Il welfare è vincente se parte dall’ascolto dei dipendenti

(logo Welfare Index PMI)

Un’azienda su 2 in Italia è attiva nel welfare aziendale. Aumenta la consapevolezza che benessere dei dipendenti e risultati di business crescono di pari passo

Per il quarto anno “Welfare Index PMI”, lindice che valuta il livello di welfare aziendale nelle pmi (da 6 a 1.000 dipendenti), fa il punto per capire come si stanno muovendo le piccole e medie imprese del territorio italiano.
L’edizione 2019 del progetto di ricerca – realizzato da Generali Italia con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni – ha intervistato un campione di 4.561 pmi di tutti i settori produttivi, riscontrando che un’impresa su due è oggi attiva nel welfare aziendale e le aziende molto attive (impegnate almeno in sei aree di welfare) sono circa il 20% del totale, con un aumento dal 7,2% al 19,6% nel periodo 2016-2019. L’indagine ha segnalato inoltre l’entrata in campo delle piccole e micro imprese.

Proiettando il dato nell’universo di riferimento, è possibile dire che circa 130 mila pmi adottano vere e proprie politiche di welfare: ascoltano i lavoratori e predispongono piani per migliorare il benessere dei dipendenti; registrando una crescente soddisfazione, un miglioramento della produttività in azienda, e consolidando così il “circolo virtuoso” che coinvolge i dipendenti, i loro familiari e tutta la comunità.
Ma rimangono ancora ampi margini di miglioramento, perché la maggioranza delle pmi (54%) ha poca consapevolezza dei vantaggi del welfare aziendale. Infatti in questi casi, riporta la ricerca, le iniziative sono «sporadiche e poco rilevanti» e non aiutano i lavoratori «a preferire e chiedere premi di produttività in ambiti socio-economici importanti (salute, previdenza, conciliazione vita-lavoro, servizi di assistenza, sostegno all’istruzione dei figli etc) anziché in denaro (per di più soggetto a tassazione)».

LE AREE DI WELFARE MATURE

Sicurezza e prevenzione, sanità integrativa e previdenza integrativa sono le aree classiche del welfare, regolate da leggi e contratti, che ad oggi hanno il tasso più alto di iniziative e andamento stabile, insieme a polizze per la protezione dei dipendenti (in maggioranza assicurazioni contro gli infortuni e sulla vita) e iniziative di sostegno economico (pasti, trasporti, facilitazioni per gli alloggi, sostegni per il credito etc.).

Work life balance e formazione sono gli ambiti più dinamici e di maggiore crescita.
Per migliorare l’equilibrio vita-lavoro dei dipendenti si ricercano modelli più flessibili di organizzazione del lavoro, di sostegno alla genitorialità e alla cura dei figli; mentre per qualificare maggiormente le risorse aziendali si investe nella formazione. Quest’ultima ha il maggior tasso di iniziativa aziendale autonoma e viene indicata dalle imprese come prioritaria per lo sviluppo futuro.

LE AREE NON MATURE

Non mature, ma comunque in crescita sono le aree che riguardano i servizi di assistenza (attività di prevenzione, sportelli medici, assistenza agli anziani etc), il sostegno ai soggetti deboli e l’integrazione sociale (importante nelle aree di forte immigrazione), il welfare allargato alla comunità (progetti nel territorio e servizi aperti all’utenza esterna). 

LE AREE CHE FATICANO A CRESCERE

Fanalini di coda, cultura, tempo libero e sostegno all’istruzione dei figli, con i tassi di iniziativa più limitati.

DIFFUSIONE PER SETTORE PRODUTTIVO

Industria e terziario sono i settori più attivi. Il terzo settore è molto operativo nel sostegno ai soggetti deboli e all’integrazione sociale, nel work life balance e nella formazione.
Studi e servizi professionali si segnalano per sanità integrativa, work life balance e formazione. 

I VANTAGGI DEL WELFARE

Per l’azienda: miglioramento della soddisfazione dei lavoratori e del clima interno (considerato obiettivo principale nel 42% dei casi, soprattutto dalle imprese più attive), aumento della produttività (primo obiettivo di quasi un terzo delle imprese), miglior posizionamento, ottimizzazione del vantaggio fiscale.

Per il dipendente: aumento del potere d’acquisto e del benessere. Miglior conciliazione tra vita privata e professionale.

CONCLUSIONI

Gli imprenditori che attivano una strategia coerente e prolungata nel tempo, per il benessere e la soddisfazione dei lavoratori e delle loro famiglie, riscontrano un impatto positivo sulla produttività e sulla comunità. Aumenta la consapevolezza che benessere sociale e risultati di business crescono di pari passo.

Per quanto riguarda invece la percentuale di imprese in fase di approccio al welfare (54%), vanno diffuse conoscenza e competenze, e stimolate alleanze e networking tra aziende.

In un’ottica più ampia, l’impegno delle aziende viene segnalato come fondamentale per contribuire allo sviluppo e al benessere di tutto il paese agendo nelle aree di salute e assistenza (il 46% ha attivato iniziative di sanità integrativa o simili), conciliazione vita e lavoro (quasi il 60% investe in organizzazione o facilitazioni al lavoro), formazione dei giovani e mobilità sociale (per il 44% delle pmi è un impegno cruciale).

IL RUOLO DEGLI IMPRENDITORI

Quando un imprenditore coinvolge i suoi dipendenti per capirne le esigenze e risponde con un progetto di welfare crea un «effetto leva» su diversi fronti. In termini di maggior benessere comune, di qualità del lavoro e del luogo di lavoro (che a volte diventa più liquido come nel caso dello smart working), e anche di comunità di riferimento (welfare per i figli e parenti dei dipendenti, utilizzo di infrastrutture locali come rete di pmi etc.). «Crediamo che l’Italia abbia nel suo dna l’impresa umanistica – si legge nella ricerca –, a maggior ragione la pmi. Certo ci vogliono imprenditori illuminati che mettano al centro le persone».

 

Il video riassuntivo della ricerca (video Welfare Index PMI/youtube.com)

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