SHR Italia lancia uno strumento di autoanalisi per aiutare le aziende a costruire un piano di lavoro a medio-lungo termine
Cento domande sui cinque temi chiave del lavoro che cambia, per guardarsi dentro e ragionare sul futuro prossimo. È l’obiettivo di Re-Act, strumento di autoanalisi proposto da SHR Italia, società che si occupa di formazione professionale per il lavoro,alla fine di un anno difficile, che ha messo a nudo alcune fragilità, ma ha anche evidenziato la centralità della direzione del personale nelle situazioni di emergenza. Ne parliamo con Barbara Peressoni, consulente HR e referente del progetto.
«Dopo un anno in cui abbiamo dovuto lavorare costantemente sull’emergenza – spiega Peressoni – un anno passato a lavorare a testa bassa concentrati su quello che sarebbe successo il giorno successivo, abbiamo voluto riprendere in mano una progettualità a medio-lungo termine sui temi chiavi del lavoro del prossimo futuro. Ci pensiamo adesso, perché i progetti che avevamo avviato prima del Covid potrebbero non essere più attuabili o attuali: allora si rende necessario ripensarli. Il primo passo lo abbiamo fatto nei mesi scorsi con b>RE-SET quando, finita la prima ondata di emergenza, abbiamo iniziato a rimettere insieme i pezzi, ripartendo dal dare delle regole alla nuova normalità che ci era piovuta addosso. Ora lanciamo RE-ACT, per riprendere in mano le nostre organizzazioni e reagire come forza attiva. RE-ACT è il nostro piano di lavoro per iniziare a guardare con sincerità dentro le nostre aziende, farsi le domande giuste e iniziare a costruire, oggi, un luogo di lavoro dove, usciti da questo momento difficile, vorremmo tornare volentieri».
RE-ACT è uno strumento di self assessment, «una fotografia che ci scattiamo da soli – dice Peressoni – potremmo dire un selfie per essere attuali. Un’immagine che ci restituisce lo stato dell’arte oggi, e che ci aiuta a lavorare sul domani. Il questionario si compone di cento domande per ciascuna delle tre dimensioni che abbiamo identificato: importanza, competenza e maturità. In altre parole, si indaga per ciascun asset quanto è importante per noi, quanto ne sappiamo e cosa stiamo già facendo. A rispondere sono chiamate sia la struttura HR sia la direzione aziendale: il coinvolgimento delle due voci è fondamentale per allineare il piano di sviluppo delle risorse umane con il piano strategico di sviluppo aziendale. Anche nel rispetto della diversità di opinioni e di vedute che devono portare a un confronto sincero e costruttivo».
Cinque sono i pilastri su cui si gioca il lavoro del prossimo futuro, e su cui RE-ACT guida le aziende ad interrogarsi. Cinque temi chiave sintetizzabili in: organizzazione del lavoro (processi, sistemi e modelli organizzativi); sistemi di remunerazione e welfare (tema quest’ultimo che comprende il benessere organizzativo, fondamentale per qualunque azienda); tempi e luoghi di lavoro (ovvero smart working, tema “principe” del 2020, flessibilità, co-working); partecipazione e coinvolgimento dei lavoratori (relazioni sindacali, comunicazione interna ed esterna, diversità); ricambio generazionale e pensioni.
I cinque temi chiave, a loro volta, poggiano su 25 asset strategici, che esplorano più nel dettaglio le sfide su cui il mondo HR è chiamato a misurarsi: dall’equità alla diversità e inclusione, dai nuovi lavori all’impatto dei social media sul rapporto di lavoro.
Al termine, l’assessment restituisce in automatico un grafico comparativo delle risposte ottenute per ciascun asset sulle tre dimensioni indagate e fornisce sei chiavi di lettura su cui andare a lavorare. «I passaggi – spiega ancora Barbara Peressoni – sono tre: l’autoanalisi, l’analisi delle risposte e l’elaborazione di un nuovo piano di sviluppo basato su risultati oggettivi e condivisi. Ma per passare dalla teoria alla pratica c’è uno step fondamentale, che consiste della definizione dei valori aziendali e della cultura di riferimento in cui il piano di sviluppo si inserisce. Ogni azienda è diversa, ogni azienda è frutto di successi, di errori, di cambi di rotta, di intuizioni, di cambi di identità, di pelle, di nome. Ogni azienda ha dei valori fondanti e una cultura fatta di regole non scritte, che ne definiscono l’identità e che vanno individuate per costruire un piano di sviluppo coerente. Perché un piano funzionale per un’organizzazione – conclude – può rivelarsi del tutto inefficace per un’altra».