Cervelli in fuga, il 71% pronto a tornare

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(foto Shutterstock)

Indagine Talent in Motion: la lontananza dagli affetti muove al rientro. Promossi lo smart working e l’Italia della lotta al Covid-19

Si laureano con la valigia già in mano, ma sette su dieci sarebbero ben felici di rifarla, per tornare in via definitiva. E il Covid-19, almeno tra i giovani già propensi a tornare, non ha fatto che intensificare il desiderio, perché la lontananza dagli affetti li ha resi ancora più cari. Questo il ritratto dei cervelli in fuga dall’Italia delineato da Talents in Motion, associazione senza scopo di lucro che punta ad accrescere l’attrattività dell’Italia per i talenti italiani e stranieri. 

La famiglia, un fattore importante

L’ultima indagine – promossa dall’associazione con Pwc, network internazionale che fornisce servizi di consulenza di direzione e strategica, e Fondazione con il sud – riguarda l’impatto del Covid-19 sui giovani talenti, e mostra come l’esperienza della pandemia abbia influito sulle aspettative e sui progetti dei lavoratori. Dei circa 1100 intervistati, prima del coronavirus, il 71% stava cercando opportunità di lavoro in Italia; una quota sovrapponibile a quella rilevata lo scorso anno (74%). Dal Covid-19 in poi il popolo degli expat si è diviso: il 20% dei giovani espatriati a cercare di tornare con ancora più convinzione, mentre il 31% di loro, al contrario, si dichiara ora meno propenso a tornare.  Tra i favorevoli al rientro, nell’82% dei casi è proprio il desiderio di riavvicinarsi alla famiglia a rendere più salda questa decisione, dopo mesi di distacco. 

Favorevoli allo smart working

Tra gli altri dati rilevati dall’indagine, ne spiccano due. Il primo riguarda il giudizio sull’Italia e su come ha affrontato la pandemia: dovendo stilare una classifica dei principali paesi colpiti dal Covid-19, gli intervistati l’hanno messa al secondo posto dopo la Germania. Il secondo dato riguarda invece il giudizio sullo smart working: l’esperienza non ha costituito un problema per il campione di intervistati, anzi è stata un’opportunità molto importante, soprattutto per gli effetti positivi su ambiente, benessere e produttività. Il 69% dei talenti italiani vorrebbe che lo smart working diventasse complementare all’attività in ufficio, e il 15% che diventasse la modalità di lavoro prevalente. Meno del 2% vorrebbe abbandonare lo smart working.

Il campione

Il campione della ricerca comprendeva:

  • il 95% di residenti all’estero (30% in Uk);
  • il 74% di età compresa tra i 18 e i 35 anni;
  • il 57% uomini e il 43% donne;
  • l’83% con laurea e master e il 7% dottorato.
  • Regioni di provenienza: Lombardia (17,2%), Veneto (9,3%), Lazio (7,4%), Piemonte e Sicilia (7,1), Emilia Romagna (6,9%), Toscana (5,4%), Campania (5%), Puglia (4%), Marche (2,8%) Calabria e Trentino Alto Adige (2,6%) Friuli Venezia Giulia (2,4%) Liguria (2,2%), Abruzzo (2,1%), Sardegna (2%), Umbria (1,4%), Basilicata e Molise (0,5%) e Valle d’Aosta (0,3%). 

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