tanto per le aziende quanto per i lavoratori. Come evitare errori madornali? Forbes ha messo a fuoco alcuni punti. Prima di tutto, luogo di lavoro, inteso in senso fisico, ha un peso importante: un ufficio confortevole, dove è bello lavorare, è più difficile da lasciare. Anche il team gioca un ruolo fondamentale: trovarsi bene con i colleghi e avere un rapporto disteso con il proprio capo aiuta a lavorare meglio. Forbes consiglia inoltre di valutare attentamente la nuova posizione, anche nel rispetto dell’azienda che si vuole lasciare e dell’investimento che ha fatto sui propri lavoratori. In ultimo: mai usare la fuga come ultimatum per una promozione. Potrebbe funzionare o no, ma il datore di lavoro non lo dimenticherà.