OneDay presenta l’indagine su giovani e smart working: il 60% è favorevole al lavoro da remoto, ma l’ufficio rimane un importante luogo di formazione
Smart working non significa portarsi a casa lo stesso ivdentico lavoro che si svolgeva in ufficio, ma sparigliare le carte e ripensare il lavoro stesso. Renderlo più elastico nei tempi e nelle modalità, senza perdere il contatto con i colleghi. Gli uffici? Chi vuole attrarre talenti deve pensarli come luoghi in grado di attrarre e conquistare. Questo è quello che pensano i giovani secondo la fotografia scattata dall’Osservatorio “Smart WorkingÈ una nuova modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, introdotta dalla l. 81/2017 e caratterizzata dall’assenza di precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro per il dipendente. More: il punto di vista di GenZ e Millennials” presentato dal business & community builder OneDay. L’indagine ha coinvolto oltre 2 mila persone, di età compresa fra i 15 e i 35 anni.
Un primo particolare interessante che emerge dall’indagine di OneDay (che l’ha condotta con in partnership con Ied, Lavazza e Randstad) riguarda il concetto stesso di “smart working”. Per i giovani intervistati, significa tutt’altro che il puro e semplice lavoro da casa. Il “remote working”, tanto per cominciare, dovrebbe garantire la possibilità di lavorare ovunque: al parco, al mare, in montagna, in un locale. Ma non solo: smart working (secondo il 70% degli intervistati) significa anche godere di autonomia e orari flessibili, cuciti su misura in base alle esigenze del singolo lavoratore. Questi sono i dettagli che pesano sulle scelte lavorative, mentre il lavoro da remoto in sé e per sé non risulta particolarmente attrattivo. Solo un intervistato su quattro, infatti, per averlo accetterebbe di rinunciare ad una piccola parte di stipendio.
Se dovesse presentarsi l’opportunità, comunque, oltre la metà degli intervistati (60%) si dichiara favorevole al lavoro da remoto. La volontà, tuttavia, è più forte tra coloro che non si sono trovati a doverlo sperimentare in modo coatto. In particolare, larga parte dei sostenitori dello smart working sono studenti che hanno sperimentato le lezioni online o inoccupati. La percentuale di favorevoli, poi, va aumentando con l’età: questo, secondo i curatori dell’indagine, perché i più giovani si preoccupano dell’aspetto formativo, che risente molto del mancato contatto umano. La condivisione e il confronto con colleghi senior sono passaggi fondamentali per la crescita professionale, a cui i giovani alle prime esperienze non vorrebbero rinunciare.
L’ufficio rimane quindi fondamentale come luogo di formazione (lo conferma il 72% del campione), ma anche qui i giovani indicano la via dell’innovazione. Il 63% degli intervistati è convinto che ormai l’ufficio vada assolutamente ripensato: servono più spazi di condivisione e una gestione autonoma del lavoro. Il luogo di lavoro si trasforma da “incubatore” di dipendenti, a punto di riferimento per le persone. Per le nuove generazioni è infatti fondamentale avere un luogo dove condividere momenti di pausa e convivialità (64%), ma anche poter imparare in modo indiretto dai propri manager e colleghi (61%) e avere un feedback immediato sulle proprie task (61.3 %). È evidente che i giovani hanno bisogno di poter crescere, e per farlo sentono la necessità di relazionarsi dal vivo e in modo costante.
Gli uffici del futuro, quindi, dovranno essere luoghi in grado di promuovere la creatività, un approccio informale, la convivialità e il confronto. «Luoghi sexy», come li definisce Betty Pagnin, P&C director di OneDay. Non a caso, le aziende che puntano sull’innovazione, anche nella gestione interna, propongono sempre più spesso uffici che lasciano spazio all’interazione fra i dipendenti, alla socialità, ed anche a dei momenti di piacevole relax. Ad esempio con spazi dedicati alla pausa pranzo, al gioco o ad una breve pausa.