Lo studio di Zaha Hadid Architects lo sta progettando negli Emirati Arabi Uniti. E in Italia Unifor pensa alla postazione per l’home working, con la “Touch Down Unit”
Le porte si aprono da sole grazie ai sensori per il riconoscimento facciale, l’illuminazione si regola con lo smartphone e così anche la ventilazione. Perfino il caffè si può “ordinare” direttamente dal cellulare. Risultato? Molte meno mani a toccare le superfici comuni ed una riduzione dell’80% della possibilità di contrarre malattie.
L’avveniristico ufficio del futuro lo sta progettando lo studio di Zaha Hadid Architects, che da circa sei anni lavora alla nuova sede centrale di Bee’ah, azienda mediorientale che opera nel campo della gestione dei rifiuti. Gli architetti sono all’opera dal 2014, quando una pandemia globale sembrava impossibile, se non nei film di fantascienza. L’edificio sorgerà a Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti, ed è una sintesi di risposte, pensate in anticipo sui tempi, ai grandi interrogativi di oggi. L’igiene è garantita dalla mancanza pressoché totale di contatto con potenziali superfici infette. Le porte non hanno maniglie, gli ascensori non hanno pulsanti, i telecomandi non esistono.
Un video di Zaha Hadid Architects che mostra come sarà l’edificio una volta ultimato (fonte: Zaha Hadid Architects/vimeo.com)
Ma il futuro Bee’ah Headquarters è concepito anche per tener conto anche dell’impatto ambientale: i professionisti che lo hanno immaginato hanno lavorato per contenere al massimo il consumo di suolo e di energia. L’edificio, infatti, sfrutta fonti rinnovabili ed offre al suo interno abbondante illuminazione naturale, garantita da grandi vetrate esposte al sole. Dato il contesto naturale in cui sorgerà la sede, infine, gli architetti hanno ideato un design esteriore che richiama le dune del deserto.
Quello di Bee’ah è chiaramente un esempio di gran lusso, non replicabile dalla gran parte delle aziende. Imprese ed architetti, tuttavia, nei prossimi anni dovranno quasi certamente confrontarsi con la riorganizzazione degli ambienti lavorativi. E sarà un’opera di lunga visione, che non si fermerà alle esigenze nate con il diffondersi del coronavirus.
Molti studi ci stanno già lavorando: gli architetti di D2U (Design to Users), ad esempio, hanno immaginato un physical-smart office. L’uso delle mascherine sarà gradualmente sostituito dal potenziamento tecnologico della strumentazione, che permetterà alla community reale di trasformarsi, al bisogno, anche in una community virtuale.
Giammetta Architects ipotizza invece l’ambiente di lavoro come “spazio scenico” che sappia mutare a seconda delle esigenze: con sale riunioni modulabili, dove organizzare di volta in volta conference call o incontri faccia a faccia.
E se l’home working, come già sostengono in molti, sarà parte imprescindibile del lavoro del futuro, c’è chi ha già disegnato il mini ufficio casalingo, perché certamente lavorare per 8 ore su uno sgabello da cucina non è pensabile.
“Touch Down Unit”, proposta da Unifor (azienda specializzata nell’arredamento di design per uffici), è una postazione di lavoro mobile autonoma che può facilmente essere spostata e adattata ai continui cambiamenti di layout e di configurazione degli spazi. Una volta richiusa è compattissima, mentre da aperta è regolabile in altezza e può scorrere anche in orizzontale favorendone l’uso sul lato lungo o su quello corto, a seconda della modalità di utilizzo.