Conciliazione difficile soprattutto senza nonni. Part-time accordato solo nel 20% dei casi
Oltre 37 mila donne, anche nel 2019, hanno lasciato il lavoro per i figli: la motivazione più frequente sta proprio nella difficoltà di conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze della famiglia, unita all’assenza di parenti che possano supportarle. Pesa anche la scarsa disponibilità da parte delle aziende a concedere il part-time o altre forme di flessibilità (l’80% delle domande vengono rifiutate). Ma le dimissioniL’atto unilaterale con cui il lavoratore comunica di voler interrompere il rapporto lavorativo con il datore di lavoro. More possono anche essere dovute, più frequentemente se a rassegnarle è un papà, al passaggio a un’altra azienda. È la fotografia scattata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che ha recentemente pubblicato il report relativo al 2019.
I numeri variano di poco rispetto all’anno precedente: oltre 51 mila (+4% rispetto al 2018) i lavoratori e le lavoratrici che hanno lasciato il posto di lavoro, e il 73% delle dimissioni («come di consueto», si precisa nel documento dell’INL) riguarda le lavoratrici madri.
I padri lavoratori interessati dalle convalide sono stati invece 13.947 (a fronte dei 13.488 del 2018), in percentuale il 27% del totale. Per quanto riguarda le donne, nel 60% dei casi la decisione di lasciare il posto di lavoro coincide proprio con la nascita del primo figlio, ma è significativa anche la percentuale di lavoratrici che abbandonano dopo il secondo (33%). Il 95% delle convalide sono relative a dimissioni volontarie, il 3% per giusta causa e solo nel 2% dei casi si è trattato di risoluzione consensuale del rapporto.
La gran parte delle convalide (84%) ha riguardato persone di nazionalità italiana e di età compresa fra 29 e 44 anni (75%). Per quanto riguarda l’anzianità di servizio, si conferma la tendenza a lasciare il posto con più facilità quando lo si occupa da poco tempo. Il 54% dei lavoratori, al momento della risoluzione del contratto, aveva fino a tre anni di anzianità, mentre il 35% ne aveva da 3 a 10.
La difficoltà a mantenere l’impegno lavorativo dopo la nascita di un figlio emerge, oltre che dai numeri, anche dalle parole delle madri: in sede di colloquio, la conciliazione casa-lavoro è infatti al primo posto tra le motivazioni addotte (35% del totale).
L’impegno diventa tanto più gravoso quando manca l’aiuto dei nonni (27%): un dato che mette in luce tanto la scarsa elasticità del mondo del lavoro quanto l’inadeguatezza dei servizi. A partire dagli asili nido, che per alcuni (7%) risultano talmente costosi da rinunciare allo stipendio e risparmiare su altre forme di assistenza per il neonato. Nella ricerca di una mediazione, alcuni genitori (poco più di 2 mila nel 2019) chiedono all’azienda di concedere il part-time: solo il 20% delle richieste, tuttavia, viene soddisfatta.
Cresce, infine, il numero di genitori che lasciano un lavoro perché ne hanno trovato un altro: 20.467 (a fronte delle 18.683 del 2018) equivalenti a circa il 35% del totale delle motivazioni (33% nel 2018). In controtendenza con gli altri, però, questo dato riguarda soprattutto i lavoratori padri (11.488).
Quanto ai settori d’impiego, la maggior parte (76%) delle lavoratrici e dei lavoratori dimissionari apparteneva al terziario. Il 16%, poi, era impiegato nell’industria, il 4% nell’edilizia e il 3% nell’agricoltura. Per una piccola quota di casi (circa 1400, pari all’1%) non è stato possibile individuare il settore merceologico di riferimento.
Quanto alla distribuzione geografica dei provvedimenti, segue l’andamento dell’occupazione nel paese. In particolare, il 65% delle convalide si concentra nel nord-Italia: tra le regioni, al primo posto c’è la Lombardia (11.105), seguita da Veneto (8.439) ed Emilia Romagna (5.447).