Fondazione Moressa: la risposta è no, gli stranieri “danno un contributo positivo all’economia” (9% pil). Immigrati e italiani svolgono lavori diversi e complementari
Lo sappiamo bene, di questi tempi le fake news circolano in abbondanza, soprattutto in rete e nei social network. Tra le notizie ingannevoli in circolazione ce n’è una che addita i lavoratori stranieri come causa della disoccupazione degli italiani.
In casi come questo l’evidenza dei dati è sempre la miglior cura per combattere gli stereotipi.
“Gli stranieri ci rubano il lavoro?” La risposta è no, lo dice l’omonima ricerca della Fondazione Leone Moressa, svolta con il sostegno di MoneyGram, relativa al mercato del lavoro degli stranieri in Italia e in Europa.
Lo studio parte proprio dall’analisi dello stereotipo che vede gli stranieri come “artefici” di una destabilizzazione in negativo della situazione occupazionale, “colpevoli” di aver tolto il lavoro agli italiani, specie in seguito alla diffusione, dopo la crisi del 2008, dell’opinione secondo cui il lavoro in italia è “un bene scarso”. A rafforzare questa credenza fa la sua parte anche la somiglianza di due dati, apparentemente legati, ma che in realtà hanno ben poco a che a fare l’uno con l’altro, ovvero: il numero dei disoccupati italiani, pari a 2,36 milioni, e il numero di occupati stranieri equivalente a 2,46 milioni nel 2018.
Disoccupati italiani e occupati stranieri hanno caratteristiche diverse e non sono sostituibili, poiché i disoccupati italiani hanno mediamente titoli di studio medio-alti e risiedono in maggioranza al sud Italia, mentre gli immigrati svolgono lavori poco qualificati e si trovano per lo più al nord.
Gli immigrati sono impegnati soprattutto in lavori manuali nei settori di agricoltura, cura e assistenza della persona, manifattura, e rappresentano il 10,6% degli occupati totali; contribuendo, con 140 miliardi di euro, a circa il 9% del pil italiano.
Il 33,3% di loro non è qualificato, il 29,7% lavora come operaio o artigiano, il 29,4% nel commercio o nei servizi, e solo il 7,6% ha un impiego qualificato.
Negli ultimi 9 anni inoltre, si è ridotto ulteriormente il numero di stranieri con un diploma di scuola secondaria superiore e la quota di laureati non è aumentata.
Secondo dati Istat il 47% degli occupati italiani ha un diploma, mentre la metà degli stranieri ha al massimo una licenza media. Il personale non qualificato corrisponde all’ 8,3%; il 21,9% è costituito da operai e artigiani, il 38,9% da figure qualificate e con competenze tecniche, e il 30,9% si divide tra ruoli impiegatizi e nel commercio.
In definitiva, anche qualora si liberassero dei posti di lavoro occupati dagli stranieri, i disoccupati italiani difficilmente andrebbero a sostituirli (parliamo di impieghi come colf, badante, bracciante agricolo, operaio non specializzato etc.) perché sarebbero preparati per un altro tipo di mansioni, avendo diverse qualifiche e titoli di studio, diversa età media e disposizione sul territorio.
In aggiunta a ciò, spiega il rapporto, nonostante il clamore degli sbarchi degli ultimi anni, i migranti economici sono in calo dal 2008. «Negli ultimi anni abbiamo chiuso le porte agli ingressi per lavoro e questo ha portato a un aumento degli arrivi irregolari e del lavoro nero».
Nel futuro prossimo il calo demografico porterà a una diminuzione della popolazione in età lavorativa e a un aumento di quella anziana, bisognosa di cure e assistenza. Secondo le stime, nel 2050 il rapporto lavoratori-anziani sarà di 1:1, contro il 3:2 di oggi.
Anche per questi motivi il contributo degli stranieri al lavoro sarà fondamentale.
Gli stranieri quindi non tolgono lavoro agli italiani, ma danno un contributo positivo all’economia.
Un’infografica di Fondazione Moressa illustra i risultati della ricerca
(video youtube.com/Fondazione Moressa)