Aumentano i neogenitori che lasciano il lavoro

(foto Shutterstock)

In crescita anche il numero dei padri. Dedicarsi alla professione e alla famiglia è sempre più difficile

Sale del 24% il numero di dipendenti che lasciano il lavoro dopo la nascita del primo figlio.
È un dato allarmante quello che emerge dalla “Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri” per l’anno 2018, curata dall’Ispettorato nazionale del lavoro con riferimento a tutto il territorio nazionale.

Sembra che continuare a lavorare dopo un figlio stia diventando sempre più complesso per diversi motivi: i costi di asilo nido e baby sitter, la mancanza di parenti a dare un supporto, orari di lavoro inflessibili e distanza dal luogo di lavoro.

I DATI

Le dimissioni e risoluzioni consensuali sono 49.451, in crescita del 24% rispetto alle 39.738 del 2017, e riguardano in prevalenza madri lavoratricianche se il numero di convalide di lavoratori padri, pari a 13.488 (il 27% del totale), risulta in aumento.

I lavoratori con un’età compresa tra i 32 e 44 anni che decidono di abbandonare il lavoro sono più di 20.000, invece quelli nella fascia dai 29 a 34 anni sono circa 36.000. Si tratta in maggioranza di persone con un’anzianità di servizio tra i 3 e 10 anni.

Oltre il 59% dei lavoratori oggetto della relazione sceglie di smettere di lavorare dopo il primo figlio per l’incompatibilità tra l’occupazione lavorativa e la cura dei figli. Le regioni del nord Italia sono le più colpite dal fenomeno.

Secondo Rosamaria Papaleo, segretaria Cisl Emilia Centrale, siamo di fronte a «un fenomeno che non accenna ad arrestarsi, indice di politiche sbagliate che non garantiscono ai genitori di dedicarsi al contempo alla professione e alla famiglia». Il dato esemplifica bene «come le politiche frammentarie degli ultimi tempi – afferma Papaleo – non portino a nulla: i bonus tamponano, ma non risolvono, ti incentivano a fare figli, ma poi ti abbandonano di fronte alla realtà. Occorrono orari più flessibili, iniziative di smart working che, quando è possibile, possano permettere di lavorare da casa». 

MOTIVAZIONI

La maggior parte delle convalide (96% circa del totale), fanno riferimento a dimissioni, per un totale di 47.410, di cui 45.900 dimissioni volontarie e 1.510 per giusta causa.
Secondaria invece la categoria delle
risoluzioni consensuali (4%).

I motivi che spingono i lavoratori a chiudere il rapporto di lavoro sono in prevalenza dovuti a condizioni di lavoro particolarmente gravose o difficilmente compatibili con la cura della prole; cambio della sede o distanza dal luogo di lavoro; ragioni concernenti l’orario di lavoro per mancata concessione del part time, e modifica delle mansioni svolte (118 casi).

Perché il mondo del lavoro si metta al passo coi tempi, attuando politiche legate alla maternità e alla paternità che agevolino l’organizzazione familiare, sono necessari smart working, orari flessibili e welfare aziendale; passi in avanti sul congedo parentale e sulla disuguaglianza di genere, per la quale il lavoro femminile viene considerato inferiore a quello dell’uomo. Secondo Cisl «le differenze di trattamento aziendale tra lavoratori e lavoratrici sono ancora troppo marcate. E quando arriva il primo figlio sono soprattutto le donne che decidono di licenziarsi per occuparsi della famiglia».

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