Come costruire percorsi per coinvolgere i dipendenti e migliorare la reputation

(foto facebook.com/stefano.chiarazzo)

Attenzione al purpose, trasparenza, selezione e formazione brand ambassador: i consigli di Stefano Chiarazzo, autore del libro “#Social Ceo”

La reputazione ci precede: è quello che le persone dicono di noi ed è parte integrante del business. Come migliorarla? Lo abbiamo chiesto a Stefano Chiarazzo, Founder & Director della società di consulenza Pubblico Delirio e autore del libroSocial Ceo: Reputazione digitale e brand advocacy per manager che lasciano il segno”. Chiarazzo è intervenuto alla round table di SHR Italia dedicata alla comunicazione interna

Relazionarsi nell’“infosfera”

«La reputazione» spiega Chiarazzo «va costruita tassello per tassello ma in un contesto dove non siamo soli. Introduco una parola che vedo essenziale nel mio lavoro: contaminazione. Spesso nel parlare di diversità e inclusione non ci si sofferma sull’importanza di contaminare e farsi contaminare, un’esperienza che arricchisce e dà valore aggiunto.

Il mio percorso è partito dall’esperienza in una grande multinazionale, ma anche in realtà un po’ più piccole vedo un fattore comune: i manager fanno parte della cosiddetta infosfera, un mondo dove ogni sfera, ogni gruppo di persone, produce informazione. Noi siamo parte di questo contesto, ovvero di un mondo dove non siamo soli.

Al contrario: siamo in tanti e tutti producono informazioni, ognuno dà un giudizio sugli altri stakeholder e ognuno ha stakeholder diversi. Anche noi per gli altri siamo di volta in volta stakeholder, clienti, fornitori, partner».

L’azienda come una “casa di vetro”

«Ma quello che cresce da parte di tutti» continua Chiarazzo «e anche tra i nostri dipendenti, è l’attenzione al così detto “purpose”. Altra parola chiave legata allo scopo per cui l’azienda è nata di fatto è il benessere diffuso, che è il cuore di quelle società che decidono di diventare società benefit. Queste società stabiliscono un patto sociale per il benessere diffuso con tutti i loro stakeholder, compresi i dipendenti.

Infine c’è il tema dell’eticità dell’integrità e della trasparenza. Sono diversi i sistemi interni che le aziende adottano per governarsi, per fare in modo che le decisioni prese siano in linea con le aspettative che gli stakeholder possono avere nei confronti dell’azienda.

In un contesto come questo, l’azienda deve porsi come una casa di vetro, dove i muri siano effettivamente trasparenti. Non dobbiamo avere paura di far entrare gli stakeholder in casa nostra per far vedere come operiamo: qualunque muro deve essere abbattuto, tanto nella comunicazione interna quanto nella comunicazione esterna.

Quando vai a comunicare su Linkedin, di fatto stai comunicando all’estero ma anche con dipendenti. Il tema della trasparenza è molto importante e nel comunicarla hanno un ruolo fondamentale i manager. Loro sono in primis modelli valoriali. Il purpose non esce da solo: è incarnato da specifici valori che l’azienda si è data ma anche dal comportamento delle persone, in primis dei manager». 

Tre criteri per scegliere i portavoce ufficiali

Proprio per questo, è bene porre molta attenzione nel selezionare, ma anche nel formare dei brand ambassador. «Dobbiamo essere sempre più social leader» dice Chiarazzo «che significa? Che la reputazione dei leader non è legata solo al loro ruolo in azienda ma anche a quello che si conquistano e dicono attraverso il loro comportamento sulle piattaforme digitali».

Tre i criteri menzionati da Chiarazzo per eleggere i portavoce ufficiali: seniority aziendale, social leadership (ovvero la popolarità interna) e skill di comunicazione. Quest’ultima è molto importante: una lunga esperienza manageriale, infatti, non coincide per forza con buone capacità di comunicare e anche manager più esperti potrebbero aver bisogno di training e affiancamento».

Tre risorse che tutte le aziende dovrebbero attivare

«Anche i dipendenti» conclude Chiarazzo «talvolta desiderano mostrare il loro “attaccamento alla maglia”, l’orgoglio di fare parte della squadra. L’intento è positivo ma dobbiamo distinguere tra loro e i brand ambassador ufficiali, che sono top manager ed esperti aziendali. Quanto ai dipendenti, non possiamo lasciarli in balia dei social media. Ecco quindi tre risorse che tutte le aziende dovrebbero attivare.

La prima è una social media policy interna, per dare linee guida e rispondere ai dubbi.

Ci sono poi percorsi di training e best practice, con esercitazioni su casi reali. Infine una repository interna per chiarire quali contenuti sono pubblicabili e quali no. Si può attingere anche all’intranet aziendale per essere sicuri di proporre contenuti già validati e ufficiali, in modo tale da limitare la diffusione di informazioni confidenziali o sensibili».

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