Confindustria: il 97,2% delle aziende ha subito effetti negativi. Il 78,2 % degli imprenditori si sente disarmato e aspetta il ritorno alla normalità
Continuano le indagini di Confindustria per monitorare gli effetti della pandemia di coronavirus sulle imprese italiane. Lo scorso 17 aprile il Centro studi ha infatti pubblicato i risultati della “Seconda edizione dell’indagine sugli effetti della pandemia da Covid-19 per le imprese italiane”. Si tratta delle analisi effettuate su 4.154 imprese, per comprendere le conseguenze dei provvedimenti governativi messi in atto per ridurre i contagi, e analizzare come venga percepita l’emergenza su scala territoriale e settoriale.
Rispetto alla prima indagine, avviata il 26 febbraio, è stato rilevato un peggioramento significativo del dato sulle aziende che hanno subito un impatto negativo: il 97,2% contro il 67,2% del rapporto precedente.
Le imprese con problemi molto gravi sono risultate essere il 43,7% contro il 14,4%.
In seguito all’emanazione dei DPCM del 22 e del 25 marzo, il 36,5% degli intervistati ha dovuto chiudere la propria attività, mentre il 33,8% lo ha fatto in modo parziale.
Quanto al personale al lavoro, il 26,4% dei dipendenti era operativo in smart workingÈ una nuova modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, introdotta dalla l. 81/2017 e caratterizzata dall’assenza di precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro per il dipendente. More, mentre il 43% era inattivo. Il 53,1% dei dipendenti dichiarava di poter avere necessità di ricorrere agli ammortizzatori socialiSono una serie di misure previste dalla legge per sostenere economicamente chi ha perso il lavoro o ha subito una riduzione o sospensione dell’attività lavorativa (es. NASpI, Cassa Integrazione Guadagni). More, come CIGO, FIS, etc.
Rispetto al mese di marzo 2019 è stato riscontrato un calo del fatturato del 32,6% e del 32,5% delle ore lavorate. Più pesante il calo per le imprese con meno di 10 dipendenti: -39,7% fatturato e -37,3% delle ore lavorate.
Il calo della domanda nel mercato domestico e internazionale, soprattutto quello di beni e/o servizi di consumo, ha provocato problemi nell’84% delle aziende.
Per il 59,3% delle aziende erano presenti problemi nella gestione delle attività, insieme a difficoltà nel reperire materiale sanitario per svolgere il lavoro in sicurezza per il 19,6% dei rispondenti.
Con riferimento alle domande di tipo qualitativo, si legge nell’indagine, è evidente «la doppia difficoltà di garantire i flussi di liquidità con l’azienda chiusa o parzialmente aperta, e quella ad essa legata di poter ripartire a pieno ritmo il prima possibile per limitare le perdite di fatturato, che, seppure in modo spalmato sul tempo grazie agli aiuti governativi, dovranno essere ripagate in futuro».
In riposta alla domanda “Quali strategie ha in mente l’azienda per superare questo momento?” emergeva un diffuso sentimento negativo tra gli imprenditori.
Il 78,2% di loro si sentiva disarmato e aspettava il ritorno alla normalità, il che sembrerebbe dimostrare come il problema fosse percepito come temporaneo.
Una piccola parte, il 33,4% pensava a ricalibrare e cambiare il paniere dei beni prodotti e venduti (contro il 40,2% che invece non lo farebbe), il 22,3% alla ricostituzione del magazzino, il 20,1% ad incrementare le vendite di e-commerce. Il 4,2% non escludeva di chiudere definitivamente la propria attività.