Bata, sfide e progetti del mondo HR

Bata, sfide del mondo HR
(Foto: Bata)

Quali sono le principali sfide dell’HR Director di un grande gruppo internazionale? Quali gli obiettivi, le difficoltà e le opportunità? Ne parliamo con Michele Cattaneo, HR Director Europe di Bata

Fondato nel 1894 in Repubblica Ceca da Thomas Bata, il Gruppo Bata è il primo al mondo per produzione e commercializzazione di calzature. Conta circa 5 mila store in più di 100 paesi nel mondo e 35 mila dipendenti. In Europa il Gruppo è presente con i marchi Bata e AW LAB (retailer internazionale multibrand dei più famosi marchi sportivi di sneaker) ed è suddiviso tra Italia, Svizzera, Spagna, Repubblica Ceca e Slovacchia. Il cuore dell’organizzazione europea batte a Padova, dove a dirigere il personale è l’Hr Director Michele Cattaneo

(In foto Michele Cattaneo, HR Director Europe di Bata)

Direttore, cosa significa coordinare le risorse umane di una realtà così grande?

«Sicuramente per me è motivo di orgoglio e privilegio poter rappresentare la direzione del personale per un gruppo storico come quello di Bata. Cosa significa guidare il team di risorse umane in una regione importante come l’Europa? Il nostro obiettivo è chiaro, ed è quello di cercare di rispettare i valori e le linee guida che il Gruppo condivide con tutte le sue regioni nel mondo. Allo stesso modo, cerchiamo di declinarle e di applicarle nel rispetto delle esigenze locali. La strategia di risorse umane può essere simile in Europa, in Italia, in Bangladesh o in Colombia, ma è chiaro che poi è nostra responsabilità riuscire ad implementarla, salvaguardando le esperienze specifiche locali. Parlo di dinamiche di cultura, di abitudini delle persone. È una bella sfida quella di coniugare le aspettative delle persone, con cui lavoriamo ogni giorno con la strategia che il gruppo condivide con noi».

Che ruolo gioca la mobilità internazionale?

«Fondamentale perché siamo gruppo presente con plant, negozi e uffici in tutto il mondo. La mobilità è fisiologica, ed è anche una componente caratteristica il fatto che si presentino opportunità o necessità dall’altra parte del mondo. Quindi è importante riuscire a mettere in campo processi snelli, rapidi, ma coerenti nel processo delle culture reciproche». 

Quali sono, in questi campo, gli ultimi progetti affrontati? 

«Va detto che la mobilità internazionale, nell’ultimo anno, è stata molto condizionata dall’esperienza pandemica che tutti stiamo vivendo. Ma poco dopo il mio arrivo, un anno e mezzo fa, ci siamo trovati ad affrontare due situazioni che ben esemplificano la vivacità del nostro gruppo da questo punto di visto. Abbiamo dovuto gestire il trasferimento dell’omnichannel director di Bata western Europe, cioè colui che coordinava le attività retail, franchising, e-commerce e market place per Italia, Svizzera e Spagna. Era stato trasferito in Repubblica Ceca con un nuovo ruolo, così in meno di un mese abbiamo dovuto individuare un sostituto e creare le condizioni affinché lui potesse trasferirsi. Il secondo esempio è ancora più evidente. Il responsabile del prodotto e del merchandising di AW LAB a livello mondo è stato nominato immediatamente dopo, era l’inizio del 2020. Era il nuovo country manager di Bata Colombia. Quindi veniva da un’altra region, si può facilmente immaginare la complessità di tutto questo. Poi il buon lavoro svolto ed anche l’attitudine dei nostri manager ha fatto sì che queste opportunità e necessità che cercavamo di coniugare siano state realizzate nel migliore dei modi». 

Quali progetti per il futuro?

«In Europa il nostro obiettivo è, in primis, quello di adottare lo stesso livello di strategia che viene usata a livello global. Nel salvaguardare le esigenze specifiche in termini di gestione delle persone in Italia, Svizzera, Spagna, Repubblica Ceca e Slovacchia cerchiamo però di uniformare il più possibile i processi, anche dal punto di vista dei sistemi informativi. Questo è un aspetto fondamentale: l’Europa è chiamata a sviluppare un sistema informativo che poi possa essere condiviso in tutte le altre regioni del mondo. Quindi tra le priorità ci sono prima di tutto i processi, l’organizzione ma anche i sistemi. L’obiettivo è uniformare mantenendo la specificità locale».

In Italia, quanto è difficile attrarre talenti dall’estero?

«Dipende dalla qualità del brand e da quanto riusciamo ad essere attrattivi. Negli ultimi anni non è stato così semplice portare risorse dall’estero in Italia, però di recente abbiamo dovuto individuare una figura nuova, il Direttore del prodotto di AW LAB, e abbiamo fortemente voluto che avesse esperienza internazionale. Oggi abbiamo in casa, a Padova, un manager che arriva al Regno Unito e che ha lavorato in tutto il mondo. Pur essendo a Padova, un po’ decentrati rispetto alla metropoli milanese, si può essere in grado di portare nuove risorse altamente qualificate. Aggiungo che uno dei pochissimi benefici della pandemia è quello di aver sdoganato lo smart working. E questo ci aiuta ad andare incontro alle aspettative dei nuovi talenti, soprattutto dei nativi digitali che si aspettano, anche da un brand storico come il nostro, la capacità di essere flessibili e al passo con i tempi». 

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