Dalla flessibilità al benessere dei dipendenti, dal digitale all’inclusione. Ecco su cosa punteranno C-Suite e responsabili HR per attirare i talenti, secondo il Talent Trends Report di Randstad
Profili agili, capaci di lavorare in autonomia e per obiettivi. Dotati di competenze trasversali, per gestire imprevisti e cambiamenti senza esserne travolti, e digitali, per poter operare e collaborare da remoto con successo. Ecco il chi sono i candidati ideali per il mondo del lavoro post-pandemia secondo il Talent Trends Report di Randstad Sourceright – società di Randstad, leader nei servizi per le risorse umane.
Lo studio mette in luce anche l’importanza di costruire un’esperienza aziendale per i talenti che tenga conto di fattori che in futuro saranno sempre più importanti. Come l’attenzione alla salute e al benessere psicofisico dei dipendenti, la costruzione di un ambiente di lavoro inclusivo e l’investimento in piani di formazione e sviluppo personale.
Il Talent Trends Report di Randstad Sourceright ha individuato i 10 trend nella gestione dei talenti per il 2021 attraverso un sondaggio condotto su 850 C-suite, responsabili HR e delle strategie per l’acquisizione dei talenti di 17 paesi, che ha indagato le tendenze più importanti in questo ambito nelle organizzazioni.
«La strategia della forza lavoro – afferma Fabio Costantini, Chief Operations Officer Randstad Hr Solutions – non è mai stata così importante per i risultati aziendali come in questo momento. La diffusione del lavoro da remoto permette di selezionare candidati senza confini, ma aumenta la competizione per attrarre i talenti. Le aziende devono creare una talent strategy che risponda alle nuove domande emerse dalla crisi sanitaria, come l’attenzione al benessere dei dipendenti, l’inclusione e lo sviluppo e riqualificazione professionale. E che al tempo stesso sfrutti le potenzialità del digitale per migliorare la produttività e i processi di selezione».
Ecco quindi i dieci trend individuati dal Talent Trends Report 2021.
Il 76% (un punto in meno della media globale) dei C-level e degli human capital leader intervistati in Italia cerca lavoratori agili, in possesso di competenze trasversali che possano essere utili in diverse aree aziendali. Una strategia che prevede un mix di inserimenti temporanei e permanenti per avere maggiore flessibilità e resilienza nei momenti di necessità.
L’esperienza della pandemia ha cambiato molto il modo di vedere il lavoro da remoto. Per alcuni lavoratori è stata una svolta positiva nell’equilibrio familiare, per altri una fonte di stress. Per molte aziende (il 64% del campione) in futuro rimarrà un’arma per attrarre talenti, oltre che per adattarsi meglio a una situazione fluida e in costante cambiamento. Ma l’idea è più condivisa all’estero che in Italia: il 66% dei C-lever e degli HR italiani sta considerando una politica di lavoro da casa permanente, contro l’80% delle media globale, e solo il 52% ritiene che la forza lavoro sia altrettanto o ancora più produttiva lavorando da casa.
Nel considerare le offerte di lavoro, i talenti danno priorità alla sicurezza e alla salute, che quindi diventano motivo di attrattività (o di disinteresse se le aspettative non sono corrisposte). Benefit come orari flessibili, ambienti di lavoro più sicuri e maggiore autonomia sono fattori importanti per stimolare l’impegno. Secondo il 62% del campione internazionale, infatti, offrire un programma di wellness è molto utile per attirare i candidati. I datori di lavoro che offrono un sostegno globale ai lavoratori stressati avranno probabilmente a disposizione una forza lavoro più sana e produttiva.
Accelerare la trasformazione digitale aziendale per migliorare collaborazione e connettività sarà un fattore chiave. Occorre continuare a investire in tecnologie migliorative e indagare quali sono le più utili e apprezzate dai talenti, ad esempio promuovendo delle “pause caffè virtuali” e sessioni faccia a faccia per stimolare l’innovazione. In questo ambito gli HR italiani sono più attivi dei colleghi all’estero, con il 71% che sta investendo in tecnologie digitali per migliorare la talent experience sul lavoro (contro il 47% della media globale).
Il digitale può anche facilitare e ottimizzare le decisioni su eventuali assunzioni o sulla gestione del personale. Raccogliere e analizzare informazioni sui lavoratori può aiutare a prendere decisioni in risposta all’emergenza sanitaria. Ad esempio per misurare il livello di stress dei dipendenti e adottare le opportune contromisure. L’82% dei C-level italiani prevede di effettuare corsi di formazione sull’analisi dei dati, contro il 46% dei colleghi all’estero, che però già in un caso su cinque hanno iniziato a investire nell’analisi dei talenti in seguito alla pandemia.
Il 36% dei rispondenti italiani ha individuato nella scarsità di talenti uno dei punti più deboli della propria organizzazione (40% la media globale). La competizione per inserire i migliori talenti sul mercato è sempre più accesa e non sempre le imprese riescono a reperire all’esterno le competenze di cui hanno bisogno. Un’alternativa può essere coltivare i talenti già presenti in azienda predisponendo piani di formazione e riqualificazione professionale sulle competenze digitali e interpersonali. Lo ha già fatto un HR su cinque a livello internazionale.
Con l’emergenza Covid-19 la percentuale di dipendenti da remoto è quasi raddoppiata, passando dal 26% al 50%, mentre i talenti esterni all’azienda in smart workingÈ una nuova modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, introdotta dalla l. 81/2017 e caratterizzata dall’assenza di precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro per il dipendente. More sono saliti dal 28% al 44%. Il lavoro agile da accesso a un bacino di talenti potenzialmente senza confini, ma per sfruttarlo bisogna utilizzare la market intelligence, i dati sulla forza lavoro e l’esperienza locale per comprendere la disponibilità di talenti e sviluppare capacità più sofisticate di ricerca e selezione dei profili.
Un’altra tendenza in crescita è l’attenzione dei talenti per le politiche aziendali sulla diversity e l’inclusione sul posto di lavoro, sulle quale aumentano le aspettative di un vero cambiamento. Le direzioni HR lo hanno compreso e si stanno muovendo: l’80% ritiene molto importante disporre di una strategia della diversity e dell’inclusione per attrarre e trattenere i talenti (l’86% in Italia), il 68% l’ha già realizzata e il 27% la sta pianificando.
Durante la crisi sanitaria sono cambiate le modalità di lavoro, il digitale è diventato pervasivo ed è emersa la necessità di nuove competenze. Le imprese stanno prendendo consapevolezza della necessità di riqualificare rapidamente la forza lavoro per metterla nelle condizioni di operare in diverse aree di business e affrontare l’evoluzione del mercato. Il 100% dei C-level e human capital leader italiani intervistati ritiene che le aziende dovrebbero essere responsabili della riqualificazione dei propri dipendenti (+8% rispetto alla media globale), il 46% del campione internazionale sta puntando sul miglioramento delle soft skill, il 43% sulla capacità di lavorare e dirigere da remoto.
Migliorare la soddisfazione del personale sul lavoro è una sfida sempre più complessa, fra processi di selezione e inserimento diventati virtuali e le difficoltà di gestire i dipendenti in esubero, ma fondamentale per mantenere una buona reputazione aziendale. Per tre HR su quattro (75% media globale e 76% in Italia) le aspettative dei talenti nei confronti del datore di lavoro sono in continuo aumento e con l’arrivo del Coronavirus costruire una talent experience è diventato un fattore sempre più critico (63%). È importante seguire e coinvolgere i candidati in ogni fase del loro percorso in azienda per comprendere se l’esperienza coincide con le aspettative.