Servono più investimenti in formazione e prevenzione. Ispezioni adeguate, norme e sanzioni più pesanti
Morire sul lavoro, nel tragitto da casa-lavoro, o ammalarsi proprio causa del lavoro.
I numeri delle morti sul lavoro estratti dai database dell’Inail sono un bollettino di guerra, con una media di circa 3 lavoratori deceduti al giorno.
Parliamo di di 780 vittime da gennaio a settembre 2019, di cui 563 “in occasione di lavoro” e 217 in itinere, cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro.
I dati divulgati per il periodo gennaio-settembre di quest’anno relativi alle denunce totali effettuate all’Inail sono di 468.698 infortuni (396.499 in occasione di lavoro e 72.199 in itinere).
Si tratta di numeri che in realtà sono incompleti per avere un quadro effettivo a livello nazionale, perché ad essi andrebbero sommati, per esempio, gli incidenti di tutti quei lavoratori senza tutele contrattuali e assicurazione adeguata come i rider; oppure i lavoratori senza un regolare contratto, quelli appartenenti a categorie escluse dall’Inail, o i suicidi a causa del bornout (21 tra le forze di polizia nei primi 5 mesi del 2019).
L’incidenza di infortuni mortali, e non, è più elevata nel settore Industria e servizi (372.286), seguito dal pubblico (71.779) e dall’agricoltura (24.633).
Nello specifico, quanto a incidenti mortali ha sempre il triste primato il comparto industriale (670), seguito dall’agricoltura (100) e dal pubblico (10). Con una suddivisione territoriale di 383 “morti bianche” al nord, 168 al sud, 161 nel centro, e 68 nelle isole.
Con riferimento invece ai dati gennaio-agosto 2019, risulta maggiore il tasso di incidenti totali al nord (255.128) rispetto a sud e isole (81.212), e centro Italia (80.544).
Analizzando invece le fasce d’età, il numero di infortunati è più elevato tra i 50 e i 54 anni (52.586) e tra i 45-49 anni (51.299).
Quanto a nazionalità, gli stranieri sono 69.932.
«Tra le prime cause di infortunio mortale, – dichiara Inail – a prescindere che sia plurimo o meno, troviamo principalmente gli incidenti stradali (la metà del totale dei decessi), ossia quelli che si verificano fuori dall’azienda con coinvolgimento di un mezzo di trasporto (in occasione di lavoro e in itinere); a seguire gli schiacciamenti e le cadute dall’alto, più altre cause di numerosità inferiore tra cui ustioni, folgorazioni, soffocamento e asfissia, annegamenti, esplosioni».
Dando uno sguardo indietro agli ultimi 10 anni, il totale di lavoratori che hanno perso la vita sul lavoro arriva a circa 17 mila decessi, come ricordato dal segretario generale di Cgil, Maurizio Landini, che, forse, in parte, si sarebbero potuti evitare, attraverso più investimenti in formazione e prevenzione, ispezioni adeguate, e in presenza di norme e sanzioni più pesanti.
Per Landini andrebbe istituita anche «una specie di ‘patente a punti’ per le imprese. Un documento che indichi quanti infortuni hanno avuto, cos’è successo, quale affidabilità hanno sulla sicurezza, che diventi elemento di valutazione nell’attribuzione di appalti. Serve, infine, rafforzare le funzioni ispettive e di prevenzione negli ispettorati e nelle ASL, il che significa assunzioni e risorse».
Le denunce di malattia professionale protocollate nei primi nove mesi del 2019 sono state 45.158.
Le prime tre malattie denunciate: patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (27.899 casi), del sistema nervoso (4.891, con prevalenza del tunnel carpale) e dell’orecchio (3.155). A seguire, malattie del sistema respiratorio (2.015) e tumori (1.786).