L’importanza di risorse umane, organizzazione e competenze digitali ai tempi della digital transformation
L’avvento della tecnologia ha portato una crescente automazioneÈ l’insieme dei sistemi e delle operazioni (specialmente elettronici) che rendono automatico un processo produttivo o di funzionamento, eliminando, del tutto o in parte, l’intervento dell’uomo. More nell’industria e una digital transformation a tutti i livelli della società umana. Ciò ha amplificato la necessità di considerare il lavoratore sempre più come una risorsa sulla quale investire, indispensabile per il successo delle organizzazioni.
Fatte queste premesse e osservato il quadro attuale, si constata come la maggior parte dei lavoratori oggi risulti poco motivata. Questo, secondo Mariano Corso, professore del Politecnico di Milano e fondatore dell’Osservatorio hr innovation practice, «si deve in parte al fatto che la rivoluzione digitale, cambiando il modo di vivere delle persone ne ha modificato le aspettative anche al lavoro, dove si ha un approccio di tipo consumer anche ai sistemi aziendali». Per cui serve un cambiamento, «bisogna rimettere al centro le persone, investire nella loro occupabilità e motivazione». Perché ciò accada, la direzione hr delle organizzazioni deve affrontare delle nuove sfide.
Uno studio dell’Osservatorio – effettuato su 187 società, di cui il 67% con oltre 1000 dipendenti, nei settori digital, finance, manifatturiero, pubblica amministrazione e servizi – evidenzia che, secondo una società su due, tali sfide sono rappresentate dai cambiamenti nei modelli di organizzazione del lavoro (45%), dallo sviluppo di cultura e competenze digitali, da employer branding e attrazione dei talenti (41%).
«Se guardiamo ai prossimi anni – dice Corso – un fattore critico per il successo delle organizzazioni sarà motivare e coinvolgere le persone. Da sottolineare che nelle organizzazioni agili le persone motivate e ingaggiate sono quasi il triplo (85%) rispetto alle organizzazioni tradizionali dove la percentuale raggiunge il 31%». Ragion per cui è «necessario riprogettare i modelli organizzativi per investire in sistemi più agili, in grado di adattarsi al cambiamento». Argomento quest’ultimo ritenuto prioritario dal 45% delle aziende analizzate.
Il 67% delle organizzazioni intervistate ha già definito una strategia di cambiamento del proprio modello di business, che va affiancato a una modifica della people strategy, già avviata dal 54% delle aziende, trasformando stili di leadership e competenze.
Le organizzazioni si possono suddividere in “agili” e “tradizionali”. Il modello tradizionale fatica ad adattarsi al cambiamento per la rigidità delle gerarchie e la lentezza nel prendere decisioni; mentre le nuove forme organizzative, tra cui agile organization, teal organization e holacracy, meno rigide sui ruoli, consentono rapide riconfigurazioni di strategia, struttura, processi, persone e tecnologie.
Le più grandi differenze tra organizzazioni agili e tradizionali riguardano la precedenza, nelle prime, di politiche per la ricerca e selezione di professionalità digitali, presenti invece solo in un caso su due nelle organizzazioni tradizionali; la progettazione di percorsi di supporto al management per sviluppare una maggiore consapevolezza dell’impatto del digitale sui processi e risultati aziendali, presenti nel 36% delle organizzazioni tradizionali. E infine programmi di formazione per sviluppare competenze hard, presenti in meno di un’organizzazione tradizionale su due.